appunti completi del corso di Archeologia Romana docente:

Maria Stella Busana

Archeologia Romana (Università degli Studi di Padova)

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28/09/15

90 a.C. Lex pompeia transpadani concede il diritto latino (iux connubii et commercii) all'italia settentrionale e concede ai magistrati locali duoviri di andare a Roma come cittadini romani.

49 a.C. Lex Iulia municipalis, città come Padova e Vicenza diventano municipi.

Gli studi del modello archologico romano cominciano dal IX-VIII secolo a.C., cioè dall'età del Ferro, quando nasce Roma. Con l'anno 1000 c'è una rivoluzione: si formano tutti i popoli italici fra cui la civiltà latina, culla di quella romana.

Perché proprio lì?

-per alcuni perché sono stanziati lì i Greci nelle colonie, cosa che ha favorito lo sviluppo di tali civiltà

-altri invece ipotizzano che i Greci abbiano colonizzato lì proprio perché avevano trovato una civiltà sviluppata villanoviana e latina che potesse comprare prodotti di lusso e per la presenza di risorse minerarie. Dunque questo ha favorito i contatti fra le civiltà.

RIVOLUZIONE DELL'ANNO MILLE

I contatti dell'Italia meridionale con i greci si erano già avuti ben prima della colonizzazione, già in età micenea, nel XII secolo. Questo aveva determinato il sorgere di edifici rituali panitalici. Anche i Veneti sono alla pari degli etruschi, zona evolutissima è per esempio quella di Bologna, l'alfabeto dei veneti è etrusco e avevano contatti col centro-Europa.

Si era venuta a determinare una koinè laziale-latina-etrusca.

L' VIII secolo a.C. è un momento cruciale per il Mediterraneo

Effiges parve simulacraque Romae: Adriano presso Aulo Gellio. Volontà di realizzare delle Rome in miniatura in tutto l'impero, progetto intenzionale nei luoghi e nelle istituzioni.

29/09/15

Antefatti che spiegano la società

1. La cultura villanoviana: si avvia un processo dal X secolo fino alla metà dell'VIII , alla nascita della città, processo che avviene in modo contemporaneo sia nel mondo etrusco che in quello laziale. Da qui arriviamo all'urbanitas. Diverse culture si formano intorno all'anno 1000, processo iniziato già nel XII secolo. Il 1000 è un momento cruciale per tutto il Mediterraneo. Con la fine dell'età micenea infatti si ha l'interruzione dei contatti fra Mediterraneo Occidentale e Orientale. L'XI secolo segna la fine del medioevo elladico, momento di interruzione dei contatti, e avvia un periodo di straordinario fermento nel mondo occidentale, da una koinè abbastanza ampia infatti si formano diverse realtà culturali: cultura atestina, cultura Galasecca, cultura villanoviana, laziale, e vari popoli Umbri, Sabini, cultura picena, cultura tombale a Fassa, cultura apula-salentina, elimi-sicani-siculi, cultura nuragica. Su distribución está prohibida | Descargado por Juan Carlos Blanco Girona (blancogirona@gmail.com)

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2. La progressione delle città a partire dalla cultura villanoviana laziale. Con la formazione di aristocrazie, società più complesse daranno seguito alla fondazione di città. Anche sulle coste del meridione l'influenza delle colonie situate sulla costa non si è spinta all'interno del territorio, mentre la società villanoviana laziale comporta una diffusione del fenomeno urbano anche all'interno della penisola. Nell'area veneta atestina le premesse per una cognizione di civiltà partono dall'VIII secolo.

Come sono questi abitati? Comunità di villaggio con abitazioni molto grandi ( Longe house, 40 metri dove abitavano clan tutti assieme). Sui nuovi insediamenti si affermano forme abitative nucleari con capanne che non superano 70 metri di superficie, 15 di lunghezza planimetrica ovale in alcuni casi ARSIDATA dovuta ad un fatto statico (materiali deperibili, quindi la forma curvilinea consente maggiore stabilità e diffusione più omogenea del calore e minor raffreddamento dall'esterno). Si nota inoltre la presenza di edifici rettangolari o molto più piccoli (recinti) oppure uno più grande e monumentale, la cui funzione non è molto chiara, si discute se sia stato un luogo di culto, oppure la residenza del capo oppure ancora un magazzino. Esso tuttavia non era sempre presente.

La società comune era abbastanza omogenea ed egalitaria (X-IX secolo), lo stesso nelle necropoli, in cui si hanno tombe a fossa oppure a bozzetto, anche in questa fase preurbana è presente una differenziazione sociale, ad esempio: nel corredo ci può essere un'urna a capanna, capanna in miniatura associata ad alcuni defunti, chiaro segno questo di un'elitè (studi di Giambattista Rossi), il significato simbolico era quello di compensare la perdita della casa da parte del defunto. Quest'urna è stata essenziale per permettere la ricostruzione delle caratteristiche realistiche della casa. L'appartenenza del defunto ad un certo livello sociale è indicata dalla presenza di armi miniaturistiche o particolari oggetti, come anfore a due manici o a spirale legate al cunsumo del vino. Secondo studi linguistici e archeologici non è stata la società greca a importare l'uso del vino. Dal punto di vista linguistico c'è un termine preesistente a vinum, derivato dal greco oinos che è TAMETUM, e questo prova che il consumo del vino era praticato prima di contatti col mondo greco.

In una capanna del museo Pigorini c'è la raffigurazione di un personaggio sul fronte del tetto con un cappello a Polos, defunto ma anche garante della gens.

Già in questo momento di formazione (X-IX) inizia un processo di articolazione complesso della città. Si sta formando il culto degli antenati, non tende ad una società egalitaria. Questo processo porta le elitè a scegliere un capo, e fu determinato da cambiamenti di tipo economico, si ha dunque il passaggio da una proprietà collettiva della terra alla proprietà da parte di una gens. E' l'accesso alle ricchezze che crea queste differenziazioni.

Nel IX secolo vengono creati nuovi grandi centri di insediamento attreverso tre dinamiche differenti:

-SINECISMO: villaggi vicini già in collaborazione fra loro e uniti da culti, ovviamente non nemici, collaborano e pian piano si accorpano. Ne sono un esempio Roma, Tarquinia, Veia.

-AMPLIAMENTO di villaggi prima piccoli

- NASCITA di nuovi insediamenti Su distribución está prohibida | Descargado por Juan Carlos Blanco Girona (blancogirona@gmail.com)

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Per Roma abbiamo una quantità enorme di informazione, data dalla tradizione MITISTORICA, da fonti letterarie e scavi archeologici

Nascita di Roma

Il tevere costituiva la linea di demarcazione fra due civiltà: a nord del tevere quella villanoviana, a sud invece la cultura laziale, il cui centro si trova sui colli Albani, su cui è situato il luogo di culto, dedicato a Juppiter e il cimitero dei popoli laziali. I villaggi che danno origine a Roma sono situati lungo il Tevere, dalla parte laziale. La nascita di Roma è favorita dalla posizione strategica: una serie di colli con difese naturali e una posizione cruciale sul Tevere, infatti Roma sorge su un punto guadabile del fiume.

Sotto la Tiberina convergono poi una serie di percorsi preistorici. Le fonti archeologiche lo testimoniano: dal Capitolino provengono una serie di materiali dell'età del bronzo medio (XVII-XV), mentre materiali del Bronzo Recente o Finale (XIII-XII) provengono dal Palatino a dal Quirinale.

Dominano dunque questa zona molte strade provenienti dall'interno. Convergono in quel punto perché lì è possibile attraversare il Tevere e perché in quel lato destro, vicino al mare, ci sono le saline, indispensabili per la civiltà pastorale, per la salazione, l'essiccazione e la conservazione dei prodotti. Da questo prende il nome la via Salaria, cioè dal controllo delle saline. Essa va verso la via Campana, cioè verso il Campusaliniensi. Roma è il punto di scambio commerciale molto forte: fenici e greci vengono qui a scambiare i loro prodotti, a vendere vasi e viene eretto un santuario delle loro divinità, infatti ogni scambio avviene sotto la tutela e la garanzia di una divinità. La divinità fenicia degli scambi è Ercole-Melcart, questo culto esisteva fin dall'età del Bronzo come testimonia lo scavo della necropoli ad opera di Giacomo Bon (?).

Col sinecismo del IX e VIII secolo i villaggi decidono di unirsi, dando vita a nuove realtà. Le vecchie necropoli vengono chiuse e abbandonate, solo una nuova viene costruita, nella zona dell'Esquilino. Il sinecismo fu graduale e reso trasparente tramite alcune feste religiose come SEPTIMONTIUM, cerimonia lustrale (?) che andava a toccare tutti i colli dei villaggi. Questa cerimonia è conservata anche nel calendario Romuleo. Alle otto zone della città dovevano seguire i sette colli o septio = colli recintati, da qui la tradizione dei sette colli.

Le feste inserite nel calendario Romuleo ci fanno capire questo processo di sinecismo, non diverso per la città di Tarquinia, sinecismo che interessa contemporaneamente anche il mondo greco. Tarquinia si forma dal sinecismo di 12 villaggi situati nel raggio di 5 km, di cui solo 6 sorgevano attorno al piano di unità dove nascerà la Tarquinia etrusca. Alcuni villaggi vengono abbandonati e viene scelta la zona di piano, viene prescelta come zona dell'abitato la zona di Monterozzi, tutto intorno si situano le necropoli e ogni necropoli presenta tumuli giganteschi. Forse sono le tombe dei capi dei precedenti villaggi e appartengono ad una fase elitaria. Su distribución está prohibida | Descargado por Juan Carlos Blanco Girona (blancogirona@gmail.com)

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Anche Veio subisce sinecismo, anche se è una realtà morfologicamente differente, esso infatti è un grande pianoro con tantissimi villaggi, qui le necropoli continuano a funzionare, esse sono situate all'esterno dei villaggi.

In alcuni casi queste realtà avvengono come nuove formazioni, oppure come ampliamento. E' difficile pensare che queste cose siano avvenute senza un potere centralizzato, anzi probabilmente sono cambiamenti avvenuti con dei conflitti (si pensi al Ratto delle Sabine).

Dall'unione di villaggi diversi con culture diverse, le elitè già presenti promuovono la fondazione. Infatti nei luoghi, per esempio alcuni centri del Sud, in cui non si identifica la presenza di aristocrazie, non è avvenuto sinecismo, fino alla romanizzazione.

Il fenomeno del sinecismo ha inizio già prima del contatto coi greci, anche se i greci ne hanno accellerato il corso e trasmesso le forme di aggregazione greche.

Contatto coi Greci

Questi furono interrotti nel XII-XI secolo, ma già nel X secolo ripresero su nuove o vecchie rotte con naviganti fenici, levantini e ciprioti. Nel IX secolo riprende la navigazione greca, perché i Greci cercano nuovi contatti ed esplorazioni. Nell'VIII secolo con la fondazione di colonie, i Greci erano già esperti delle varie rotte per le esplorazioni del secolo precedente. Il primo esempio è l'isola di Pitecusa, protagonisti di questa fondazione sono i Calcidesi, gli Euboici e i Corinzi. Capiscono quali punti sono favorevoli e installano lì delle colonie. Questo processo di esplorazione e ricerca di luoghi favorevoli si spinge fino alla Campania e all'Etruria. Capiscono che i più grandi clienti sono le aristocrazie situate sulla costa centrale tirrenica, prediligono la costa tirrenica anche perché possono procurarsi lì ciò che a loro manca, e cioè i minerali. Tuttavia non si arrischiano mai a fondare colonie nell'Etruria e nel Lazio, si stanziano immediatamente più a sud. Questi nuovi contatti e la presenza greca consente nuove acquisizioni. Si diffonde l'artigianato, a partire dall'artigianato fittile greco, infatti artigiani greci vanno a vivere nelle civiltà etrusche e insegnano le tecniche agli abitanti, costruiscono officine. Nel giro di pochi anni vediamo già i prodotti etruschi. Per esempio il cratere geometrico etrusco è importato sul modello di quello greco. Dunque si iniziano a produrre nei centri abitati lavorazioni artigianali di ceramica e metalli. Per Torelli questa è la svolta decisiva per il formarsi dell'idea di città, di aggregato urbano cioè, per il fatto che le produzioni non sono più familiari ma in mano a vari artigiani anche importati. Il loro ruolo comincia a diventare importante, segno che la società diventa man mano più complessa, con varie specializzazioni. La produzione della ceramica era al livello familiare, ora invece arrivano degli specialisti.

Per quanto riguarda il culto viene importato il pantheon delle divinità greche e assimilati i miti relativi ad esse, il culto viene adottato subito dalle popolazioni locali. Già nel VII secolo si hanno i primi edifici di culto, esattamente come nel mondo greco si ha la regia e il luogo di culto, due luoghi che inizialmente erano la stessa cosa. Su distribución está prohibida | Descargado por Juan Carlos Blanco Girona (blancogirona@gmail.com)

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Viene acquisito l'alfabeto calcidese dagli Etruschi e dai Veneti. Dai greci viene importato anche il forte consumo di vino come simbolo di prestigio, consumo che era già presente ma senza questo valore, il banchetto greco viene adottato come forma, ma nella sostanza era in realtà già presente.

Insomma si verifica a tutti i livelli un'ellenizzazione delle forme adattate su uno strato ideologico già presente. Quindi non una copiatura, ma una sorta di rielaborazione.

Un elemento proprio di queste civiltà ed essenziale per capirle è la dottrina augurale, infatti l'interpretazione della volontà divina permea tutta la vita.

Dottrina augurale

Era un elemento proprio già delle civiltà italiche primitive, il rapporto con la divinità in Grecia era infatti del tutto complesso e diverso. Dall'interpretazione della volontà divina dipendono molte cose, le scelte della civiltà, l'attribuzione del potere. La dottrina augurale comprende ritualità sempre uguali, perpetratesi per mille anni o più. Tra i vari modi:

-L'AUSPICIO: da aves spicio, era la lettura del volo degli uccelli, per esempio da che parte venissero dal cielo. C'erano regole documentate in modo scritto nelle TABULAE EGUBINAE. Si realizza il TEMPLUM AUGURALE, recinto da dove si poneva l'augure. Era una recinzione rettangolare con 9 cippi numerati e con sigle sopra una pedana in legno fuori dal rettangolo, lì si poneva l'augure perfettamente orientato, guardava in direzione est. L'asse visivo sul cippo IV aveva la sigla B.I. cioè Bene Iuvante, lì c'era il favore degli dei. L'augure muoveva il Litus, indicava il templum in terris, dove erigere i templi o gli spazi della curia e del comizio (tutti questi luoghi erano definiti templa). Templum deriva dal greco e significa spazio ritagliato e purificato. Locus saeptus et effatus. Questo luogo era la proiezione in terra di una porzione di cielo. Si credeva che in tal modo si scacciassero gli spiriti maligni. I rituali della dottrina augurale sono fondamentali per capire la topografia degli spazi importanti.

Il Pomerio, quello della fondazione di Roma, correva attorno al Palatino, era stato costruito a seguito di un rito di fondazione sacro attorno al Palatino. La necropoli, ben lontana da esso, non è il limite dell'abitato. Con Tarquinio (?) vengono separati i due poteri, rex e augur e l'accampamento veniva definito ritualmente.

A Marzabotto, colonia etrusca di V secolo, è stato trovato un tempio augurale.

30/09/15

Etimologia del termine Pomerium: da "post murum" (pome = post), vi era un rito fondamentale di differenziazione della città, ruolo giocato dal Pomerio, i vivi distinti dai morti, i cittadini distinti dai non cittadini. Altra cosa erano le mura al di fuori del pomerio, il quale non deve essere superato dagli uomini in armi. Quindi c'è prima il murum, poi il post-murum (Pomerio). Su distribución está prohibida | Descargado por Juan Carlos Blanco Girona (blancogirona@gmail.com)

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Al secondo vertice degli spazi sacri vi era il Sacellum Martis et Opis,inoltre vi erano l'Ara Consi, legata al culto augurale, poi ancora il santuario Curiae Veteres dove si riunivano le antiche curie, e infine il Sacellum Larundae. Questi luoghi esistevano già prima del sinecismo. Un'operazione fondamentale era "prospectum in urbem agrumque capere", era un'attività territoriale di delimitazione dello spazio sacro urbano e territoriale, secondo la volontà degli dei. Prima si comprende tale volontà, poi si opera sul territorio. Ricordiamo che il Templum era uno spazio ritualmente definito, un "locus saeptus et effatus". Gli "aedes" (?) erano santuari alle divinità.

La società in questo momento

Viene superata la società egalitaria, si formano famiglie più potenti, che determinano una netta divisione sociale. Le fonti parlano per questo periodo ancora di società egalitaria, ma in realtà si deve pensare necessariamente che avevano già iniziato a formarsi le aristocrazie, che guidarono per altro il sinecismo. Il potere viene attribuito per meriti e nasce così il concetto di gens. Di questo gruppo familiare non fanno parte solo membri consanguinei, ma anche uomini liberi ma economicamente dipendenti, cioè i clientes, uomini liberi che formano il supporto lavorativo e politico. Nel mondo etrusco essi si chiamano "servi" e hanno il privilegio di portare il nomen. Nasce così il doppio nome: accanto al praenomen personale si affianca il nomen gentilizio. I clientes venivano associati alla gens tramite operazioni di conquista, essi infatti costituiscono un punto di forza e una risorsa per la gens. Il rapporto fra il PATER (patronus) e i CLIENTES connota l'ozio (?), si compone di salutatio, fornisce alla gens sicurezza militare e supporto elettorale.

Altro elemento inventato dalle aristocrazie per consolidare il potere è il culto degli antenati: più la gens è antica e con elementi illustri, più è legittimata al potere. Lo ius immaginum gents è il diritto da parte della gens a gestire le proprie immagines, maschere poste in casa del defunto in un armadio nell'atrio.

La società urbana è organizzata in curie, si può dire che la curia ne sia la cellula, essa è un tipo di organizzazione che ricalca la forma delle gentes e ha origine preurbana (fase che va dal IX secolo). Il termine curia deriva da "co-viri", quindi insieme di uomini. Questo insieme forse riunisce più gruppi gentilizi oppure li ricalca, con un proprio capo. Altra ipotesi è che raggruppi singoli villaggi poi unitisi. E' una situazione documentata sia nel mondo latino che in quello Etrusco, per esempio Roma e Tarquinia. A Roma vi erano 27 curie, quando Romolo diventa re ne aggiunge 3 (studi di Corandini, si concentrano anche sulla collocazione topografica).

Il momento della fondazione di Roma le fonti letterarie convergono sia stato nell'VIII secolo a.C., parliamo della fondazione sacra, che non ha nulla a che vedere con l'abitato. La Via Sacra era una strada extraurbana che collegava villaggi distinti. Il Foro romano, collocato al centro della valle, diventerà il centro della città di Roma, la piazza comune della nuova città, con la casa del re. In realtà secondo la tradizione Romolo abitava in cima al Palatino. Il santuario della città è il santuario di Vesta, esso ricalca la struttura della casa, infatti come il pater familias presiedeva al focolare, così il re presiedeva al santuario di Vesta. Quello di Vesta è l'unico santuario circolare che non rispetta la regole della dottrina augurale. Rappresenta la capanna, accanto vi è la casa del re e delle Vestali che giuridicamente Su distribución está prohibida | Descargado por Juan Carlos Blanco Girona (blancogirona@gmail.com)

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diventano figlie del re. Insomma si ha una vera e propria trasposizione in senso comunitario delle strutture familiari.

I genitori di Romolo e Remo sembra fossero Faustolo e Laurenzia, mentre i genitori mitici sono Rea Silvia e Obs, divinità dell'abbondanza, quindi vi è stata una trasposizione mitica del culto degli antenati.

All'altra estremità del Foro, un altro punto cruciale: il santuario di Vulcano dove sono stati realizzati la curia e il comizio, dove si radunavano i comizi curiati, che avevano il compito di eleggere il re. Ogni curia ha un rappresentante che porta un fascio littore, dunque 30 rappresentanti, uno per tribù. L'edificio prende il nome della cellula della comunità. Dunque questi due importanti edifici erano collocati uno sul lato occidentale, l'altro su quello sud orientale e saranno predisposti nella stessa posizione in tutte le colonie.

La popolazione al di fuori da questi gruppi gentilizi (PATRIZI) era quella dei PLEBEI. Il termine patrizio deriva da patricius, che deriva a sua volta da patres citare, con riferimento al culto degli antenati. La divisione fra patrizie e plebei si manterrà fino alle Leges Liciniae-Sextiae, del 366 a.C., mentre nel mondo etrusco si manterrà per più tempo.

05/10/15

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Topografia di Roma: imparare bene

Il Capitolino ha due alture, Captolium e Arx ( cioè acropoli), il capitolino era collegato tramite un avvallameno, una sella, col colle quirinale (sella che oggi non esiste più). Dentro un’ansa del tevere a sinistra del Capitolino vi è il Capus Martium usato per esercitazioni militari e uso funerario. Palatino, costituito da due alture anch’esso: Palatium e Cermans (?). Il Palatino si collega all’Esquilino tramite un’altura più bassa, Velia. A sud, ad est del palatino, il celio, anch’esso con due alture. Altra valle a sud del palatino e del celio l’aventino e un’altra valle, la Smuncia. Sul capitolino vi era un villaggio, ogni villaggio aveva le proprie necropoli situati in cima o sulle pendici. Valle del Velabro, come la Smurcia problematica per le pressioni del fiume fuori dagli argini. Nel punto dell’isola tiberina era possibile guadare il fiume e andare verso la foce del tevere dov’erano situate le saline fondamentali per l’approvigionamento degli animali. Nascerà qui il foro boario, centro del mercato dove ci si scambiavano merci e bestiame le popolazioni dell’interno già in epoca preistorica. Qui nascerà il culto di ercole inizialmente assimilato alla divinità protettrice del bestiame, Ercole sarà venerato anche come Melcart, divinità che protegge il commercio fenicio. Via sacra: strada extraurbana (collegava villaggi tra loro distinti), sacra perché vi erano culti comuni ai villaggi, poi con la nascita di Roma conserverà il nome di via. Via Nova, strada più nuova rispetto alla via sacra ma che risale anch’essa ad una fase preurbana.

IX-VIII: si conclude il processo di sinecismo (Roma, Tarquinia, Veio), o di accorpamento. Su distribución está prohibida | Descargado por Juan Carlos Blanco Girona (blancogirona@gmail.com)

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L’aspetto archeologico più importante che testimonia questa realtà è l’abbandono delle necropoli nella valle del velabro e sui singoli colli che cessano di esistere dall’VIII e nasce un’unica necropoli sull’esquilino. Solo i bambini potevano essere seppelliti all’interno delle case. Altri dati archeologici testimoniano questo cambiamento che secondo la tradizione fu opera di Romolo.

Gruppi familiari gentilizi uniti fra loro: inizialmente gruppi familiari parentelari, chiamati curie (co-viri), documentati a Roma e Tarquinia, che hanno dei loro capi, fra i quali verrà scelto il re. Nasce un’istituzione di tipo monarchico, il rex era scelto per le sue qualità morali, fisiche. Siamo certi che il primo re di questa realtà urbana proveniva dal Palatino, e i dati archeologici confermano i culti intorno al Palatino. Il re aveva un consiglio formato dagli altri capi delle curie. Queste le prime istituzioni. Sappiamo che prima della fondazione romulea dovevano esserci 27 curie, ognuna aveva il suo santuario (tali santuari erano chiamati argei). Festività molto importanti testimoniano questa fase di organizzazione in curie, Romolo le porterà a trenta, in quanto trenta erano i popoli latini, di cui roma doveva essere il simbolo.

Il popolo di Roma è formato da tre tribù: Latini, Sabini ed Etruschi. Nella seconda fase regia, tre generazioni dopo, Servio Tullio compirà un’importantissima operazione istituzionale: allargherà il pomerio di roma in modo da comprendere tutta la popolazione abitata, e la circonderà da un muro. Probabilmente c’era già prima un muro di terra di cui parlano le fonti. Le prime mura di roma sono più esterne del pomerio di servio tullio. Egli divide poi l’abitato in quattro regiones su base topografica, non più la divisione in tribù quindi ma di carattere topografico. Le mura vanno a comprendere alture che potevano essere sfruttate dai nemici per attaccare roma. Per esempio l’aventino viene inglobato nelle mura per motivi di sicurezza pur essendo fuori del pomerio. Fuori del pomerio e delle mura era il campo marzio, la Palus Caprae, perché soggetta ad impaludamenti.

La roma di servio tullio (VI) ha un’estensione di 275 ettari circa, città più grande di veio, di vulci, di rodi, di crotone. La roma però coeva compresa all’interno delle mura è di 400 ettari circa, più grandi solo Sparta e Atene o alcune città della magna grecia come Taranto, o Agrigento.

L’edilizia è altra cosa peculiare: non ha nulla da vedere con altre città coeve. Roma è un villaggio di capanne, di case in cui solo pochi edifici adottano la tecnica lapidea, il resto costruito con legno e terra.

La valle smucia sin dall’età di romolo era usata per giochi e corse di cavalli inzialmente con valore funerario. Questo utilizzo è dato dalle sue caratteristiche morfologiche. Il vicus iugarius e il vicus Tuscus (strada degli etruschi) sono due strade parallele: strade che vanno dalla via sacra verso il foro boario, il grande mercato del bestiame. Alla fine del vicus tuscus la prima ara di ercole e vicino le saline. La via nova incrocia in un punto la via sacra.

Il primo pomerio, quello della prima fondazione di roma andava intorno al palatino. Dentro al pomerio non si può entrare armati. Questa fondazione è un quadrilatero (il primo pomerio) che usa i quattro vertici: sacello di Larunda, ara maxima erculis, ara di corso e santuario delle curie vetere, quattro luoghi sacri precedenti alla fondazione erculea evidentemente. Il tratto tra l’ara maxima erculis e l’ara di corso diventerà il circo massimo con Tarquinio prisco (i Tarquini associavano il termine maximus ad ogni loro opera, anche la cloaca che purifica la zona del velabro). Lungo la via sacra al margine della palude del Su distribución está prohibida | Descargado por Juan Carlos Blanco Girona (blancogirona@gmail.com)

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velabro nasce il grande canale della cloaca che andava a scaricare dentro al tevere, un canale sempre rifatto in quanto la zona era assolutamente soggetta ad impaludamenti: qui venne realizzato il foro, quindi era di fondamentale importanza proteggere la zona del foro, il più grande luogo di incontro.

Nel lato dalla parte destra della linea del pomerio si sono trovati dei cippi che solo dopo secoli si è capito cosa fossero: luogo in cui Remo aveva attraversato il sulcus, che è passaggio inviolabile. Remo ha scavalcato il sulcus primigenio, cosa che lo ha condannato: Romolo lo uccide per questa violazione.

Lungo la via sacra dunque il foro e dall’estremità orientale a quella occidentale vengono creati i due fulcri del cuore politico della città:

-Da una parte il santuario di Vesta, che è trasposizione comunitaria delle strutture domestiche della famiglia e della casa e che simboleggia quindi il focolare della città - all’interno del santuario di vesta era costruita la domus regia: il re abitava sulla sommità del palatino. La capanna di Romolo è stata conservata per 1000 anni intatta anche sotto a templi e costruzioni successive, sempre tenuta pulita, secondo la tradizione è la capanna di romolo, dove abitava Faustolo che porterà i gemelli nella cesta al ridosso delle pendici del colle palatino, in questa grotta vengono allevati e il pastore li porta nella sua capanna sul versante meridionale del palatino, dove vivrà romolo e quando romolo diventerà re la capanna rimane lì e viene venerata), qui viene creata la residenza ufficiale del re: la domus regia, dentro al santuario di vesta, costruita proprio da romolo, secondo la tradizione.

-Sull’altro lato viene creato lo spazio del comizio e della curia. Il comizio è il luogo dove si raduna il popolo diviso in curie (Comizi curiati), spazio alle pendici del quirinale, in una zona leggermente più alta. I trenta rappresentanti delle curie costituiscono il consiglio del re: il re e i capi delle curie costituiscono i due poteri della diarchia. La curia e il comizio vengono realizzati all’interno di un santuario già esistente di Vulcano, dove morirà romolo colpito dal fulmine prima di salire al cielo e diventare il dio Quirino (luogo di culto fondamentale). Volcano: il santuario si presentava come un’altare (spazio scoperto: ancora non si costruiscono templi) a semicerchio accanto a cui vi era un cippo. Oggi è zona in corso di scavo. Sul cippo vi è la più antica iscrizione di roma dove compare la parola rex (reg), datata VII a.C. Un aspetto della maniacale conservazione dei romani: in età imperiale il comizio non esiste più, le gradinate dove si radunava inizialmente il popolo sono spostate da cesare e smantellate, questa zona è rivestita da lastre di pietra nera. Questa zona si trova al di sopra del Volcanal, ormai due metri sotto il suolo, perché la città si è espansa. Insomma si costruisce una piazza più ampia ma deve essere per i romani visibile la zona del volcanal, tramite la segnalazione con la pietra più scura che ricorda il vulcano. Tramite una scaletta si scendeva al Volcanal, sotto la pavimentazione. Silla addirittura fa una recinzione intorno all’area della pavimentazione. La conservazione dei culti e anche visivamente dei luoghi ha un’importanza fondamentale per i romani.

La capanna di Romolo è l’unico tempio di forma circolare (il luogo di culto dev’essere quadrangolare), il santuario di vesta è circolare perché ricorda le case della preistoria di roma che erano circolari o comunque curvilinee. In quest’area è stato fatto uno scavo e trovata appunto la prima residenza ufficiale del re. Su distribución está prohibida | Descargado por Juan Carlos Blanco Girona (blancogirona@gmail.com)

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Le aristocrazie, formatesi dal X-IX, che promuovono i sinecismi e formano le città, processo accellerato dai contatti col mondo greco-orientale, avviati nel IX e diventati intensi nell’VIII con le fondazioni coloniali greche, prima ancora i contatti col mondo fenicio e prima ancora coi ciprioti (contatto est-ovest continuo e reciproco: sono state trovate nelle sepolture di cipro armi che provengono dall’europa, in bronzo prima e poi in ferro che provengono dall’Europa interna.). Le aristocrazie adottano nelle forme l’espressione del loro potere, nel cerimoniale e anche nelle loro costruzioni i modelli orientali, in quegli stessi anni recepiti anche nel mondo greco. Dunque prima questi modelli vengono adottati in grecia, sia nell’urbanistica, che nell’edilizia, che nelle tecniche costruttive, poi recepite dalle aristocrazie del centro italia, e così si passa dalla capanna curvilinea di forme ovale, circolare nel mondo etrusco oppure quadrangolare con angoli smussati nel mondo latino (o anche absidata) ad una costruzione a pianta rettilinea. Questo passaggio porterà precocemente ad una grande evoluzione nei modelli abitativi: sia la casa delle Vestali che la prima fase della domus regia (le abitazioni più antiche della nuova roma) hanno pianta rettangolare e l’apertura non sul lato corto ma sul lungo, davanti alla quale c’è uno spazio frequentato, delimitato, a volte con piccolo portico. Immediatamente dopo la domus regia viene rifatta con questa pianta (intorno al 750-725).

I materiali ritrovati qui sono fondamentali per datare queste fasi (materiali in ceramica), insomma questo edificio, che ha tre ambienti di cui quello centrale ripropone esattamente la pianta della capanna rettangolare di prima fase è l’innovazione. Ha una grande apertura centrale e due laterali più piccole, Il terreno limoso ha portato gli archeologi a ritenere che intorno vi fosse una banchina di legno, quindi potevano essere effettuati banchetti fra il re e i rappresentanti delle curie. Il banchetto pur presente nella fase protovillanoviana, diventa momento fondamentale dell’aristocrazia. Si pensa anche ad una delimiazione dell’area antistante che leggendo le fonti si interpreta anche come luogo in cui il re augure svolgeva una serie di cerimonie religiose. Se è vero che i modelli sono orientali (fase orientaizzante), nel ondo persiano l’ambiente con tre spazi era la sala di ricevimento del re, aveva la caratteristica di avere i muri solo sui lati, mentre l’ambiente centrale era aperto. Anche la tripartizione degli abienti di cui l’ambiente centrale ha ruolo privilegiato è tipico dei palazzi persiani e siriani (delle civiltà palaziali ell’oriente), che non è adottato dalla casa greca. Non tutto quindi viene filtrato dal mondo greco ma ci sono contatti diretti fra mondo persiano e italico.

Edificio costruito da Tarquinio Prisco nel VII secolo appena fuori dal santuario di Vesta, negli anni 60 scavato da americani e interpretati come casa del re, in realtà Calvini (?) ritiene sia un santuario dedicato agli antenati mitici di romolo, Marte e Obs. Nel fine VII ormai si costruisce in pietra e si è adottata la tecnica di lavorazione in argilla per le decorazioni e per le residenze di prestigio e per i loghi di culto si adotta la pietra e vengono decorate con “lastre campana”, in argilla e con matrici in legno impresse sull’argilla ancora cruda, la coroplastica tecnica appresa dai greci con raffigurazioni mitologiche poste in alto o sulla parte superiore delle pareti. A queste lastre si affida il messaggio mitologico, per esempio in questo caso Teseo col Minotauro (a volte le fatiche di ercole o scene di banchetto o nuziali, scene con momenti della vita delle aristocrazie, il riferimento a personalità come Teseo o ercole, uomini che vengono assunti a divinità grazie alle loro virtù è significativo).

Palazzo di Murlo, in provincia di Siena: un principe etrusco costruisce su un’altura il suo palazzo (non è una città) e domina il territori circostanti. Il suo modello ideologico sono i palazzi orientali e Su distribución está prohibida | Descargado por Juan Carlos Blanco Girona (blancogirona@gmail.com)

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probabilmente lo costruiscono maestranze orientali. Fase antica di settimo secolo aveva edificio allungato su due lati /già nel VII alla fine è residenza principesca). Questa disposizione risale al 590-80: sono 3000 m quadrati, struttura compatta quadrangolare, probabilmente con torri agli angoli, per murature più spesse ai lati, torri tipiche dei palazzi siriani. Di fronte all’ingresso l’aula principale di rappresentanza aperta sul modello del liwan (ambiente che ha muri sui tre lati ma uno dei lati aperto, era la sala di ricevimento dei palazzi persiani e di varie civiltà orientali, di solito sono tre ambienti che possono essere tutti aperti sugli stessi lati oppure quelli laterali chiusi e aperto solo il centrale. Studi di Torelli e Colonna hanno dimostrato che sia stato adottato da Etruschi e Romani) persiano, riservata ai banchetti, mentre gli altri ambienti riservati al magazzino. Piccolo edificio davanti al liwan aveva 20 statue a grandezza quasi naturale di personaggi in argilla cotta, alcuni con cappelli rituali, ma anche animali come grifoni (mitici), probabilmente si tratta di un tempietto dedicato al culto degli antenati. La memoria degli antenati viene usata come elemento di prestigio. Portico decorato con scene di banchetto, nuziali, cerimoniali importati dal mondo orientali come stile di vita.

Palazzo di Acquarossa, Viterbo: qui siamo in un abitacolo risalente ad una prima fase di VII sec poco conservata con struttura ad L, quel che abbiamo ci testimonia chiaramente un liwan con ambiente di banchetto, in cui avveniva l’epifania del princeps. Fossa davanti all’ambiente centrale interpretata come per il culto o le offerte. L’aspetto cultuale per gli antenati è presente ma non così monumentale come a Murlo infatti non siamo in palazzo isolato che domina un territorio, ma in un abitato: organizzazione più collettiva e presenza di più gruppi gentilizi si riflette in una modestia. Vicino c’è un luogo di culto esterno: come a Roma nascono culti collettivi fuori della casa del re, organizzazione del culto delle società collettive. Lastre campana decorano come sempre l’edificio con scene del banchetto sdraiato, che a partire dal VII sec viene adattato sia nel mondo greco che in quello italico dal mondo assiro (prima il banchetto omerico che era seduto). Nelle lastre sono rappresentate anche le fatiche di ercole, uomo virtuoso che ha capacità che gli fanno meritare di essere capo, di essere re. Significativa la presenza qui di Ercole e Teseo, mentre a Murlo vi erano divinità olimpiche, ciò significa che questo acrotereo (scultura in argilla sul frontone del tempio), nel VI secolo, centrale del tempio ha Atena ed Ercole con la pelle di leone legata sul petto.

Grandissimo cambiamento nelle tombe, da quelle a pozzetto, a fossa, che avevano all’interno simboli aristocratici, cominciano ad adottarsi grandi tombe scavate nel tufo o in zone pianeggianti con corridoi che scendono nel tufo (sepolture ipogee coperte intorno da muri monumentali). Tombe a camera con dromos, stanza in fondo in cui si collocava il corpo del pater familias con intorno quelle degli altri membri. Monumentalizzazione anche della sepoltura della casa dopo la morte. SI può seguire l’evoluzione dell’edilizia abitativa attraverso anche le sepolture che passano da una sepoltura assiale (come quella di Cerveteri, con nicchie laterali dedicate al culto degli antenati e camera in fondo con tombe) a strutture con dromos centrale e tre camere sul fondo di cui quella centrale è la camera principale che ricorda l’edilizia dei palazzi. Struttura della tomba di ? : carro funebre (carro che ricorda la stirpe), corredo di 103 vasi con olmos che serviva a miscelare acqua con vino, trono, altri oggetti che risalgono a 100 anni prima (antichità della famiglia che si deve affermare), oggetti esotici, calderoni, ambra, simbolo dei contatti con altre aristocrazie. Su distribución está prohibida | Descargado por Juan Carlos Blanco Girona (blancogirona@gmail.com)

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Tomba dal santuario della Madonnella di Lavinio: tomba dell’ecista, del fondatore della città (fine VII), sepoltura a tumulo con anfora fenicia di VII che indica consumo del vino, coltello sacrificale, questa tomba sarà riaperta nel VI e posti nuovi vasi al centro: è il momento in cui si decide che il fondatore di Lavinio è Enea, si vuole creare il collegamento con troia. Questo mito nasce nel VI secolo, da qui il culto di Enea.

06/10/15

Libro dell’etruscologo Jolivet, “Tristes porticus”, mette a confronto la liwan con la casa romana-etrusca. La liwan è la stessa struttura del tempio greco-romano, che presenta l’ambiente centrale aperto e quello antistante ai tre spazi circondato da colonne. Quindi sia il tempio, sia le case delle aristocrazie presentano lo stesso schema, quindi c’è una parte in cui domina l’ambiente tripartito. Vengono elaborate dall’aristocrazie delle regole sacre per la delimitazione dello spazio sacro che afferiscono a ben precisi rituali augurali. Affinità tempio, casa e tomba nelle civiltà del VII. Con lo scavo di Carandini della regia si anticipa all’VIII secolo, per cui si mette in discussione che il contatto del mondo romano con quello orientale sia stato mutuato dagli etruschi. Nell’epoca arcaica si concentra l’attenzione nelle tre tipologie di edifici: tempio, casa e tomba.

Bit-hilani: tipo di palazzo che ha torri agli angoli, identificato anche a Murlo: lati uguali di un quadrilatero con muri spessi e torri ai lati. Le torri angolari sono proprie dei palazzi siriani di bit-hilani, del II e I millennio a.C., anche i palazzi persiani più tardi di VI-V sec. chiamati apadana hanno anch’essi torri agli angoli (modelli presi dall’oriente dai principi etruschi). Questo elemento della torre compare nelle residenze e nelle fattorie greche di VI-V, anche in età ellenistica, nelle ville romane; la torre è simbolo di potere.

Principi dell’urbanistica romana

E’ chiaro nelle fonti sia greche che latine come l’elemento fondamentale della civiltà sia l’urbanitas, cioè la costruzione della città. L’aspetto dell’urbanistica e dell’architettura sono stati fortemente sviluppati dai romani, strade acquedotti mura cloache fognature. Man mano che i romani si impadronivano del territorio italico vi fondavano città, quindi grande trasformazione dei territori italici che non avevano conosciuto l’oriente. La colonizzazione greca e fenicia si era infatti limitata alle coste, ma non era penetrata all’interno. Nell’Italia Meridionale i popoli all’interno sono schiacciati dalla civiltà greca (la zona medio-adriatica anche e l’Italia settentrionale) e non hanno conosciuto l’oriente. L’area adriatica ha avuto intensi contatti col mondo egeo che continuano anche dopo indipendentemente dal tramite romano. Inoltre la fase della colonizzazione etrusca della valle padana (VI-V) ha creato forti contatti con la civiltà dei veneti, con l’acquisizione di principi urbanistici e tipologie costruttive precoci. Invece l’italia nord occidentale non entra in contatto con queste civiltà. Su distribución está prohibida | Descargado por Juan Carlos Blanco Girona (blancogirona@gmail.com)

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Nel mondo romano troviamo entità urbane maggiori, città vere e proprie, che potevano essere colonie romane o latine oppure municipia, con istituzioni diversi e doveri diversi nel pagamento delle imposte per esempio. Queste città avevano dei territori sotto la loro giurisdizione, man mano che roma conquista l’italia vengono inserite le tribù nelle città Ma all’interno dei territori, dell’ager di competenza giuridica della città esistevano realtà di tradizione preromana mantenuti e conservati dai romani, altri creati dai romani, per aspetti tradizionali o funzionali. Da epigrafi sappiamo che tali realtà potevano essere vici (vicus = villaggio) o fora o conciliabula. Spesso, a meno che non abbiamo la coincidenza di fonti letterarie o dati epigrafici che ci riportano per esempio il termine vicus non possiamo essere sicuri di una precisa categoria giuridica. I vici esistevano dalla fase preromana, sono tipici del mondo celtico, a partire dal IV a.C. c’è stata celtizzazione che ha creato la fine delle città etrusche dell’italia del nord. Nella civiltà veneta grandissima presenza di elementi celtici provenienti dal nord europa che è rimasta nei rituali funerari, nella lingua. Polibio nel II a.C., parlando dell’italia settentrionale, dove abitavano i celti (non tanto a nord est dove c’erano i veneti, quanto nella zona della lombardia) parla di katà komas ateikistus (?), vivevano in villaggi privi di mura. I veneti invece, anche se avevano città costruite con materiale deperibile erano fortificate.

I fora sono spesso realtà create dai romani con funzioni di servizio e di mercato nel territorio, dove il capillare sistema di fattorie e ville enormemente sviluppate con la romanizzazione avevano dei centri di approvigionamento delle merci e di vendita dei prodotti (fora = piazza).

Si trovano anche i castella, con funzione di difesa, spesso realtà preromane conservate in età romana.

Infine i conciliabula non si sa bene cosa siano.

Nell’urbanistica romana si mescolano tradizioni etrusche e greche conosciute attraverso la magna grecia. Le fondazioni greche (Megara Iblea, Naxos Metaponto, dove sono stati fatti schiavi) erano fatte di strade principali e stenopoi (strade ortogonali più ravvicinate tra loro ) che formano isolati stretti e lunghi. Nella parte centrale spesso si risparmia lo spazio dell’agorà, a volte l’orientamento è adattato alle condizioni morfologiche. L’urbanistica di questo tipo è già usata nell’VIII-VII, dobbiamo immaginare una pianificazione iniziale e poi uno sviluppo graduale. Anche se c’è un’evoluzione i questi impianti regolari, nel V sec con l’ippodromo di Mileto, l’impianto della città si fa più a scacchiera con una suddivisione ben precisa e fra agorà e zone residenziali. Anche Cuma, con cui i romani sono sicuramente a contatto ebbe questa formazione, questo influenza il mondo romano ed etrusco. Questi impianti li vediamo non ad Atene ma nelle grandi colonie: nelle città fondate insomma. Anche in quelle etrusche come Marzabotto (colonia di VI verso la zona pagana dell’etruria), e quelle romane.

Marzabotto: vi sono molti elementi dell’impianto greco: grandi strade est-ovest, assi ortogonali nord-sud che creano isolati rettangolari. All’incrocio delle strade sono state trovati dei cippi con un’incisione, due assi ortogonali che indicavano l’orientamento del sistema viario. All’influenza greca si mescola la dottrina augurale che prevedeva rituali molto precisi nella definizione degli spazi: sull’acropoli è stato rinvenuto il tempio augurale da dove l’augure prospectum agrumque capere. Quindi si adottano le forme greche che si inseriscono nella civiltà etrusca: adottano forme funzionali e già elaborate senza tradire i propri principi religiosi perché sono pragmatici. La città è divisa in 8 regioni. Su distribución está prohibida | Descargado por Juan Carlos Blanco Girona (blancogirona@gmail.com)

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I rituali di fondazione erano molto precisi e sempre rispettati (la tradizione resta salda almeno nella fase più antica), un atto assolutamente religioso fatto dalla classe sacerdotale con regole ben precise rappresentate in rilievi di età imperiale (ancora si facevano). Si aggiogava un bue e una vacca, con l’aratro scavato il sulcus primigenio, la zolla doveva ricadere all’interno del solco e non all’esterno e l’aratro doveva essere sollevato dove ci sarebbero state le porte e le strade di ingresso e poteva essere superato solo il punto in cui era stato sollevato l’aratro. Lo spazio delimitato dal sulcus doveva essere per forza rettangolare, non poteva essere circolare.

Città di fondazione in territori conquistati militarmente: preferivano costruire città in luoghi non abitati, sceglievano luoghi ben precisi in zone strategiche. Aquileia è stata fondata in un luogo non abitato, ma gli scavi hanno dimostrato che nell’VIII aveva avuto una fase abitata. Non si capiscono bene per queste città i principi di urbanistica adottati.

Città romane: hanno acquisito prima il diritto latino come Padova verso l’89 a.C. e il diritto romano nel 49 a.C., cosicchè da fittizia colonia diventa municipia

Città costruite ex novo come Verona.

Ogni città ha una sua storia.

In linea generale ci sono delle tendenze costanti nei principi urbanistici romani: tendenzialmente una pianificazione regolare, il più possibile ortogonale, questo è evidente nelle colonie fondate ex novo, ma anche nelle città ampliate. Altro elemento la pianificazione delle funzioni: la zona egli spettacoli in periferia sia per i cantieri sia perché siano frequentati anche da abitanti fuori della città, mura, realizzate anche in periodi pacifici, quindi hanno significato simbolico.

Roma inizia a fondare colonie dal IV sec. a.C.:

-colonie di diritto romano: in genere viene inviato un numero molto ristretto, circa 300 cittadini romani, che vanno a vivere lì e rimangono romani, votano a roma e dipendono da roma, non hanno organi amministrativi romani, hanno a roma tutti i diritti, di matrimonio, di commercio, di voto. Sono dunque molto piccole, hanno forma molto geometrica quadrangolare, hanno un incrocio di due assi principali che divide in quattro parti la città, nel punto centrale c’è il foro, che però non ha bisogno i edifici amministrativi in quanto non hanno queste funzioni. Il foro all’inizio non c’era poi creato non a scopo amministrativo ma solo di commercio e di culto. Anche Ostia inizialmente era piccola e non aveva né tempio né foro.

-colonie di diritto latino: Sono abitate da cittadini anche di roma che accettano di perdere la cittadinanza romana e acquisire diritto latino in cambio di tanta terra, i coloni sono anche 6000. I romani possono fondare città solo nei territori acquisiti con la guerra. Diventano città autonome politicamente, con magistrature, con un’assemblea popolare. I magistrati erano detti duoviri, più due questori, che avevano funzioni legate all’edilizia simili alla prefettura. Il territorio era molto più ampio delle colonie latine. Qui vediamo proprio come roma cerca di realizzare elementi urbanistici che intravediamo nella topografia di roma. Vengono adottati sistemi ad isolati stretti e lunghi che mostrano l’influenza del mondo greco. Su distribución está prohibida | Descargado por Juan Carlos Blanco Girona (blancogirona@gmail.com)

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Le colonie romane nel IV, prima delle guerre annibaliche sono 10, di cui si trovano in uno spazio ristrettissimo, tutte sul mare nella zona del lazio, sono avamposti in funzione anticartaginese. Il loro impianto è rigoroso, rettangolare con incrocio degli assi, con mura, quattro porte principali in corrispondenza degli assi principali, nella zona centrale il foro. Sono Ostia, Vulci ecc… Le colonie latine si può vedere hanno struttura molto più irregolare rispetto alle romane. L’andamento delle mura è molto condizionato dalla morfologia del luogo, come succede a roma. Ci sono quattro porte principali in corrispondenza degli assi, anche nelle colonie latine: questo per la volontà di creare impianti regolari condizionati dall’urbanistica greca. Si cerca di ricondurre le isoipse cosicché spesso si creano dei dislivelli: cioè in presenza di condizioni morfologiche difficili si cerca comunque la regolarità.

Cosa (273 a.C.): in basso a sinistra la zona più alta, quella dell’acropoli dove si trova il tempio a giove capitolino che non è il tempio principale, esattamente come a roma, qui è stato individuato lo spazio augurale da dove deve essere stata fatta la delimitazione iniziale di fondazione. L’elemento che mostra con evidenza questa ritualità è il fatto che il tempio capitolino, situato nell’acropoli è orientato verso l’asse stradale di fronte a cui verrà costruita la curia e il comizio, dunque lungo lo stesso asse, si guardano. Lungo questo asse non sarà mai costruito nulla, asse fra tempio capitolino e curia e comizio per creare legame fra i luoghi principali della vita politica e religiosa.

Per quanto riguarda l’impianto delle colonie romane si è chiamato castrense, cioè ispirato al castrum, quest’interpretazione oggi non si ritiene più valida e si crede il contrario: che il castrum sia realizzato su modello della colonia romana ed entrambe probabilmente hanno come base i principi romani di fondazione romulea, della roma quadrata e divisione del territorio. Polibio ci dice che l’accampamento ha la forma vicina a quella della città dunque questa mutuazione è molto chiara. Inoltre Frontino negli Stratagemata dice che i romani iniziarono a costruire accampamenti a partire dalla guerra a Beneventum nel 275 contro Pirro, mentre le prime colonie sono di IV secolo. Dunque le fonti convergono nel ritenere che vi sia stata prima la città poi il castrum. L’accampamento inoltre non ha l’incrocio al centro fra due assi, ma ha de strade principali che tagliano orizzontalmente il territorio e al centro c’è il luogo in ci venivano tenute le insegne (luogo quadrangolare), quindi c’è un decentramento dell’incrocio.

Dal II a.C. vediamo che colonie latine come Ticinum (Pavia) che diventano città romane commemorano l’evento con una ristrutturazione radicale a volte anche spostandosi. Si adotta un impianto a scacchiera con isolati tendenzialmente quadrati. Questo lo vediamo in gran parte delle città dell’italia settentrionale, che vengono in gran parte fondate in questo periodo, fondazione di Torino o di Aosta (25 a.C.). Verona invece si trasforma da colonia latina a roana e adotta sistema a scacchiera. Anche nelle divisioni agrarie c’è la stessa formazione: si passa alla centuriazione, si diffonde l’opera quadrata.

Gli storici hanno parlato di standardizzazione dei processi produttivi: tecniche costruttive, agri ecc per un fatto di pragmatismo e velocizzazione delle pratiche di costruzione (introduzione di una diffusissima manodopera schiavile), la conquista del mediterraneo porta all’arrivo di migliaia di schiavi impiegati in tutte le attività, di cantiere, di cava, edilizie, divisioni agrarie, a servizio dell’esercito. La standardizzazione rende tutto modulare, velocizza: è una prima rivoluzione industriale se vogliamo. Teatro e anfiteatro sempre all’esterno (a volte fuori delle mura addirittura). Su distribución está prohibida | Descargado por Juan Carlos Blanco Girona (blancogirona@gmail.com)

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Cosa deve aver comportato l’organizzazione di migliaia e migliaia di città, la manodopera utilizzata per costruire intere cinte murarie, tutte in mattoni in tutta l’altezza, si immagini le fornaci, la quantità d’argilla. E’ impossibile non studiare tutto il processo a partire dall’approvigionamento della materia prima, non sappiamo dove fossero fornaci. Nel II sec poi si inizia ad usare l’opus cementicium per velocizzare i tempi. Si pensi allo scavo di fossati, costruzione di roccaforti.

Le porte urbane sono il biglietto da visita della città, caricate di valori ideologici, il simbolo della grande città è la sua porta. Si elaborano nuove tipologie di porta prendendo dalla tradizione greca. Il cavedium (cavo aedium = luogo senza costruzione ) era il luogo interno alla porta, non costruito e circondato da mura.

I sistemi fognari sono pianificati insieme alla costruzione della città sotto la città, le fistule di piombo dell’acquedotto porta le acque dalle colture alle case e il sistema fognario elimina l’acqua sporca. Anche i greci saranno ammirati da queste opere pratiche.

Il foro è ritualmente definito e limitato, locus septus et effatus, i colonnati intorno alla piazza sono la trasposizione del rituale romano di limitazione dello spazio e recinzione rituale in forma greca (all’inizio pali e alberi).

Curia: diventerà sede dei senatori, mentre il comizio il luogo in cui si raduna il popolo diviso in curie. Il modello viene riportato in tutte le città, che devono essere efigiae parvae romae. Il comizio ha gradinate circolari (Cosa, come Roma), Roma lo copia dagli ekklesiasteria della magna grecia, dove si raduna il popolo. Ancora una volta tradizione romana (spazio quadrangolare) commisto a forme greche (gradinate circolari). La curia è posta più in alto del comizio al livello di dislivello del terreno per riportare la disparità sociale. L’archivio della città ci dice Vitruvio si trovava nel Foro, forse posti sotto la curia dato che era sopraelevata (alcuni dicono ci fosse sotto il carcere, altri pensano il luogo in cui vi erano Tabularium ed Erarium, perché Vitruvio ci dice che il carcere era nel oro ma non sappiamo dove).

Quando Cesare distrugge la vecchia curia, ottenendo il permesso del senato e la costruisce vicino come suo foro personale (totale laicizzazione di un istituto religioso), Augusto costruirà un tempio al divo cesare al lato del foro, tipo di foro di età augustea, che troviamo in italia settentrionale e nelle provincie romane, la piazza non ha più il fulcro del comizio, si costruiranno le basiliche per l’attività giudiziaria e i processi, sesso la curia si trova all’interno alla basilica (non sempre), si svolgevano qui anche le adunanze del senato. La basilica diventa importante, è evidente che il senato perde valore in età imperiale, di fronte vi sarà invece il tempio che domina la piazza (modello introdotto per la prima volta da Cesare nel suo foro ed ispirato al modello greco dei santuari nelle piazze (per esempio lo troviamo a Pompei)

Dunque il tipico foro di età imperiale è tripartito: basilica, piazza e il santuario. Piazza circondata da portici dietro i quali le botteghe. La basilica assumerà sempre al suo interno i simboli del potere imperiale: interi cicli statuari della famiglia imperiale, dunque simboli degli imperatori. Anche il tempio diventerà sempre più luogo di culto identificato con l’imperatore, che è il garante di tutti gli aspetti della comunità, addirittura nei macella, dove si macellavano gli animali vi era il sacellum di culto dell’imperatore. Su distribución está prohibida | Descargado por Juan Carlos Blanco Girona (blancogirona@gmail.com)

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Edifici della vita ludica romana iniziano ad essere costruiti dal III –II non a Roma, ma in campagna, a Roma le prime saranno costruite da Agrippa, più tardi per rispettare il mos maiorum.

Il teatro viene rielaborato in quanto cambia anche la forma del dramma. Mentre i greci non sapevano costruire il teatro dove non c’era una collina i roani lo sanno costruire anche in luoghi pianeggianti e si costruisce un teatro in ogni città. Il sacrificio cruento diventa forma di spettacolo (era una cosa rituale) si duplica il teatro (anfiteatrum), teatro tutto attorno. I circhi saranno i nuovi luoghi di epifania dell’imperatore e ricerca del consenso.

Lucca: la piazza dell’anfiteatro è nel Medioevo stata utilizzata per costruire case, i cunei si sono sfruttati, per cui nella piazza le case sono circolari attorno alla piazza.

Piazza Navona è invece il vecchio stadio domiziano. La lunghezza dello stadio è mantenuta (160 m)

Vicenza: l’impianto urbanistico attuale mantiene la forma del teatro e della porticus post scenam.

Gellio, Noctes Acticae: effigies parve simulacraque Romae, questo era il programma di Roma, il cittadino dell’impero doveva in ogni parte dell’impero trovare gli stessi punti di riferimento.

07/10/15

Le tecniche edilizie romane

Fa parte di una costruzione anche un impatto negativo sull’area, cioè fatto tagliando materiale, come il primo comizio a Roma, fatto tagliando e sopra il versante viene costruita la curia, che è un templum sopraelevata. A volte si interviene togliendo, come l’anfiteatro: tipologia monumentale fatta tagliando la roccia e poi costruendo le gradinate. Anche l’anfiteatro di pompei, d’età sillana, non è realizzato con costruzioni ma scavando il terreno, ciò che viene tolto va usato per costruire le scalinate esterne per salire nella parte alta dell’anfiteatro.

Tecnica muraria

Studio di Lugli, la grande speranza degli studiosi era poter datare un edificio attraverso la tecnica compositiva, ma oggi non c’è più possibilità di farlo in tal modo. Infatti le tecniche costruttive possono dare un’indicazione di massima e un termine post quem, ma dopo che la tecnica compare viene usata anche in epoche successive, i ritorni sono dovuti a ritorni culturali, motivi statici, funzionali, volontà di arcaizzare ecc..E’ solo il materiale stratigrafico che può verificare la datazione a partire dalla tecnica muraria.

Tecniche lapidee

La lapidizzazione dell’architettura avviene a partire dal VII nell’altoitalico, ma in alcune zone in cui c’è pietra in natura e si è sempre usata per costruire, quindi non si tratta di innovazione architettonica, oppure al contrario la difficoltà di reperire la pietra per cui anche in epoca tarda si continuano ad usare Su distribución está prohibida | Descargado por Juan Carlos Blanco Girona (blancogirona@gmail.com)

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materiali deperibili. Le strutture murarie, grandi opere pubbliche, mura di città, terrazzamenti (la casa della classe media e bassa poteva essere in terra e legno, solo le case delle aristocrazie e i templi iniziano ad usare la pietra). Le prime strutture in pietra (VI) usano una tecnica poligonale: i blocchi di pietra sono tagliati in forme con più angoli, hanno forme trapezoidali irregolari che sono volute, perché funzionali dal punto di vista statico. Chiaramente comporta un lavoro concettuale notevole, la messa in opera è piuttosto laboriosa perché implica il calcolare che ogni pezzo si incastri. Compaiono in area laziale e sannitica. Si è parlato di prima, seconda, terza maniera, per individuare una progressione nella costruzione. Pian piano si passa ad una seconda maniera in cui c’è maggior lavorazione dei lati, una terza in cui c’è una progressiva regolarizzazione delle superfici di contatto e si evitano interstizi, per raggiungere il perfetto contatto fra i lati e che i blocchi siano tendenzialmente orizzontali, fino ad una quarta maniera in cui i piani d’appoggio tendono a diventare orizzontali. Certo si deve tener conto che ciò dipende anche dal tipo di pietra, alcune più facili da tagliare, altre meno. Quindi tecniche diverse, legate anche al luogo (tendenzialmente si utilizza pietra locale). Nell’opera quadrata la regolarizzazione raggiunge la perfezione: i blocchi diventano parallelepipedi regolari tendenzialmente di altezza informe con i filari omogenei e i piani di quota orizzontali. Può esserci o lo spigolo vivo (netto) oppure con superfici convesse. Questa tecnica è adottata anche nel mondo greco, dove tendenzialmente si utilizza la tecnica piena (tutta la struttura muraria in pietra), mentre nel mondo romano la tecnica quadrata è usata come paramento di un muro, quindi ricoprendo un lato di un materiale diverso e a tratti incastrandolo coi mattoni.

La disposizione dei blocchi può essere a lisca, con facce alternate (di faccia e di taglio): anche queste scelte legate a motivi statici e anche di creare un certo disegno geometrico. Nella messa in opera dell’opera quadrata con il paramento alternare blocchi di faccia e blocchi di taglio è necessarie per stabilizzare il paramento e assemblare nucleo e paramento. (via Appia: mausolei da cui è stata tolta la pietra per recuperare materiale, è rimasto il cemento con dei buchi, che erano i dati dai blocchi di pietra incastrati).

I blocchi sono bugnati quando sono un po’ abbombati.

L’opera ad orditura di riti (elementi costituiti da più blocchi uno sull’altro) è fatto con una sorta di scheletro in pietra. E’ detto opus africanum perché diffuso nel mondo punico e in Sardegna.

L’opera a telaio ha elementi in pietra verticali e orizzontali messi in modo da creare delle finestrelle in pietre da riempire con materiale.

L’opus lateritium: prima durante e dopo l’utilizzo della pietra si continua ad usare materiale deperibile, anche in contesti prestigiosi (muri in terra affrescati: dove c’era grande disponibilità di argilla la si utilizzava in tante forme diverse). L’opus craticium (a graticcio) è di tradizione protostoica che continua (Ercolano), fatto con canne e argilla, terra pressata e traversine lignee.

Il pisé è fatto di argilla a volte mescolata a paglia o carbone e mescolata con mazza.

I mattoni in argilla cruda messi ad essiccare sono i più comuni: lo stampo di legno dava la forma precisa. Questa tecnica d’essiccazione è usata da secoli in oriente. Su distribución está prohibida | Descargado por Juan Carlos Blanco Girona (blancogirona@gmail.com)

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Tutte le tecniche che usano materiali deperibili hanno assoluta funzionalità previe precauzioni: zoccolo in pietra per proteggere le pareti dall’umidità, oppure copertura in tegole con falde sporgenti che devono proteggere le sporgenze dalla pioggia. Ce ne parla Vitruvio: edifici fatti in argilla cruda (opus lateritium) che dura meno della cotta. Le tegole ci dice Plinio che Demarato (?) insegnò ai romani a fare tegole, sempre in argilla lasciata essiccare per anni. Le prime tegole sono del VII, prima fase della curia, palazzi di Murlo: con l’argilla si faceva la lastra della forma che si voleva, poi si dipingeva e poi si lasciava essiccare: questa tecnica viene insegnata agli etruschi dai greci. Discussione: viene prima il tetto di tegole o la muratura in mattoni: il tetto di tegole infatti aumenta il peso e materiali deperibili non riescono a sostenere bene il tetto. Oggi si pensa sia stato precedente il tetto di tegole, che ha accelerato la produzione di muri in pietra, resi necessari dal tetto.

Queste tecniche richiedevano lunghi lavori di produzione e costi elevati.

La grande rivoluzione industriale (III) è l’opus caementicium da caementa ( = blocchetti in tufo o in pietra o schegge di mattoni). I blocchetti erano inseriti in un impasto fluido costituito da acqua, sabbia calce e a volte pozzolana (sabbia vulcanica, infatti l’invenzione che secondo Plinio è casuale è collocata sulla costa tirrenica della Campania). La pozzolana aveva straordinaria capacità di presa in zone umide, restava solida anche dentro l’acqua, per cui la troviamo anche in zone umide, come Ravenna e Aquileia, e nella zona padana che aveva questi problemi, perciò veniva trasportata con carri. L’opera cementizia era usata sia nelle fondazioni, quando si scavava la fossa di fondazione si il terreno era compatto si poteva fare una gettata, se sciolto bisognava fare armatura del terreno con tavole sostenute da pali e poi la buttata (il legno chiaramente marciva all’interno). Quando si fa uno scavo e si mette in luce la fondazione si può trovare: spesso ci sono tracce delle tavole di legno (via dei fori imperiali: Mussolini ha messo in luce le fondazioni del tempio di Venere e oggi le vediamo alla luce). Fatta la fondazione si prosegue a costruire gradualmente: il paramento esterno veniva fatto prima di qualche metro e poi si gettava il materiale fluido, poi di nuovo paramento e poi nucleo, man mano verso l’alto (molto visibile negli acquedotti)

Volte in opera cementizia richiedono la realizzazione di una céntina di legno, sia per volta a botte che per cupole. Se si vuole che rimangano a vista o se si vuole realizzare il paramento va messo sopra la centina, poi si fa la gettata, quando si asciuga tutto si toglie la centina di legno e la si riutilizza per continuare la costruzioni. Nei teatri si costruisce a volte una centina inclinata, con volte a botte inclinate, che ha permesso la costruzione in zone pianeggianti.

La cupola del pantheon (43 m di diametro) è una perfetta sfera: tutta struttura in legno fatta con cassaforma a quadrati progressivamente rientranti, perché dovevano ripetere il disegno geometrico del pavimento. Gettata della cupola in calcestruzzo: il caementum utilizzato era sempre più leggero man mano che si saliva e la parte più alta è infatti in pietra pomice, leggerissima. I cassettoni della cupola sono poi stati ricoperti in bronzo dorato poi smantellato per fare il baldacchino di San Pietro nel Medioevo.

12/10/15 Su distribución está prohibida | Descargado por Juan Carlos Blanco Girona (blancogirona@gmail.com)

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Opus caementicium

Lavoravano tante squadre insieme in giorni diversi e dai reperti questo è visibile. Volte in opera cementizia: la centina di legno poteva essere smontata e riutilizzata per costruzioni di tipo modulare, per esempio per creare i sostegni per le gradinate del teatro.

C’è stata una tendenziale evoluzione nell’uso dei paramenti, ma bisogna fare attenzione perché a volte dei paramenti sono stati ripresi in epoca più tardi. I principali paramenti sono:

-opera quadrata: utilizzata esclusivamente come paramento e non per realizzare strutture piene come diffuso nel mondo greco. Si preferisce quella fatta di blocchi regolarmente disposti di faccia o di lato per fissare il paramento. Viene utilizzata raramente per edilizia privata

-opus incertum (Vitruvio): si diffonde a partire dal II secolo nell’edilizia privata e pubblica. utilizzano blocchetti in tufo che si diffondono in italia centrale perché è facilmente lavorabile, grande irregolarità delle facce di tufo. Il lato appuntito è inserito verso l’interno. Tecnica estremamente solida perché non ha linee continue ma richiede attenzione e quindi lentezza di costruzione.

-quasi reticulatum: Viene pian piano l’esigenza di regolarizzare i blocchi mettendoli in opera secondo diagonali, tecnica definita quasi reticulatum da Vitruvio

-opus reticulatum: dispone come un reticolo i tufelli, le basi perfettamente quadrate tutte uguali rendono la costruzione ancor più veloce perché non bisogna scegliere il blocco giusto dal momento che era tutto uguale. Velocizzava la messa in opera ma le linee diagonali sollecitate dalle spinte spesso creavano delle fessure, questo era il problema di questa costruzione. L’opus incertum era usato anche in età augustea in quanto più solido

-opus reticulatum mixtum: metà del I sec A.C. si risolve questo problema della stabilità (questa tecnica si usa fino alla metà del II d.C. per poi essere sostituita dall’opus testaceum), si mette mattone nei punti critici, per esempio negli angoli e mettendo dei filari ogni tanto che interrompono de diagonali. Fasce di mattoni cotti. Il motivo è un fatto statico.

-opus vittatum: utilizza blocchetti più piccoli di pietra in corsi regolari, diffusa in età augustea soprattutto in opere pubbliche

-opus testaceum: domina in età imperiale, in area settentrionale (Venezia) si usano mattoni per la grande disponibilità; in alcuni casi si hanno strutture completamente a mattoni. A Roma arriva un po’ più tardi, nel II d.C. Le prime attestazioni di mattoni sono a Ravenna nel III secolo a.C., in situazioni in cui romani commissionano a maestranze greche. I bessales, mattoni quadrati con lato di 19,7 cm che corrispondono a 2/3 del piede (misura romana) è più diffuso. Anche i mattoni vengono tagliati in modo triangolare dal lato del paramento, mentre nel lato esterno appaiono piatti. Venivano fatti segni sull’agilla cruda: i bessales potevano essere sia tagliati in due che in quattro. I sesquipedales avevano 44,4 cm, cioè un piede e mezzo, tagliati in otto parti. Infine il bipedales, cioè due piedi, tagliati prima in nove mattoni quadrati e poi ciascuno diviso in due per 18 triangolini. Su distribución está prohibida | Descargado por Juan Carlos Blanco Girona (blancogirona@gmail.com)

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-opus vittatum mixtum: già presente in età augustea sarà molto diffuso dal III d.C. unisce i mattoni quadrati a delle fasce.

Queste tecniche influenzeranno moltissimo le tecniche e le realizzazioni e i tipi di struture.

La decorazione architettonica

Gli alzati erano decorati, tale decorazione la troviamo in frammenti minimi decontestualizzati in alcuni siti archeologici, per esempio dove troviamo strutture così in luoghi pieni di sabbia, per esempio in Libia. Poiché esistono regole molto precise nella messa in opera della decorazione architettonica anche da contesti frammentari è possibile capire come fosse tale decorazione.

Le decorazioni architettoniche sono il rivestimento della struttura, sono quelle decorazioni che attengono agli ordini architettonici, un retaggio del mondo greco adattato nel mondo etrusco con rielaborazione, uno degli aspetti in cui è più forte il mondo greco. Adottare un certo ordine architettonico ha valore semantico ben preciso. Semantica degli ornamenta: dallo stile, dall’ordine si ricava un determinato significato. Nel II a.C. quando si vuole imitare l’atene classica si usa solo ordine ionico e solo marmo dell’Attica, perché si vuole imitare la grecia. Non è solo fatto estetico, anzi. C’è differenziazione geografica e una precisa volontà di un committente dietro alla scelta di un certo ordine e materiale, c’è uno stile che a volte indica la presenza di maestranze straniere dalla Grecia chiamate a lavorare.

C’è un commercio di marmi che si attiva nel Mediterraneo. Dall’uso di alcuni materiali ci piò essere dato un termine post quem, l’uso di una certa decorazione può essere indicatore cronologico della fase della decorazione (un edificio infatti può essere più antico e le decorazioni possono essere fatte a più fasi). E’ un campo – quello della decorazione architettonica estremamente complesso e vasto, perché si inquadra nell’economia antica, associata infatti alle tecniche di lavorazione, ai materiali.

Nell’VIII-VII quando l’architettura comincia si usa materiale deperibile (legno e argilla), agli inizi del VII si data l’utilizzo dell’argilla cotta per le coperture (tegole) e per le decorazioni figurate (in tempi e regie, nella curia) ma solo per edifici di altissimo livello. Nella metà del VII inizia ad essere usata la pietra (blocchi a scaglie di tufo con alzati però sempre d’argilla. Verso la fine del VII inizia a diffondersi e per tutto il VI secolo dei re etruschi si va diffondendo questo materiale (tufo), con decorazioni solo di caratteri fittile nei rampanti del frontone, sono elementi geometrici o orientalizzanti. Per molto tempo nell’edilizia privata resterà il materiale deperibile, tranne nelle fondazioni. Nel V e IV sec quando roma si riempie di templi troviamo ancora legno nelle coperture e nelle colonne di abitazioni private. Veri e propri edifici interamente in pietra li troviamo solo dal III sec. a.C. In questo periodo si diffondono gli ordini architettonici.

Le tecniche di lavorazione sono: Su distribución está prohibida | Descargado por Juan Carlos Blanco Girona (blancogirona@gmail.com)

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-la gradina, con strumento da due a otto denti usato insieme al martello, lavorazione ruvida, a solchi. Era la prima fase di lavorazione, quella con la gradina, poi si regolarizzava il tutto con il supio, strumento a sezione quadrata e appuntito sempre utilizzato col martello che serviva a regolarizzare i solchi.

-trapano, strumento molto più tardo, usato solo dal II d.C., ottiene solchi molto più profondi nella decorazione dei capitelli con effetti chiaroscurali.

-lamine di zinco: Fra gli strumenti si usavano le lamine di zinco per essere guida del profilo del blocco di pietra che doveva essere lavorato, un profilo guida insomma a secondo dell’ordine (regole molto precise)

La decorazione architettonica corrisponde agli ordini, parte fondamentale degli edifici romani a partire dal III a.C. L’ordine è costituito da colonna (articolata in base fusto e capitello – il tipo di capitello dà la definizione dell’ordine) e trabeazione (articolata in architrave, fregio e cornice).

Gli elementi architettonici possono essere usati liberi (colonna, oppure pilastro) oppure appoggiate a ridosso delle pareti (semi-colonne o paraste). L’ordine dorico ha una cornice a gettate per far scorrere la pioggia (inizialmente erano in legno). Sono ordini del mondo greco (dorico ionico e corinzio) recepiti del mondo romano, ma l’ordine dorico sarà modificato e preferito l’ordine tuscanico. Le due grandi differenze rispetto al dorico sono:

-la colonna del tuscanico poggia su una base

-l’echino è molto più schiacciato rispetto a quello greco, che è più bombato

Il dorico avrà poca fortuna sostituito dal tuscanico.

Altro è l’ordine composito creato dai romani mescolando ionico e corinzio: foglie corinzie sormontate dalla voluta dell’ordine ionico. Ordine usato nei monumenti trionfali.

La cornice aveva la funzione di proteggere la sottostante struttura originariamente in legno. La sima serviva a gettare via l’acqua. Il soffitto della cornice è diverso nei vari ordini, nel dorico elementi decorativi sono mutulo e gutta, che rappresentano l’architettura originaria.

Questi elementi hanno avuto ciascuno una propria evoluzione per cui possono fornire elementi utili per la cronologia. Per quanto riguarda la cornice la sopracornice tende a diventare più alta e più sporgente della sottocornice e anche la forma delle mensole cambia nel tempo.

Il soffitto poteva avere mensole a tavoletta, a S ed ad architrave. Le modanature inizialmente sono lisce, a partire dal I a.C. iniziano ad essere lavorate, il lavoro comporta grande tempo e grande attenzione.

Il fregio è può essere di tre tipi: dorico, quindi con triglifi e metope, ionico e corinzio continuo, ma c’è un altro tipo di fregio tipico del mondo asiatico/orientale che è convesso, cioè un po’ curvo. (Adriano usò il convesso perché dimostrava il suo attaccamento al mondo orientale, così come l’architrave a tre fasce anziché a due. La scelta non è mai casuale, si inserisce in una volontà). La decorazione vegetale può Su distribución está prohibida | Descargado por Juan Carlos Blanco Girona (blancogirona@gmail.com)

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essere a motivo a girali (dal III d.C.) che presenta un motivo continuo e prima di questo ad anthemion (gruppi di fiori successivi).

La presenza o assenza di coronamento del fregio può essere indicatore cronologico. Il fregio convesso è tipico del II d.C. ed è asiatico.

L’architrave è l’elemento rettilineo che collega la colonna alla trabeazione, anch’esso può essere ad una, due o tre fasce. Il numero delle fasce è indicatore cronologico, prima due poi tre (quella a due fasce è tipica del mondo orientale, la usa adriano per evocare quel mondo). Il rigonfiamento dell’echino, l’altezza dell’abaco rispetto all’echino sono altri elementi da considerare per la cronologia, potevano essere decorati anche in capitelli dorici.

L’ordine che ha proporzione tra diametro della colonna e intercolumno minore. Si potevano usare tre o due ordini ma ordinatamente, sempre partendo dal basso troscanico, ionico e corinzio (perché le colonne erano più esili e c’erano regole precise), mai ionico dopo il corinzio. Questo accade nel teatro flavio per esempio.

Esempio di capitello ionico con balteo e pulvino interamente decorati (mai accadeva nel mondo greco)

Il capitello corinzio sarà quello che avrà più successo nel mondo romano e che subirà le più profonde variazioni. Si diffonderanno capitelli corinzieggianti che si differenziano dal corinzio per decorazioni (possono esserci due ordini di foglie), l’insieme delle foglie si chiama kalathos, Gli elici sono le volute.

In età romana le decorazioni corinzie hanno spesso figure mitiche.

Il fusto: molto diffusa in età romana la colonna rudentata, cioè con la parte scanalata da metà fusto in giù riempita. Sono colonne in mattoni, le scanalature sono finte e fatte di stucco, la parte inferiore viene riempita con stucco. Molto diffusa al rudentatio, cioè il riempimento della scanalatura.

La rastremazione è il diametro che tende a diventare inferiore nella parte del fusto per sopperire ad effetti di carattere ottico, altro fenomeno è l’entasi, cioè il leggero rigonfiamento della parte centrale.

Si trovano in età imperiale colonne scanalate a spirale (come colonne tortili).

Le basi sono di moltissimi tipi, ciascuna con propria definizione: alcuni tipi di basi sono una scelta molto precisa, la volontà di evocare una determinata area o periodo cronologico, scelti dal committente. Determinati periodi storici adottano un certo tipo di base, nel II sec a.C. si usa ordine ionico con base attica, per la volontà di rievocare l’Atene classica. Nulla è lasciato al caso.

Il materiale veniva prelevato dalle cave, presi dei blocchi che per essere trasportati agevolmente dovevano essere sbozzati sennò troppo pesanti, infatti sono stati trovati capitelli all’interno della cava, questo serviva a sbozzare il più possibile il pezzo.

Tegole e coppi servono a capire il sistema utilizzato, il più diffuso è il laconico corinzio. Su distribución está prohibida | Descargado por Juan Carlos Blanco Girona (blancogirona@gmail.com)

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Lastre in pietra erano utilizzate anche per i rivestimenti di pavimenti o edifici pubblici, addirittura delle pareti. La pietra era usata soprattutto in età imperiale. L’uso della pietra nella decorazione è elemento di ricchezza a volte, soprattutto quando non vi è disponibilità locale, infatti la disponibilità di pietra rende il materiale più diffuso. Le iscrizioni funerarie in pietra a Brescia sono infatti legate alla disponibilità di pietra locale, non tanto alla ricchezza.

13/10/15

Roma in età regia

La fondazione di qualsiasi città anche quando è rifondazione, quindi passaggio per esempio da colonia a municipio era segnato da un rito preciso e regolarizzato, un atto sacre. Il limite della città più che sacer era sanctus, cioè soggetto a sanctio, a sanzione (per chi lo violava). Remo viene ucciso perché ha violato la sanctitas del sulcus primigenio. La fondazione romulea era un perimetro geometrico tendenzialmente quadrangolare. Questa fondazione attorno al Palatino costituisce le prime mura di Roma, le fonti ci parlano di un murus terrae nella zona delle Caine, quindi fuori del successivo pomerio /murus terrae cainarum). E’ stato archeologicamente documentato non questo murum ma un tratto della fondazione romulea. Pendici settentrionali del Palatino, accanto al santuario di Vesta, lungo la via sacra. Il santuario di Vesta era fuori del circuito murario, il quale è stato trovato sotto al Palatino. (Ampolo-polemica con Carandini)

Secondo questi scavi sarebbero addirittura state individuate due delle porte citate dalle fonti: Porta Mugonica e Porta Romana (?). Questo limite sacro non corrispondeva all’abitato. Dai materiali rinvenuti nelle fosse rituali che interrompono il solco si è potuto datare questa fase al 730. Si vede una strada esterna, un muro realizzato in blocchi di tufo e argilla, si riconoscono i punti in cui c’era la porta perché la struttura si interrompe con bastioni della porta (parti gettanti). Una fascia interna di 13 m di distanza e una palificata (?), il vero e proprio Pomerio. Alla età del VII secolo si realizza il fossato e si rifà il muro con doppia cortina e nucleo in terra. Un’altra fase è quella del VI circa con un vero e proprio muro con blocchi di tufo. Verso la seconda metà del VI l’ultima fase; in questo periodo questa struttura viene obliterata, dato da mettere in relazione con l’ampliamento del pomerio fatto da Servio Tullio, non si costruì sopra per molto tempo (sicuramente era segnalato: memoria storica dei romani). Insomma almeno quattro rifacimenti.

Carandini spinge molto l’interpretazione perché crede che il dovere degli archeologi è fare delle interpretazioni, non si possono secondo lui consegnare tessere isolate.

Nella seconda metà del VI c’è chiaro atto di obliterazione, perché è momento cruciale di rinnovamento anche amministrativo (quattro regiones) e si costruisce un altro circuito murario, ora davvero intorno all’abitato. Questo circuito si riteneva fosse stato costruito dopo l’attacco gallico, in quanto risalente al IV, in realtà tutta una serie di sondaggi lungo il circuito murario hanno mostrato che spesso in corrispondenza del muro del IV secolo ci sono delle fondazioni in cappellaccio (blocchi) risalenti al VI, Su distribución está prohibida | Descargado por Juan Carlos Blanco Girona (blancogirona@gmail.com)

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che c’erano quindi già da prima. Il circuito è lungo 11 km. Queste mura hanno forma irregolare, infatti il pomerio era più interno, le mura devono inoltre comprendere una serie di alture.

Le mura all’inizio di IV secolo, dopo l’arrivo dei galli quindi vengono rifatte. Il restauro delle mura serviane avvenne dopo l’incendio gallico (390). Il terreno prelevato viene utilizzato per creare l’agger all’interno che va ad addossarsi ad un muro costituito da doppia cortina (3 m di spessore), esso era contenuto da un muro di contenimento all’interno, che lo separava dal sub aggere. Noi conosciamo questo da dati che ci danno la grandezza dell’agger. All’uscita della stazione Termini si vede uno dei tratti più lunghi del muro esterno. Sul lato della stazione si trovava la città, al di fuori l’agro. Quello dentro la stazione invece è il muro che conteneva l’aggere. Sono mura in tufo, siamo sicuri che sia di IV secolo perché deriva dalle cave di Veio, che i Romani possono sfruttare solo dopo la conquista di Veio. CI vorranno quasi 700 anni prima che Roma abbia un nuovo muro: Aureliano (270-275) le costruisce per timore delle incursioni barbariche, il muro comprendeva la città per un circuito di 18 km tutto in laterizi non pieni, con un nucleo, un lavoro impressionante costruito in pochissimi anni che comprende la massima espansione della città. Le mura italiche e romane non sono granché innovative, devono molto alla tradizione greca, i trattati sulla poliorcetica greca erano usati anche dai romani. Abbiamo tracce di cinte murarie in Italie anceh prima della conquista di Roma, quindi non le ha portate roma. Intorno al V secolo le città italiche si forniscono di mura, spesso realizzate con tecnica dell’emplekton presa dai greci. La tecnica romana sarà poi quella della malta e del nucleo. E’ molto difficile datare le mura e le fasi delle mura e le varie ricostruzioni delle città italiche, ci sono vari interventi, è molto difficile riconoscerle. Si vede però che l’emplekton venne adottato anceh nella costruzione delle porte, prese dal modello greco e da cui deriva la tipica porta romana del I secolo, che è a cavedia (?).

Telesia, città del I secolo a.C. si circonda da mura con andamento concavo tra una torre cilindrica e l’altra considerata la migliore difesa per la possibilità di visibilità che avevano i soldati dalle torre cilindriche con tratti murari concavi. Ma già nella tradizione greca era presente (si veda Paestum), di fondazione greca, poi colonia latina di nome Paestum. Le mura sono simbolo dell’urbanitas oltre che scopo difensivo e vengono costruite dai romani ma con la tecnica greca, con soluzioni già presenti nel mondo greco. I romani le arricchiscono di aspetti relativi alla protezione e alla religione.

Le porte per i romani hanno spesso valore simbolico, infatti molte porte in territori pacificati da roma adottano la porta a tre fornici, non molto sicura, e molte porte non hanno cataratti, cioè cancellate di chiusura, esse avevano funzione puramente simbolica. L’elemento della porta viene elaborato con gallerie superiore, coronate da un frontone, mura poligonali all’esterno ecc…la maggior parte delle mura vengono costruite in età cesariana nei territori pacificati. Porta di Altino: si è trovato il rito di fondazione con sacrificio, le monete e i materiali rimandano agli anni 90 a.C., la città viene costruita quando acquista diritto latino, per celebrare il momento vengono costruite queste porte. E’ solo una porta-approdo, davanti c’è un fossato navigabile con scavo per la navigazione. Non interessa la difesa evidentemente in questo momento. Anche per Verona. E’ il momento in cui la città veneta diventa romana, si lascia il colle San Pietro, vengono costruite mura, porta, cloache, mura a cavedro, con cortile quadrato interno e mura a sei lati all’esterno, porta a due fornici tutto in mattoni. Si vede ancora la porta originaria in mattoni monumentalizzata da Claudio che riveste tutte le porte di pietra bianca locale. Stessa sorte subisce porta Borsari, anch’essa monumentalizzata in età claudia. Su distribución está prohibida | Descargado por Juan Carlos Blanco Girona (blancogirona@gmail.com)

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In città di frontiera più turbolente come Aosta o Torino. Ad Aosta porta Pretoria, funzione nei confronti dei salassi, a 500 m della città si trova un arco monumentale che vuole essere un messaggio intimidatorio da parte di Roma.

Arco

Esistono archi commemorativi ma che vengono anche addossati alle porte urbane (archiporta). Nasce per evento commemorativo come il restauro della via Flaminia fatto da Augusto (via che va fino a Rimini). L’arco si lega ad un tipo di cerimonia precisa: la celebrazione dei trionfi. Il trionfo viene celebrato già da Romolo, dai re etruschi, dai generali dotati di imperium di età repubblicana, dagli imperatori. Faceva parte anche della storia greca e della tradizione orientale. A seconda del modello che si prende si adottano forme diverse (Pompeo utilizza trionfi di Alessandro Magno, Augusto quello di Romolo). Sulla base delle fonti letterarie è stata fatta un’ipotesi di ricostruzione del percorso trionfale. Il trionfo era un ricooscimento attribuito in età repubblicana dal senato in età precedente dai capi delle curie, sulla base di una documentazione le campagne militare erano seguite da storici che dovevano redigere il diario di guerra, il commentario (De bello gallico), questo era consegnato al ritorno dalla battaglia al senato. Il generale poteva chiedere al senato l’onore del trionfo, i senatori si radunavano, leggevano la documentazione e decidevano se assegnarlo. Il trionfo era una processione in cui venivano portati i prigionieri, i fercula (portantine) con insegne dei popoli vinte e armi di guerra, nel corteo c’erano i soldati. Si attraversava il ponte triumphalis, la via triumphalis, e si è ricostruito il percorso ipotetico. Quando il senato lo concedeva, poteva allora essere eretto un arco che commemorava quel trionfo collocato lungo il percorso trionfale, dove ci sono altri monumenti, templi, quadriportici realizzati dai grandi generali col bottino di guerra per ringraziare la divinità. Una legge imponeva di dedicare la decima del bottino e un’altra legge di portare a roma il culto delle divinità vinte, per placare gli dei. La zona dov’è stato ricostruito il percorso è la zona del campo Marzio. Torelli: il percorso passi lungo il tevere, percorra il campo marzio, al punto 13 esisteva il trigarium dove si svolgevano sin dall’epoca romulea gare. Era sull’asse del circo massimo. La celebrazione del trionfo era associata a giochi con i carri. Il percorso trionfale aggira la palude del Velabro, che era sempre inondata. Il percorso va verso il foro attraverso il vicus iugarius, arriva al limite meridionale di esso e va verso il foro boario attraverso il vicus tuscus (dal sacello Larundae all’ara maxima erculis) quindi ripercorre la roma quadrata. Esce dal circo massimo e imbocca la via sacra, che percorre tuta costeggiando il lato settentrionale e arriva ai piedi dell’Arx (un’altura del Capitolino), a questo punto prende il clibus (strada in salita) capitolino e si ferma davanti al tempio capitolino dove si svolgeva il sacrificio. Lungo questo percorso si trovano tutti gli archi, alcuni noti dalle fonti, di tre conosciamo gli alzati (sono gli unici osservabili). Il più antico è l’arco di Tito, che si trova sulla via sacra, il secondo l’arco di Settimio Severo alla fine della via sacra, il terzi di Costantino, alle pendici del Palatino (tutti nell’ultimo tratto del percorso). I basamenti si hanno anche di altri archi, per esempio quello di Augusto.

L’arco dunque è il monumento che celebra il trionfo; nell’Agorà di Atene Pausania ci descrive un arco all’ingresso eretto nel 304 in onore di vittorie militari con trofeo sopra. Quindi c’è già una tradizione ellenistica prima che roma lo utilizzi. Il trionfo si celebra dall’età di Romolo, ma gli archi iniziano dopo, in età ellenistica. Fornix è uno dei termini con cui in epoca repubblicana si indica l’arco, in età imperiale arcus o iagus (?). Non sappiamo come fosse l’arco di cui parla Pausania. Quello romano è costituito da Su distribución está prohibida | Descargado por Juan Carlos Blanco Girona (blancogirona@gmail.com)

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due piloni sormontati dal fornix. All’inizio è molto semplice. E’ un monumento autonomo. Non ha funzione struturale ma solo decorativa, il valore simbolico connesso è quello del passaggio. Ha valore rituale, quando i generali partivano dovevano essere fatti arti precisi. La partenza era chiamata adventus e il momento del ritorno la profectio, celebrata con sacrifici. Alla partenza il generale passava attraverso un arco, indossava le armi, era cerimonia precisamente regolata, la porta triumphalis era porta a due fornici, uno usato per l’advenctus, uno per la profectio. (situato tra 1 e 10). Torelli: i fornices stertini vengono eretti dove sarà poi eretta la porta trionfale in epoca imperiale e avevano la stessa funzione, fornice a due arcate, dice che non può essere casuale che sia nello stesso luogo della porta trionfale. Questa è un’ipotesi. Mentre gli archi nel mondo greco generalmente avevano funzione strutturale, nel mondo romano solo decorativo: i romani prendono la forma greca di ordine architettonico e la usano come decorazione. All’inizio l’arco si presenta come forma portante con colonne in ordine ionico, l’ordine composito sarà poi quello legato alla celebrazione del trionfo in età imperiale. Quindi monumenti isolati posti lungo il percorso trionfale, a volte a cavallo del percorso a volte laterali. I primi archi, più antichi, documentati archeologicamente sono quelli di Augusto all’ingresso del foro, a cavallo della via sacra. Augusto costruisce più archi in una posizione imitata in tante altre città successivamente: l’arco Nauroco commemora la vittoria di Pompeo contro i pirati ed è ai lati del tempio al divo Cesare, su uno dei lati corti del foro (è una zona in cui c’è tutto quel che riguarda il potere regio di roma, la pira di cesare è vicino al tempio di Vesta, poi augusto ci costruisce il tempio a Cesare vicino al tempio di Marte e Obs); arco aziaco del 30 a.C. a tre fornici per Azio. L’arco di Nauroco sarà sostituito dall’arco partico (20 a.C.) in occasione della restituzione delle insegne.

L’arco aziaco a tre fornici è monumentale, coronato da una quadriga. Generalmente gli archi erano coronati da gruppi monumentali in bronzo (noi lo sappiamo perché erano raffigurati nelle monete) ma non è rimasto niente. I rilievi delle monete che rappresentano luoghi specifici di Roma che ce ne danno fotografie, sono fonte molto utile iconografica per ricostruire l’architettura.

Si hanno diversi archi di Augusto fuori di Roma, per esempio l’arco di Aosta situato prima delle mura, che commemora la vittoria sui Salassi, è fuori dalla città quindi ha funzione intimidatoria nei confronti dei Salassi e di tutti i viaggiatori schiavi nelle zone di frontiera. Questo arco si trova fuori della porta pretoria, ha piloni molto grandi, la parte superiore è stata rifatta. La decorazione è molto semplice basata sull’ordine architettonico con semicolonne addossate al pilone.

Porta di Susa: prima della porta anche qui c’è l’arco, fuori dalle mura, l’arco è stato spogliato da pezzi di bronzo in epoca medievale. Il fornice è inquadrato da semi paraste, doveva avere iscrizione in lettere in bronzo e gruppo monumentale, ha raffigurazione a rilievo figurata con un altare, un sacrificio che commemora il trattato di pace con le popolazioni locali. Il sacrificio ufficiale di Roma è il suove taurinia, in cui era sacrificato un ariete e un toro. Questo è il sacrificio qui rappresentato.

Il fregio sarà decorato a rilievo figurato e rappresenterà sempre il motivo dell’erezione dell’arco, a volte raffigurato il momento della processione trionfale.

In epoca tiberiana si data un altro arco, privato, della famiglia dei Gavii (autorizzazione di Verona ad erigere un arco forse funerario), si trova lungo la via Postumia, legato ad una celebrazione funeraria. Ha

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decorazione con semicolonne angolari ma anche nicchie nei piloni in cui dovevano essere collocate statue, l’architrave è sormontato da un frontone. Ha scritto il nome dell’architetto, Vitruvius, si è parlato anche di una parentela.

Gli archi si diffondono anche nelle provincie, una proliferazione di archi è nella zona della Gallia Narbonense con gusto delle maestranze locali, con decorazione figurata ma incisa e non a rilievo con raffigurazioni di fregi d’armi. E’ evidentemente invenzione di una maestranza locale.

Torniamo a Roma: arco di Tito, d’età flavia, fatto per coemorare la vittoria sulla Galilea del generale Tito (figlio di Vespasiano), arco semplice a un frnice, fregio continuo con scene del trionfo e del perché viene creato l’arco, perso il gruppo scultoreo. La decorazione vede l’inserimento di vittorie alate, nella chiave di volta si inserisce una voluta con la raffigurazione di Honos e Virtus. All’interno del fornici due rilievi del momento della processione, l’artista riesce a rendere 4 livelli di profondità. Da una parte i soldati che portano il ferculum, candelabro portato via dal tempio di Gerusalemme, sull’altro lato la qadriga cn l’imperatre e dietro una vittoria alata. Con Domiziano sarà aggiunta l’apoteosi di tito, portato da un’aquila in cielo e divinizzato (Domazionao sarà il primo a farsi chiamare divus).

Arco di Benevento, di Traiano, commemora il prolungamento della via Appia: i piloni sono rivestiti (c’erano regole molto precise) per commemorare le virtù militari e civili dell’imperatore, verso la città infatti bisognava mettere solo scene civili, non di guerra, verso la campagna invece le virtù militari (partenza, discorso di esortazione ai soldati). Tutto è codificato, perché tutto il popolo doveva capire. Abbiamo un’iscrizione trovata a Marsiglia dove vi sono indicazioni da parte del senato su come rappresentare l’arco.

Settimio Severo (III d.C.), vittoria contro i Parti (sicuramente c’era un arco di Traiano che celebrava la vittoria contro i Daci), arco a tre fornici, la decorazione diventa aggettante, cioè si stacca dalla struttura dell’arco, la colonna e i basamenti si staccano, i piloni anche i lati corti si rivestono di rilievi, il fregio rappresenta il trionfo, mentre sugli archi minori fregio a narrazione continua su 4 livelli rappresenta scene di conquista di Settimio Severo.

Arco di Costantino: costruito nel 515 d.C. la parte centrale, dopo 10 anni di potere, quando celebra i decennalia e la presa di potere a seguito della guerra civile contro l’usurpatore Massenzio. Recupero di rilievi che appartenevano ad archi di imperatori precedenti. Tondi di Adriano, rilievi in giallo di Traiano, in rosso di Marco Aurelio, in marrone gli originali di Costantino (vedi slide). Escluso che siano smontati archi ancora in alzato, evidentemente erano archi o in restauro o sostituiti da altri, si esclude che siano smantellati. La scelta dei rilievi non è casuale, quelli di Marco Aurelio raffigurano il trionfo, l’adventus e la profectio. Inoltre rappresentano l’atto di liberalità dell’imperatore verso la città. Nell’ultimo tratto del fregio è raffigurato il foro romano coi rostra con due imperatori alle due estremità, che sono Traiano e Marco Aurelio, simboleggia la volontà di Costantino di rifarsi agli imperatori passati.

19/10/15 Su distribución está prohibida | Descargado por Juan Carlos Blanco Girona (blancogirona@gmail.com)

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Il foro

Esso è il cuore della città romana, corrisponde e svolge la sessa funzione dell’agorà greca. Nasce in età repubblicana come punto di incontro, di incrocio delle viabilità principali, in cui si concentrano tutti gli aspetti della vita cittadina: politica, religione, attività economica-commerciale, giudiziaria, ludica (questo soprattutto nella fase più antica). E’ anche punto topografico essenziale: al centro dell’abitato, di convergenza della viabilità e di transito, questo nell’età repubblicana. Con l’età imperiale diventa area chiusa, non più transitabile e luogo della memoria, delle commemorazione, dove si concentrano statue onorarie. Diventa monumentum = luogo della memoria. Cambiano dunque nel tempo le funzioni del foro.

Vitruvio, V, De Architettura: parla dei fori e mette a confronto il foro romano con l’agorà greca. Scrive che i greci erano soliti costruire dei fori quadrati circondati da portici doppi, invece i romani li costruiscono diversamente. Egli raccomanda una disposizione allungata. Dà proporzioni precise: il rapporto è 2 a 3. Per esempio a Veio corrisponde (60 x 90), queste dimensioni dice Vitruvio sono l’ideale per godere di tutte le processioni e spettacoli che si svolgono nel foro, questo è archeologicamente documentato. A Roma sono documentati una serie di cunicoli e botole che servivano per gli spettacoli dei gladiatori pria della costruzione del teatro di età augustea. In età repubblicana i combattimenti tra uomini e animali, documentati a partire dal IV si svolgevano nel foro. Per questo il foro, dice Vitruvio, era circondato da portici in modo che la gente abbia ambia possibilità di veduta, con ampi intercolumni, i maeniana, e piani superiori. Il foro è uno spazio libero circondato da edifici, nell’epoca antica era circondato da aree che assumono precise funzioni (le funzioni precedono sempre la forma architettonica). Vitruvio cita edifici che devono gravitare intorno al foro: la struttura sacra, il tempio capitolino (a Roma è sull’Arx, ma anche a Cosa per esempio su imitazione di Roma, visivamente connesso col foro), la curia e il comizio. Quindi aspetto sacro e aspetto politico. L’orientamento di questi edifici ha un preciso significato. Inoltre deve gravitare intorno il tabularium (dove si conservano gli archivi), l’erarium (dove si conserva il tesoro): a Roma sono ai piedi o collegati al tempio capitolino. Anche la funzione giudiziaria, prima all’interno del comizio, poi nelle basiliche, gravita nel foro. Le attività commerciali sono definite loca adiuncta al foro, anche le taverne attorno al foro, inizialmente dedicate alla vendita di tutti i tipi di prodotti, ma da III sec tutta l’attività alimentare commerciale con la costruzione dei macella viene posta vicino al foro ma allontanata e le taverne intorno al foro saranno solo quelle cambia-valute, per gli stranieri che giungevano in città. Attorno al foro sorgeranno domus di grande prestigio.

Per esempio Alba Fucens, colonia del 303 a.C.

Cosa (273 a.C.)

Roma detta le leggi di costruzione, così l’architettura delle colonie prende quella di Roma a modello.

Le attività a Roma in età regia convergevano nel foro boario, prima della nascita di Roma, quando ancora ci sono i villaggi sui colli, forse ancora in epoca del sinecismo, questo è luogo di incontro. Quando si fonda la nuova realtà urbana si sceglie un luogo centrale rispetto alla zona abitata e si sceglie la valle ai piedi dei colli perché offriva uno spazio pianeggiante, pur con tutti i problemi relativi all’acqua (la Su distribución está prohibida | Descargado por Juan Carlos Blanco Girona (blancogirona@gmail.com)

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cloaca maxima va a bonificare questa zona spesso inondata dal Tevere), la valle era attraversata dalla via principale di collegamento fra i villaggi, la via Sacra. Lì si sceglie di costruire il foro. Ai due estremi di questo foro vengono collocati i santuari più importanti, il Volcanal, dall’altro lato il santuario di Vesta con la casa del re e il culto dei Lari. In mezzo a questi due edifici la piazza che è fiancheggiata dalla via sacra. Dominata dal tempio capitolino. Dall’inizio il Foro diventa luogo ritualmente definito secondo le pratiche della dottrina augurale, ritualmente delimitato. Si ritiene che l’auguratorio da cui viene tracciato il limite del Foro romano si ponesse in cima all’Arx. I comizi tributi si svolgevano nel foro, con le elezioni dei consoli in età repubblicana, momenti fondamentali della vita civile. Anche il Septa (Campo Marzio) era un recinto (saeptus = luogo recintato) fuori del Pomerio dove si svolgevano i comizi centuriati, dato che il popolo non poteva entrare con le armi, per cui si svolgevano fuori.

Chiaramente queste regole venivano adattate al luogo fisico, se si può si costruisce secundum caelum (nord-sud) altrimenti se non è possibile si costruisce secundum naturam, se le condizioni morfologico-geografiche del luogo non lo permettono.

La zona del santuario di Vesta diventa con la repubblica la sede del Pontifex Maximus. Qui vicino si trova la curia, il comizio, il carcere ricavato nelle prime cave di tufo usate per l’inondazione del foro e qui verrà costruito all’interno del tempio di Saturno la sede dell’Erario. Un po’ più tardi alle pendici del colle Capitolino sarà costruito il Tabularium, nel 184 verrà costruita la basilica ?.

Curia e comizio

Questo luogo raccoglie attività giudiziaria, politica, legislativa, il tribunale. Ha forma quadrangolare (templum ritualmente definito), ma da un certo momento assumerà forma circolare pur all’interno di un recinto quadrangolare su condizionamento del mondo ellenistico greco degli ekklesiasteria.

Cosa, colonia latina: negli scavi degli americani è stato individuato lo spazio ritualmente definito del foro, la grande piazza circondata da pozzetti in cui era inserito il recinto ligneo che delimitava originariamente il Foro in quanto templum. Della prima fase del Foro di Cosa è nota questa prima delimitazione e la costruzione della Curia e del comizio, secondo la riproduzione del modello di Roma. Il comizio è di forma circolare come quello di Roma. La curia è la struttura a tre ambienti: quello centrale è la curia vera e propria dove si radunava il senato. E’ stato ipotizzato che le strutture accanto costituissero l’eraraium e il tabulario, probabilmente anche il carcere. 250anni dopo lo stesso modello (curia con interno erarium e tabularium) si ritrova anche a Verona. Col tempo si ha monumentalizzazione della città: si realizzano portici intorno al foro, per monumentalizzare l’originario recinto ligneo, secondo forma greche.

Alba fucens, colonia: in un punto importantissimo della piazza viene collocato quello che si identifica come comizio, non c’è dubbio che dietro all’edificio quadrangolare che racchiude forma circolare sia il comizio e la curia. Sul lato opposto della piazza (anche qui trovati i pozzetti delimitativi) sono state trovate file allineate di pozzetti, interpretate come dirbitorium, che esisteva anche a Roma nel Campo Marzio all’estremità dei Saepta, un sistema di transenne per creare delle corsie che servivano per incanalare il popolo durante le operazione di voto. Quindi era lo spazio dove si effettuava il voto e lo spoglio delle schede. Nel II a.C. anche ad Alba Fucens sarà inserita la basilica dietro al diribitorium e dietro di essa il macellum. Su distribución está prohibida | Descargado por Juan Carlos Blanco Girona (blancogirona@gmail.com)

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Paestum (273 a.C): l’antica agorà viene stravolta secondo il modello romano, n. 15 il comizio e la curia con erario e tabularium. Anche a Paestum stesso sviluppo: viene costruita successivamente di fronte la basilica e a fianco il macellum: Roma detta le regole.

Nel II a.C. troviamo anche un altro tipo di foro (in una città non ancora romana): a Pompei. Il foro è stretto e lungo ma dominato da un tempio direttamente sulla piazza. Questo non è affatto il modello delle colonie latine, dove un tempio sulla piazza sarà realizzato solo molto più tardi. A Pompei c’erano condizionamenti greci, nasce come città greca, poi diventa sannitica. Risente dell’influenza del tempio di Apollo. Rimane città sannitica che nel 304 fa un patto con Roma, fino all’80 a.C. resta sannitica. I Sanniti sono permeati di cultura etrusco-romana (zona etrusca campana). E’ quindi un luogo dove confluiscono tante tradizioni. Viene costruita anche la basilica. Di Pompei, per la straordinaria conservazione della città, di età imperiale, non si è potuto scavare estensivamente per conoscere le fasi precedenti. Quindi paradossalmente se ne conosce meno. Vediamo che la basilica è realizzata su modello romano, ma su n angolo, mentre di solito ha posizione preminente nelle colonie latine (spesso chiude il lato corto). Sl lato corto una serie di edifici amministrativi, il comizio è probabilmente integrato con la basilica. Il modello della piazza dominata dal tempio sarà il modello a cui si ispirerà Cesare e dopo di lui gli altri imperatori per realizzare il foro personale. Quindi con Cesare anche nel foro romano, pur adattandosi ai condizionamenti dell’edilizia precedente, si diffonderà questo modello.

Nel corso del II-I a.C. cambiano le gerarchie spaziali. Il foro di Cesare è del 46 a.C., dominato dal tempio di Venere, su modello dei santuari greci che è presente anche nel foro di Pompei. Cambia in questo periodo il ruolo degli edifici secondo le fonti e l’archeologia. Nel 169 a.C. comincia a Roma la costruzione dei primi tribunali fuori del comizio (nel comizio si esercitava la funzione giudiziaria oltre che i comizi tribuni), in tribunali esterni chiamati quaestiones. Per esempio a Roma davanti al tempio dei Dioscuri e si costruisce il gradus Aurelii (gradini di Aurelio) dove si svolgevano determinati processi, questo prima della costruzione del tempio al Divo Giulio. Si costruiscono sempre in quegli anni le prime basiliche. La basilica Oplinia è del 184, sappiamo che si trovava sul lato corto e che era sala ipostila (soffitto retto da colonne). Basilica Sempronia sul lato lungo. Sono adottate da Roma sul modello delle piazze ellenistiche. Le attività sono romane, ma le forme sono greche. Anche nelle basiliche verranno accolti processi e attività commerciali (loca adiuncta), in caso di pioggia le attività di carattere non alimentare commerciali si spostavano nelle basiliche. Quindi si assiste ad n graduale smantellamento delle funzioni del comizio dislocate in altre strutture separate. La curia verrà più volte ricostruita, sempre più grande, anche per il crescente aumento del numero dei senatori: la curia si raddoppia fino a Pompeo a discapito delle gradinate, che servivano meno. Nel 123 a.C. – dice Plutarco nella vita di Caio Gracco – Caio Gracco si rivolge dal comizio al popolo radunato nella piazza. Quindi dai gradini del comizio si gira verso la piazza: fine della funzione del comizio. Le adunanze del popolo non si possono fare lì anche perché il popolo non entra. Quindi il comizio perde di importanza e la acquista la basilica che diventerà l’edificio più simbolico del foro accanto al tempio, spesso posti uno di fronte all’altro. Cesare oltre a costruire il suo foro, a sue spese (con i soldi che gli spettavano per le vittorie galliche) acquista ed espropria edifici situati ad ovest del foro e costruisce il foro a sue spese. Ma ottiene straordinariamente dal senato l’autorizzazione a demolire la vecchia curia, appena ricostruita dopo l’incendio di Pompeo, e ricostruirne una nuova orientata verso il suo foro. Cesare smantella anche l’ultima parte di gradinate del comizio, i Su distribución está prohibida | Descargado por Juan Carlos Blanco Girona (blancogirona@gmail.com)

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rostra, che sopravviveva per la memoria e dove si mettevano gli oratori a parlare rivolti alla piazza. SI chiamava rostra perché sulla parete esterna erano stati appesi i rostra delle navi della Lega Latina sconfitta con la battaglia e vittoria romana ad Anzio. Anche oggi la pedana in cui si colloca l’avvocato è chiamata rostra. Cesare costruisce una nuova pedana di forma rettilinea di fronte al gradus aurelium. In età augustea dunque il foro assume questo aspetto: nuova curia, nuovi rostra, le due basiliche. Noi non conosciamo nulla della planimetria delle due basiliche in epoche repubblicane, conosciamo solo il loro aspetto di età augustea, questo perché non è possibile scavare sotto demolendo quello che abbiamo. Sappiamo che una delle due in età di Cesare era la basilica Iulia dedicata ai due figli.

Dunque il tempio diventa il luogo più importante e di fronte ad esso ciò che rimane delle istituzioni repubblicane. La basilica Oplimia (121 a.C.) è l’ultima ad essere costruita, situata sul lato corto. Le basiliche Sempronia e Iulia invece erano sul lato lungo, le basiliche Opliia e Porcia (?) su quello corto.

Quando diventano città romane le colonie adottano il modello in quel momento in voga. Uno degli esempi del foro definito tripartito (basilica, piazza, tempio) lo troviamo a Brescia. Ha una fase augustea anche se quel che vediamo oggi è di età flavia.

Altro esempio aderente a Roma è Verona, sicuramente le maestranze urbane riproducono Roma in miniatura: esso ha piazza, basilica sul lato lungo perché non si vuole chiudere l’accesso alla piazza dal lato corto in basso (evidentemente importante per la viabilità). La via Postumia separa la zona del tempio alla piazza, è strada di scorrimento. Vediamo la basilica e la curia con comizio autonomo costruita come a Roma, scelta ben precisa perché in realtà a partire dall’età augustea le curie autonome costruite sono pochissime perché più diffusa è la curia costruita all’interno della basilica (come ci dice Vitruvio e come egli aveva costruito). E’ dunque chiaramente una citazione di Roma. Domina la piazza il complesso capitolino, non c’è un rilievo morfologico, un’altura naturale, per cui si costruisce un terrapieno artificiale terrazzato con un criptoportico per costruire il tempio che domini sulla piazza. E’ un lavoro impressionante, costruiscono infatti un’altura artificiale. Sopra la piattaforma artificiale si innalza il tempio circondato da un triportico che corrisponde al criptoportico di terrazzamento della costruzione. Anche le fondazioni del tempio capitolino hanno lo stesso schema del tempio capitolino d Roma. Volontà di richiamare in forma miniaturistica il modello di Roma.

Stessa cosa avviene a Luni: piazza, sul lato corto una curia autonoma di fronte al tempio capitolino. Dentro ai templi dedicati alla triade capitolina si pongono i simboli del potere imperiale, la sfera sacra va a coincidere col culto dell’imperatore. In questo caso la basilica è costruita a fianco del tempio capitolino.

Molto più numerose le basiliche che hanno al loro interno la curia: per esempio Velleia. All’interno di questa basilica il ciclo che rappresenta la famiglia imperiale: l’imperatore e la sua dinastia sono i garanti di tutti gli aspetti civili: attività politica, giudiziaria, ecc… Il simbolo imperiale entra nelle basiliche per creare fedeltà all’imperatore.

Feurs e Nyon, in Gallia, sono perfetto esempio di tempio ripartito, qui la curia è inglobata nella basilica, o nella parte centrale in asse col tempio oppure ai lati. Stessa cosa in Spagna: città di Clunia.

II d.C., città di Ruscino in Gallia: piazza con basilica al lato con curia integrata all’interno della basilica. Su distribución está prohibida | Descargado por Juan Carlos Blanco Girona (blancogirona@gmail.com)

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I-II d.C., Tarracona, Saguntum, basilica sul lato lungo.

Chiaramente la struttura viene adattata di città in città alle caratteristiche morfologiche e urbane. Ma il modello è lo stesso.

Germania, Augst, II d.C.: piccola linea rettilinea nella basilica inizialmente che costituisce la curia poi diventa circolare. Modello già presente nella basilica di cosa, in cui c’è una nicchia al centro del lato lungo che doveva avere funzione di Tribunal, questo modello viene canonizzato da Vitruvio, che progetta il foro di Fano. Testimonianze non ancora rinvenute, questa è la ricostruzione fatta sulla base della descrizione di Vitruvio che è la teorizzazione di questi complessi. Egli parla di una basilica tradizionale, un loco adiuncto al foro, collegato ad esso fisicamente. Questo si spiega anche con alcune caratteristiche della basilica in cui non c’è muro di chiusura dell’edificio, ma un portico collegato col foro, questo lo vediamo nelle testimonianze più antiche. Invece la nuova basilica è un edificio chiuso, i muri vengono chiusi, questo anche perché la funzione si modifica e all’interno della basilica vengono accolte le funzioni di curia e tribunale che richiedeva maggior chiusura e autonomia dell’edificio. Vitruvio dice che la basilica è dotata di parte aggettante sul fondo chiamata tribunal ma anche dell’aedes augusti, tempio di Augusto, quindi sicuramente era stata collocata una statua simbolo dell’imperatore, dice di togliere una colonna in corrispondenza dell’aedes augusti, perché ci sia connessione visiva fra lo spazio dedicato ai processi e al culto dell’imperatore e il tempio capitolino collocato dalla parte opposta, di fronte alla basilica. Quindi Vitruvio ci descrive perfettamente il foro tripartito in cui basilica e tempio sono collegati da un asse visivo che è anche ideologico: l’aspetto sacro e civile convergono nella figura dell’imperatore.

Leptis Magna: in Africa.

Tarracona: si trova qui un foro presente anche in altre città che erano capitali di provincie, un foro detto foro provinciale che luogo di incontro politico e culto imperiale. Sono costruiti questi fora nelle città che hanno il compito di organizzare il culto nell’intera provincia. Il foro di Tarracona è costituito da un circo attraverso delle gradinate si sale ad una piazza poi attraverso altre scale ad un’altra e si arriva ad un edificio luogo di culto imperiale. Questo complesso risale all’età flavia è opera di Vespasiano, che coglie molti riferimenti da Roma: il circo massimo dominato da grandi palazzi imperiali che lo dominano. Da questi edifici l’imperatore si mostrava alla folla. Inoltre si ispirano al templum Pacis, il foro che Vespasiano costruisce a Roma diverso dai precedenti.

20/10/15

Brescia: merc. 25 novembre (11.30 treno)

Verona: merc. 2 dicembre (8.30 treno)

claudia.martirani@studenti.unipd.it Su distribución está prohibida | Descargado por Juan Carlos Blanco Girona (blancogirona@gmail.com)

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Complessi monumentali che gravitavano intorno al foro: tutte queste attività esistono prima che esista un edificio che le accolga. Gli spazi della città arcaica sono usati in modo spontaneo, gradualmente assumono una struttura architettonica che si evolve. La grande trasformazione della città è in età dei Tarquini prima e poi nel III-II secolo, in età ellenistica.

Il centro del foro è la curia e il comizio, dove per tutta la fase regia fino al II secolo si concentrano tutte le attività.

La prima curia, secondo le fonti era la curia Ostilia, attribuita a Tullio Ostilio, risalente al VII, le tracce archeologiche invece sono verso la fine del VII, con decorazioni in materiale fittile. La curia è associata al comizio, essa è il luogo dove si radunano i rappresentanti delle curie, che sono la prima suddivisione della popolazione (curia = co-viri), associata ai gruppi gentilizie, risalgono ad età preurbana. Inizialmente le curie erano 27, Romolo ne aggiungerà 3 per arrivare al numero di trenta. Il popolo si raduna nel comizio, dove si svolgono i comizi curiati. Questo spazio va ritualmente definito dall’augure e dall’Arx con tutte le pratiche di prospectum, proiezione del cielo in terra di uno spazio purificato, un templum (= luogo ritagliato, rispetto all’esterno), saeptus (recintato) et effatus (purificato). Le caratteristiche sono: forma quadrangolare, orientamento nord-sud secondo gli assi geografici, unico accesso (perché rimangano fuori spiriti maligni e siano più facili da controllare, da qui deriva la frontalità del tempio romano) e posizione sopraelevata (naturale o artificiale con un podio, che crea un supporto per sopraelevare e staccare da terra). Anche la curia, il foro, i saepta sono templa, nel senso etimologico in quanto luogo ritagliato. Anche la curia, come templum e comizio doveva avere queste caratteristiche. Nella curia si radunano i capi delle curie, e dal 509 a.C. il Senato, che ha funzione di legiferare. I comizi hanno invece funzione consultiva, vi si raduna il popolo. La curia deve sovrastare fisicamente il comizio in modo tale da rendere visibile la gerarchia di potere. Hanno trovato tracce del collegamento fra Capitolino e Quirinale, viene ritagliato lo spazio e sull’altura collocata l’originaria curia.

La curia di Roma la conosciamo per tradizioni letterarie e da pochi residui della decorazione iconoclastica e copertura in tegole, ma resti archeologici partono solo dal III secolo. Sappiamo solo dalle fonti che il primo comizio di Roma ha forma circolare ed è inglobato da un recinto quadrangolare come vediamo in colonie più antiche, come Alba Fucens che si ispirano al modello di Roma e il comizio doveva essere circondato dalla curia quadrangolare.

Le funzioni del comizio sono numerosi: nel momento dell’assemblea del popolo la funzione generale, ma dalle fonti sappiamo che c’è un settore chiamato tribunal ai piedi della curia e di fronte un settore che si chiamerà nel IV rostra (quando furono appesi i rostra delle navi), questi settori erano legati all’attività giudiziaria: nel tribunal sta il giudice, nei rostra gli avvocati. Un altro settore delle gradinate del comizio è il grecostasis, dove stavano i greci, in realtà il luogo in cui si ricevevano gli ambasciatori stranieri (funzione di politica estera). Conosciamo dunque come funziona questa struttura arcaica, ma della sua forma sappiamo poco: gli scavi sono davvero pochi (non è facile scavare Roma). Il significato sacralizzato di questi luoghi inaugurati si esprime anche nella lingua e nella forma: il termine curia si trova nelle fonti chiamato anche aedes e anche templum, a sottolineare la vicinanza con gli aedes (luoghi di culto, anch’essi templa). Entrambe, curia ed aedes sono templa: si ha slittamento terminologico. Se la curia era Su distribución está prohibida | Descargado por Juan Carlos Blanco Girona (blancogirona@gmail.com)

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in restauro il senato si poteva radunare solo in templa (dei Dioscuri, della Fide, di Temnus, il tempio della Concordia, insomma sono documentate nelle fonti riunioni in templi quando la curia era inagibile).

In occasione di restauri e ristrutturazioni si ricordavano in monete: si ha raffigurazione nelle monete della curia che ha aspetto del tempio, con frontone, colonne, acroteri. La curia che esiste oggi a Roma è il rifacimento della curia di Cesare fatta da Diocleziano. Le fonti ci parlano di un calcidicum (portico) non sappiamo se fosse il pronao del tempio o un portico di lato, o frontale, o il portico del foro di Cesare che è collegato. Ma le monete ci mostrano quest’immagine. Le colonie latine ci mostrano quella che poteva essere la curia di Roma nel III a.C. in quanto costruite su modello romano. Si pensa che la forma circolare sia stata assunta dalla curia sul modello degli ekklesiasteria greci, dove si radunava l’ekklesia.

Con Silla si amplia il numero dei senatori da 300 a 600: questo rese necessaria la costruzione di una nuova curia (detta Cornelia), che non conosciamo ma doveva essere nello stesso luogo dov’era prima la curia. Questa curia fu distrutta in un incendio nel 52 a.C. Cesare ottiene dal senato il permesso di demolirla per ricostruirne un’altra nel 44 a.C., ma Cesare morirà lo stesso anno, il progetto andrà avanti e sarà inaugurato da Augusto nel 29 a.C. Da quel che sappiamo la curia di Cesare viene ricostruita da Diocleziano uguale a quella di Cesare, a seguito di un incendio del 283 d.C. Quella che abbiamo oggi è questa. Anche se l’iconografia monetaria ce la mostra con un portico davanti.

La curia di Cesare è area quadrangolare di grandissime dimensioni, ha tre bassi scalini sui due lati lunghi, dove venivano poggiati i seggi in legno dei senatori. Una parte dei senatori era quindi seduta, ma esistevano anche i senatori pediali, che stavano in piedi. Sul fondo c’era un podio dove stava seduto il princeps senatus che veniva di volta in volta nominato oppure poi l’imperatore. Presenza di nicchie sulle pareti, rettangolari, inquadrate da delle colonne, non hanno funzione decorativa (Vitruvio ce ne parla e dedica uno spazio importante alla descrizione della curia, ci dice che avevano funzione acustica queste nicchie, affinché le onde sonore si diffondessero). Quella che fa Cesare è operazione molto audace perché distruggere una curia da sempre in quella posizione, cambiarne l’orientamento e aprire due porte per collegare la curia con i portici del suo foro, questa è una violazione dei principi alla costruzione dei templa. La sua è un’apparente conservazione delle istituzioni, in realtà laicizzazione. La curia oggi si presenta senza il portico davanti, ma nelle emissioni della prima età imperiale c’è il portico ma non sappiamo se esistesse veramente o fosse citazione di un templum. Come ha fatto la curia di Diocleziano a conservarsi E’ diventata nel Medioevo la chiesa di Sant’Adriano, nel Medioevo possono esserci state modifiche. La struttura è originale: le pareti, il pavimento in marmo (opus sectile), i bassi gradini laterali, il podio sul fondo, come nello schema di Cesare, le nicchie originali, insomma sono state fatte solo le coperture. E’ tutto originale dell’età di Diocleziano, che è un restauro a seguito dell’incendio, che deve aver mantenuto le stesse proporzioni.

Sappiamo grazie alle fonti e ad elementi verificabili come la presenza di nicchie, rappresentazioni monetali che ci mostrano un frontone simile ad un tempio elementi che hanno permesso di verificare la struttura.

Baltihy, “Curia Ordinis” ha studiato le curie o riconosciuto molte curie in edifici gravitanti sul foro di altre città, sulla base di confronti con la curia Ilia per esempio, per esempio a Pompei: tre edifici Su distribución está prohibida | Descargado por Juan Carlos Blanco Girona (blancogirona@gmail.com)

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amministrativi, quello che ha tre nicchie sulle pareti, ha abside, ha zona antistante nettamente distinta dall’interno si è avanzata l’ipotesi che fosse la curia di Pompei, proprio per gli aspetti planimetrici e degli alzati che richiamano la curia di Cesare (anche il portico anteriore), quello a fianco è stato interpretato come tabularium per la presenza di nicchie sulle pareti dietro i quali ci sono intercapedini isolate, dove potevano essere contenuti gli archivi (i quali sono stati trovati in un edificio vicino, dove furono spostati nel terremoto del 62, mentre questo edificio veniva restaurato). Ancora a Verulamium ci sono tre edifici, quello sulla destra (in slide) ha zona antistante con distilo in antis, una esedra rettilinea sul fondo con il podio e ancora nicchie alle pareti. Anche in questo caso è stata interpretata come curia. Anche Verona ha elementi che richiamano la curia romana, si dota di curia quando diventa città romana, sul lato occidentale del foro, c’è il portico, dietro le taberne, una strada di separazione e il complesso è recintato con paraste. Nella slide a sinistra la curia, a destra il comizio. Siamo in zona pianeggiante: si crea costruzione con tre ambienti per rialzarla, ambienti visibili e conservati, ancora visitabili. Quindi questi tre ambienti e un ambiente trasversale sostengono la curia (l’aula quadrata nella slide), che non è conservata e poteva essere anticipata da uno spazio libero o da un portico. Al livello della curia si giunge tramite una scalinata di accesso, fiancheggiata da due portici. Meno si conosce la zona del cosiddetto comizio. Templum recintato, si vede a terra la pavimentazione circolare, che anche a Roma si conserva fino al I-II secolo man mano che il comizio perde la sua funzione fino a quando Cesare non smantella i rostra e li costruisce nel suo foro.

Luni: abbiamo i resti delle costruzioni per sopraelevare la curia. Sono ambienti affiancati cavi, vuoti. 8: portico antistante che inquadrava sul 7 una gradinata da cui si accedeva alla curia, ma vi si accedeva anche da dietro.

Le costruzioni cave si trovano al di sotto della curia di Paestum e di Cosa, il fatto che siano tutti cavi fa ipotizzare che fossero usati per tabularium o erarium o altri ambienti di carattere amministrativo, anche a Roma sono molto vicini alla curia.

Grazie allo studio di Baltihy molti edifici delle colonie sono state identificate come curie, quando soprattutto si trovano in posizione di prestigio, come l’essere in asso con il tempio (molte città dell’Africa consolare).

Nel versante orientale, che ha storia a parte per il sostrato greco c’è Corinto, città che viene rasa al suolo e ricostruita da Cesare nel 46 adottando tutti i modelli che avevano matrice ellenistica inizialmente ma erano ormai diventati romani. Nella vecchia agorà di Corinto c’era edificio che si apriva dietro alla grande stoà inizialmente interpretato come curia, invece oggi gli studiosi ritengono che la curia non fosse quella, ma quella cerchiata più a destra, perché ha un pronao nella parte anteriore, ha un collegamento diretto, un’apertura, con la basilica (una delle tre basiliche presenti a Corinto), è l’unico edificio che ha un collegamento con la basilica. A partire dall’età augustea il collegamento curia-basilica diventa diffusissimo. Quindi qui si vede un momento di passaggio fra la curia autonoma e la curia integrata nella basilica.

Vitruvio nel suo progetto di basilica per Fano prevede la curia interna alla basilica in una nicchia (esedra) aggettante che si trova al centro del lato lungo. Sappiamo che la basilica si apre sul foro e si trova di Su distribución está prohibida | Descargado por Juan Carlos Blanco Girona (blancogirona@gmail.com)

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fronte alla triade capitolina (tempio capitolino). Il rapporto visivo col tempio è uno degli elementi essenziali della nuova basilica. Questa è il luogo dove si raduna il senato e si svolgono i processi, con l’ausilio dell’imperatore che definisce la curia l’aedes augusti e la basilica definita un pronao all’aedes augusti.

Augusta: figura a sinistra è la prima fase di curia, nella seconda fase curia circolare aggettante, nella terza fase eliminate le due esedre laterali, come un ritorno alle origini della basilica.

La basilica

La basilica è una tipologia di edificio che viene introdotta a Roma agli inizi del II a.C. su modello delle sale ipostile: sale colonnate note nel mondo alessandrino in epoca ellenistica, sale associate al palazzo dinastico, dove si svolgevano l’amministrazione della giustizia e altre funzioni. L’architetto che per primo sceglie di adottare questo modello per Roma importano quindi questa struttura. La basilica, come nel mondo ellenistico, almeno all’inizio era spazio polifunzionale.

A Roma gradualmente il comizio diventa troppo stretto sia per fare assemblea sia per i processi, quindi si creano le quaestiones, tribunali davanti ai templi (a volte semplici podi) dove si spostano i processi (per esempio nel gradus Aurelii). Ma esisteva un altro edificio già visto nel foro di Cosa: gli americani che hanno fatto gli scavi hanno trovato intorno al foro la struttura in slide, risalente ai primi decenni del II a.C. (scavi degli ultimi anni hanno rimesso in discussione la pianta del foro di Cosa, in realtà questi edifici tutti uguali non sono stati messi in luce tutti in questa estensione ma soltanto 2, per cui è una ricostruzione ipotetica quella che vediamo che ha ricostruito 8 di questi complessi al lato: le piante che non distinguono quanto è stato trovato e quanto è ricostruito sono fallaci). Questi spazi sono atria: c’erano anche intorno al foro di Roma. Questi atria sono i precursori delle basiliche, anche dal punto di vista funzionale oltre che linguistico. Cosa: 4 (ingresso) con a lato botteghe, cortile al centro parzialente coperto, perché le falde del tetto sono inclinate verso il centro dove è presente un’apertura, il copluvium che raccoglie l’acqua piovana, al centro una vasca che raccoglie l’acqua (impluvium), che va a confluire in una cisterna ipogea disegnata in tratteggio perché sotterranea. Questo sistema era stato inventato dagli etruschi per far confluire acqua piovana e allo stesso tempo dare aria e luce agli ambienti intorno. Questa struttura è insieme al tempio uno degli schemi edilizi che realizza il mondo etrusco-italico in età arcaico, le cui prime testimonianze sono del VI, all’epoca probabilmente di Servio Tullio a Roma, Varrone non a caso la chiama atrium tuscanicum, i romani iniziarono a costruire atrii quando adottarono lo schema etrusco, lo adottarono da subito e lo utilizzarono sia nella casa ad atrio (case aristocratiche), sia in edifici con funzioni amministrative o economico-commerciali (in questi fori per esempio). Quindi assumono il modello e lo adottano per più unzioni. Grande corrispondenza fra tempio e casa ad atrio. Gli atria quindi sono un’ingegnosa innovazione dal punto di vista planimetrico.

Nl foro di Roma non è stato trovato archeologicamente nessun atrio ma sappiamo che nel 144 a.C. Marco Porcio Catone compra due atria privata (potevano essere pubblici quando lo stato dava in affitto al privato o privati quando il singolo dava in affitto al pubblico ) atrium moenium e atrium titium e costruisce la prima basilica, la Basilica Porcia. Non sappiamo assolutamente quale fosse la pianta di questa basilica, se fosse ipostila o ad atria. Le fonti ci parlano di un atrium regium, sicuramente vicino al Su distribución está prohibida | Descargado por Juan Carlos Blanco Girona (blancogirona@gmail.com)

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foro, secondo alcuni si trovava dove verrà costruita la basilica Emilia, quindi a nord, mentre secondo altri a sud, perché si chiama regium e lì c’era quanto afferiva al re ed è dove verrà costruita la basilica Sempronia. Aulè basilichè è il temrine con cui queste sale ipostile vengono chiamate nel mondo ellenistico (significa sala colonnata) e sappiamo che atrium regium significa la stessa cosa. Il termine basilica, utilizzato da Plauto in una commedia per la prima volta, è la traslitterazione in latino di basilikè (l’aggettivo greco), Plauto ricorda l’aulè basilikè e parla di una basilica situata dove prima si trovava l’atrium regium prima che l’incendio del 210 lo distruggesse. (l’incendio del 210 distrugge tutto il foro e nella ricostruzione al posto dell’atrium regium si costruisce la basilica). Quindi continuità terminologica fra atrium regium e basilica. Gli atria avevano funzioni amministrative, commerciali, è esattamente la funzione che all’inizio ha la basilica. Poi accoglieranno invece le funzioni giudiziarie che diventeranno la funzione più importante della basilica, dopo aver occupato le quaestiones si trasferiscono nelle basiliche.

La basilica prende una forma greca, oltre che un nome greco, in qualche modo anche una funzione, quella tipica delle aulè basilikè, funzioni soprattutto giudiziarie ma anche economico commerciali. Sicuramente le prime due basiliche costruite: nel 179 a nord la basilica Emilia, nel 169 Basilica Sempronia a sud sono situate sui lati lunghi del foro, sul modello delle agorà ellenistiche. La basilica presentava un lato aperto sul foro, lo spazio centrale era chiamato maenium (?) , il lato verso il foro è inizialmente aperto con colonne verso il foro (Vitruvio: loca adiuncta, è quasi dilatazione del foro). La basilica di Cosa è del 120 a.C., lo spatium medium è sormontato da un secondo ordine di colonne in cui si aprono delle finestre che danno luce allo spatium medium. Questa copertura, quella centrale è detta a lanterna. Le navate laterali invece sono coperte da un tetto piatto hanno solitamente solo un ordine. Il tetto piatto era funzionale ad accogliere il popolo che assisteva agli spettacoli del foro. Il popolo poteva sfruttare sia la navata sia i tetti laterali. Lo schema della basilica aperta sul foro è presente fino all’età augustea, per esempio ad Oderzo. Anche la basilica di Pompei, che si appoggia solo sul lato corto su un angolo del foro, ha collegamento diretto con la piazza: attraverso 5 porte si accede ad uno spazio ipetro (?), cioè senza copertura. Attraverso cinque intercolumni si entra nella basilica che aveva ordine unico attorno mentre la peristasi un doppio ordine per avere copertura a lanterna.

21/10/15

Vitruvio nel De Architettura mette a confronto la basilica normale (come quella di Oderzo), aperta verso il foro con la nuova basilica (edificio chiuso in se stesso, più autonomo, perché questo – dice- dà maggiore dignitas all’edificio). Nella nuova basilica si svolgono soprattutto attività giudiziaria e commerciale messa in relazione col sacro e con l’imperatore (cicli statuari della famiglia imperiale).

La chiusura completa della basilica fa si che questo spazio non sia più utilizzato per vedere gli spettacoli del foro, ma che sia concentrato verso l’interno. Sappiamo che i processi erano pubblici: la popolazione poteva assistervi ponendosi nelle navate laterali della basilica o nei moeniana (il primo piano al di sotto delle navate laterali: la peristasi aveva una serie di finestre di apertura così da poter assistere da fuori ai processi all’interno). Comunque al piano terra la basilica è chiusa, aperta solo tramite i moeniana al piano superiore. Su distribución está prohibida | Descargado por Juan Carlos Blanco Girona (blancogirona@gmail.com)

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In varie città come Iuvanum, Lucus Feroniae e Saepinum vediamo che c'è relazione fra curia e basilica, caratteristica che si pone sia in Italia, sia nelle provincie.

La situazione nelle provincie orientali è particolare: Corinto offre gli esempi di maggior aderenza ai modelli italici. La città è stata ricostruita come se fosse romana. Troviamo qui tre basiliche, una sul lato corto, la più antica di età cesariana, le altre due sono di età augustea e sono espressioni della nuova basilica vitruviana, edificio quindi chiuso con la peristasi all’interno. L’edificio collegato alla basilica meridionale è interpretato come curia.

Efeso: anche qui vengono introdotte le basiliche (tendenza a creare un’omogeneità nelle modalità delle istituzioni in tutto l’Impero ma spesso adattandosi alle caratteristiche già peculiari alle provincie), ma diventa basilica la grande stoà di età greca, che viene ristrutturata ed adeguata al modello romano, diventa una stoà-basilica. L’adeguamento al modello italico è nel fatto che ha tre navate (porticus triplex) di cui quella centrale corrisponde allo spatium medium ed è molto più larga rispetto alle laterali (cosa non presente nelle stoà greche che hanno le navate uguali: questo è un riflesso del modello italico).

Cosa ci rimane dagli scavi a Roma? Non conosciamo la Basilica Porcia, la prima nota dalle fonti (Plauto), non sappiamo se fosse già una sala ipostila, sappiamo solo che aveva nome di basilica. Abbiamo la basilica Emilia, o Fulvia Emilia, perché nella costruzione interviene un membro della gens Fulvia. Sappiamo che viene più tardi ricostruita: notizie di rifacimento si collocano negli anni 61-59, perché nelle monete viene commemorato il rifacimento. Altri nterventi furono fatti nell’80-79 (età sillana), poi nel 54, 34 e nel 14, poi ancora in età tiberiana. Ha una storia di 600 anni, sarà distrutta da Alarico nel 410. Noi di questi interventi conosciamo solo quello di età augustea. Di fronte alla basilica Emilia, vi è la basilica Sempronia poi rifatta come Iulia.

Pianta della basilica Emilia in età augustea: la grande novità introdotta da Augusto è il lungo portico sulla facciata che si apre sulla via sacra. La basilica non si apriva direttamente ma attraverso il portico dedicato a Gaio e Lucio, dietro a cui le taverne, che esistevano dall’età regia, ma che vanno in fiamme nell’incendio del 210, sono quindi ricostruite e chiamate tabernae novae. Alle due estremità vediamo le due scale che consentivano di salire sia sopra il portico per poter assistere agli spettacoli del foro, sia alle navate laterali della basilica. L’interno della basilica aveva lo spatium medium, due navate laterali. Il lato nord aveva un’ulteriore navata costituita dalle colonne perimetrali, quindi di fatto aveva quattro navate. E' realizzata a nord perché a nord si trovava la zona del mercato alimentare, il Macellum, mercato prima svolto nella piazza. Era stato nel III realizzato a nord il Forum piscalium e il forum delle verdure. Poi quest’area va a fuoco e viene costruito il primo macellum. Quindi a nord della basilica Emilia vi era il macellum: non sappiamo se l’apertura di età augustea fosse così anche prima, probabilmente si, dato che il macellum è del II secolo. Gli intercolumni con Vespasiano saranno chiusi quando verrà demolito il macello per realizzare il forum Pacis di Vespasiano. Sarà allora doveroso chiudere la basilica.

La basilica Emilia era 92x30 m: il prospetto del porticus dalla parte del foro è visibile in slide (ricostruzione). Era un doppio ordine di arcate, inquadrate da semicolonne di ordine dorico, la decorazione (metope e triglifi) era alternanza di triglifi e le metope avevano degli scudi con raffigurazioni di Giove Ammone, figura che ricorre in molti fori dell’Italia (rappresentato con barba e corna d’ariete). Su distribución está prohibida | Descargado por Juan Carlos Blanco Girona (blancogirona@gmail.com)

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Questa raffigurazione ha significato politico: Ammone era divinità egizia e il significato è aver vinto l’Egitto, aver vinto Cleopatra. Il doppio attico in alto era decorato con statue delle città della Grecia. Questo prospetto nascondeva completamente la basilica dal foro. Il pavimento era in marmo policromo: Augusto conquista l’Egitto e vengono importati a Roma marmi policromi. La basilica aveva sicuramente un doppio ordine di colonne, con il corinzio interno, si è sempre ritenuto che all’interno della basilica fosse collocato nel fregio del primo ordine di colonne un famoso fregio con raffigurazioni dell’origine di Roma di cui sopravvivono alcune porzioni ( che raffigurano la costruzione delle mura, il ratto delle Sabine, la rupe Tarpea, insomma tutti episodi relativi all’origine, che si spiegherebbero bene con la politica di Augusto). In realtà facendo un’analisi antiquaria ( cioè per esempio sul tipo di scudo, o di calzare) e tecnica si è visto che non sono di età augustea, ma che Augusto le mette in opera. Secondo alcuni sono di fase sillana, secondo altri di fase cesariana (54), quindi presenti già da prima ed essendo funzionali alla sua ideologia Augusto li conserva.

Sul lato meridionale invece si trova la basilica Sempronia (169 a.C.): con il bottino della guerra gallica Cesare ottiene il permesso di demolirla e rifarla a sue spese. Opera continuata poi da Augusto dedicata ai suoi figli Tiberio e Lucio. Cesare spostò le tabernae veteres verso sud prima situate dall’altra parte, cosicché la basilica desse sul foro. Aveva una doppia peristasi di colonne che creava doppie navate laterali. Ci sono elementi delle colonne e dei capitelli non perfettamente completati da Augusto.

La basilica più grande di Roma è quella di Traiano all’interno del proprio foro personale.

Foro di Augusto: sul modello ellenistico, accanto a quello di Cesare, con tempio dedicato a Marte vendicatore (riferimento all’uccisione di Bruto e Cassio). All’interno del tempio furono collocate le insegne dei romani che Augusto si fa restituire dai Parti (ignominia per i romani). Due absidi: dagli scavi si è dimostrato che al di sotto esistevano altri due absidi uno per lato. Vediamo le due esedre in slide: all'interno era collocato il ciclo statuario dei sommi viri, tutti gli uomini importanti, da Enea, ai re albani, ai re di Roma, anche i grandi generali: insomma tutta la storia di Roma era ripercorsa. Le statue erano in nicchie all’interno di queste grande esedre (slide).

Dopo Augusto, con la demolizione del macellum, Vespasiano costruì il suo foro, lo spazio fra il foro di Augusto e quello di Vespasiano viene lasciato libero, portava dal foro alla suburra. Domiziano più tardi vi costruirà un altro foro (foro transitorium), che con la damnatio di Domiziano, sarà dedicato a Nerva.

Quando Traiano vuole costruire il suo foro lo spazio era limitato: l'unico spazio libero era a sud dove si innalzava la sella che collegava Capitolino e Quirinale. L’architetto Apollodoro di Damasco assunto da Traiano ha l’idea di tagliare il versante dei colli per realizzare i fori imperiali. Basilica di Traiano: ha cinque navate, le misure sono enormi, anche qui doppie esedre, un richiamo ad Augusto. Ricostruzioni: alcuni pensano che avesse un doppio ordine, alcuni invece un solo ordine in modo da consentire dalla piazza di vedere le colonne. Sul lato del foro aveva una decorazione ispirata alle guerre daciche (prigionieri daci che sorreggevano la balaustra). Sono stati usati marmi policromi provenienti da tutto l’impero. La particolarità della doppia esedra, pur non essendo una novità, verrà richiamata da molte basiliche per esempio nel rifacimento di età cesariana della basilica di Aquileia o anche a Leptis Magna. Gli absidi avevano una funzione ben precisa. Lo sappiamo dal momento che abbiamo un frammento che

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parla per la basilica Ulpia di un "atrium libertatis": esisteva un atrio con questo nome dove venivano liberati gli schiavi, su questo spazio si costruisce la basilica Ulpia ed evidentemente si conserva la funzione all’interno della basilica.

26/10/15

Macellum

Esso aveva stretto legame con il Foro. Già le fonti ci parlano sin dalle origini della presenza di botteghe intorno al foro. Il foro boario era il primo luogo d’incontro commerciale, sotto la tutela di Ercole che protegge in particolare gli scambi commerciali legati alla pastorizia. Questo spazio che gravita sul Tevere continua ad avere funzione commerciale, sede di magazzini. Ma è anche dove passa il percorso trionfale e nel IV secolo sarà monumentalizzato diventando espansione del Campo Marzio. Con la nascita del Foro vengono collocate le tabernae sui lati lunghi del foro, il vicus tuscus era zona commerciale per determinati prodotti di prestigio. Dal 210 a.C. (ma già nel corso del III) la funzione mercantile inizia ad essere allontanata dal foro, cosa messa in relazione dagli studiosi con l’influenza del mondo ellenistico (si diffondono nelle città greche le agorà commerciali distinte da quelle politiche, con tendenza ad allontanare la vita mercantile da quella politica e Roma, da città ellenistica, si adegua a questi modelli).

L’attività mercantile viene spostata a nord, dove le fonti ci parlano della presenza di un Forum Piscalium, per la vendita di carne e pesce e di un Forum Cuppedinis per la vendita delle verdure, questo spazio è sempre vicino al foro. Ma sul Tevere continua ad esistere il foro boario e vicino il foro Olitorio, anche questo per le verdure. Non sappiamo se nello spazio dove sarà poi costruita nel 100 a.C. la basilica Emilia, forse c’è l’atrium regium in questo periodo, ma è molto probabile ci siano atria per attività commerciali come tabernae. Nell’incendio del 210 le tabernae a nord del foro vengono bruciate, allora saranno ricostruite e chiamate tabernae novae. L’incendio manda in fuoco anche il forum piscalium e cuppedinis, le tabernae erano ormai diventate tabernae argentariae cioè cambia valute, tutte le attività commerciali erano stati spostate nei fora. Livio: “reficeri macellum”, rifatto il macellum, è la prima volta che compare in Livio questa parola. Era da pochi decenni prima che era comparsa, per la prima volta nell’Aulularia di Plauto (fine III- inizi II), probabilmente per gli studiosi è stato merito della commedia latina che vengono introdotti neologismi nella lingua latina, in parallelo con l’introduzione di nuove tipologie edilizie assunte dal mondo greco. Macellum = da macellon – greco- cioè recinto. In questo momento il forum piscalium viene ricostruito ispirandosi alle agorà commerciali: è una piazza circondata da botteghe che si aprono sulla piazza attraverso un portico o direttamente, a volte doppie, a volte aperte sia verso l’interno che verso l’esterno. Evidentemente queste piazze di tipo ellenistico erano chiamate macellon. Quindi il macellum nasce sul forum piscalium.

Altra fase di rifacimento del macellum è con la ricostruzione della basilica Fulvia Emilia, sarà necesario infatti costruirlo un po’ più a nord per lasciare lo spazio di costruzione per la basilica. La basilica Emilia ancora in età augustea (non abbiamo questa planimetria) si apriva con un portico sul lato nord per favorire il passaggio verso il macellum, che si trovava a nord rispetto alla basilica. Oggi la basilica Emilia è sotto i fori imperiali. Il macellum con Vespasiano, nel 70 d.C., egli costruisce il suo forum Pacis e il Su distribución está prohibida | Descargado por Juan Carlos Blanco Girona (blancogirona@gmail.com)

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macellum viene demolito e chiusa la basilica emilia (tamponato il muro, come vediamo anche oggi: si vedono i resti del templum Pacis, sappiamo solo che lì sotto si trovava il macellum, di cui non abbiamo nulla).

Questo è esattamente quanto è successo con gli atri: una volta distrutti si coglie l’occasione per ricostruirli adottando tipologie ispirate al mondo ellenistico.

Compaiono macella in tutte le colonie latine nel II a.C., per esempio ad Alba Fucens: piazza, curia che doveva dominare il comizio, il diribitorium (spoglio delle schede elettorali), la basilica e alle spalle di essa il macellum, lo steso schema del foro di roma. Il macellum di Alba Fucens ha più fasi: inizialmente quadrangolare con botteghe su tre lati, i quattro ambienti sul lato occidentale sono ricavati all’interno del podio della struttura della basilica. Ci sono diversi livelli. Alba Fucens è a 900 m sul livello del mare, è la città più alta costruita dai romani, era luogo di pastorizia e scambi commerciali. Ultima fase: modifica della pianta: si fa un cortile di forma circolare circondato da tabernae racchiuso da un recinto quadrangolare.

La peculiarità del macellum è quella di aver uno o due toloi al centro, strutture circolare o poligonali poste al centro. Questo elemento è presente sin dall’inizio.

Morgantina: conquistata dai romani nel II a.C., rasa al suolo e ricostruita, nel II a.C. viene rifatto il nuovo foro, su di esso il piccolo foro quadrangolare con la tolos al centro. Questo è più antico.

La funzione del tolos è discussa, probabilmente per l’acqua, spesso tra le colonne che circondano la tolos ci sono balconi inclinati, quindi si pensa fosse la zona in cui si vendeva il pesce disposto su balconi inclinati. Quindi la loro funzione sarebbe pratica.

Leptis Magna: due toloi, è un portico senza tabernae attorno, probabilmente erano sotto il portico, con due grandi toloi e tra una colonna e l’altra balconi inclinati per la vendita del pesce.

A Roma dopo il Macellum principale ne vengono costruiti altri: per esempio in età tiberiana sull’Esquilino, il Macellum Liviae dedicato a Livia moglie di Augusto. Più tardi da Nerone, sul Celio altro macellum, il Macellum Magnum. Purtroppo non sono noti archeologicamente ma solo da fonti diverse.

I macella hanno molta fortuna nel I d.C., momento di grande sviluppo economico. L’elemento che più differenzia il macellum dalle agorà commerciali è che secondo le esigenze della mentalità romana si introduce un’assialità, esigenza della mentalità romana che viene dalla ritualità. Quindi abbiamo macella nella zona campana, Pozzuoli, Pompei, Paestum del I d.C. che hanno l’assialità tra l’ingresso e un ambiente absidato, posto in asse con l’ingresso. Questo spazio prestigioso di fronte all’ingresso diventa luogo di culto o dedicato al genio del macello o all’imperatore. Presenza a volte di statue imperiali all’interno. L’ambiente absidato quindi diventa sacello di culto.

Soprattutto nelle provincie africane si hanno varianti, modelli curvilinei per esempio, cortili con forma absidata, circolare o rettangolare. Su distribución está prohibida | Descargado por Juan Carlos Blanco Girona (blancogirona@gmail.com)

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Macellum di Baelo Claudia, in Spagna Meridionale, città la cui economia gravitava sulla pesca del tonno e lavorazione del pesce, città battuta dal vento, che esportava pesce a tutto l’impero. Macellum con forma ovale, le tabernae hanno forma irregolare, angoli con al centro uno spazio che ripete la forma absidata pur non essendo una tolos, è stato ricostruito anche un piano superiore in legno.

Il II secolo a.C.: non è un caso che i macella compaiono adesso, Roma nel II secolo (tra fine III e inizio II) si trasforma, non ha ancora conquistato il mediterraneo orientale ma già controlla l’occidente, è in grande crescita economicamente e commercialmente e ha bisogno di spazi. Viene progettato il nuovo porto fluviale interno di Roma, che consenta l’arrivo di navi più grandi che non era possibile ricevere nel vecchio porto, dotato di strutture di immagazzinamento tali da poter sfamare la popolazione e rifornire di grano la classe dirigente che doveva distribuirlo gratuitamente nel frumentationes. Si sceglie la zona ai piedi dell’Aventino, lungo la sponda sinistra del Tevere. Nel 194 a.C. viene realizzata la nuova grande banchina del porto fluviale, l’emporion, per traslitterazione dal greco. Questa banchina era lunga mezzo chilometro, attrezzato con rampe. Immediatamente dopo parte il progetto di costruzione del porticus Emilia, un grandioso magazzino realizzato parallelamente alla banchina, lungo anch’esso mezzo chilometro a circa 90 m di distanza. E’ una zona in discesa verso il fiume. Il primo grande magazzino di roma nasce quindi con la struttura di un portico. I promotori dell’impresa del porticus sono Marco Emilio Lepido e altri, gli stessi della basilica. Questa struttura che è stata scavata, è nota. Durante la realizzazione degli argini del Tevere sono stati portati in luce i resti del molo, concamerazioni voltate, c’erano più livelli di attracco a seconda delle piene del fiume e quindi del livello dell’acqua. Questa struttura è il primo grande monumento in opus caementicium in modo estensivo, altrimenti sarebbe stato impossibile realizzarlo. E’ realizzato su quattro livelli digradanti in pendenza verso il Tevere, ciascuna a quota leggermente più bassa. Ognuno di questi livelli ha due navate tranne l’ultimo che ne ha una sola, quindi 7 navate coperte da volte a botte, realizzate in senso trasversale perché modulare e più veloce. L’edificio di questo magazzino copre 30.000 m quadrati. Completato in vent’anni, finito nel 164, anche con le rampe di collegamento col molo.

Nel corso del I secolo tutta la zona si riempie di magazzini, sia lo spazio fra il porticus e il molo sia ad est, in particolare famosi gli horrea, magazzini posseduti da privati. Si discute su un edificio a tre cortili, non tutti concordano sia un magazzino per il numero limitato di ingressi si è ipotizzato fossero alloggi per gli schiavi che lavoravano nel porto. Gli studiosi hanno visto che non era solo magazzino ma era polifunzionale: vi si svolgevano attività di vendita, uffici. Questo magazzino ha in particolare queste caratteristiche perché è di transito soltanto delle merci quindi richiede modularità dei percorsi. Molto diverso il magazzino a celle che serviva per la conservazione a lungo termine. Questo è il magazzino di tipo repubblicano, quello vicino alle zone portuali, dedicato al transito veloce. Il "testaccio" è una collina di cocci d’anfora, uno scarico selettivo: qui arrivavano le navi (le grosse arrivavano alla foce, da lì le merci erano messe in navi più piccole che potevano attraversare il Tevere) più piccole portano anfore d’olio che viene travasato in altri contenitori per essere venduto o essere trasportato via terra, era la zona in cui venivano rotte le anfore e accatastate. La mole è impressionante, per cui è organizzata con stradine all’interno, negli scavi emergono muri di contenimento fatti di anfore perché non crolli tutto giù. Insomma si è formato un colle, che ha cambiato il paesaggio anche nel Medioevo. Si sono trovate altre zone di scarico di altri prodotti: resti di pietra per esempio. Si è capito che in questa zona si poteva

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acquistare materiale edilizio. Anche le anfore rotte potevano essere riusate per i pavimenti. C’è un’economia del riuso (vuoti a perdere). Testaccium = testa, l’argilla cotta. Testa = terracotta.

I magazini più piccoli continuano a vivere anche nel porto tiberino.

Mercati traianei

Sono un progetto di Apollodoro di Damasco per il foro di Traiano, realizzato tagliando la sella che univa Capitolino e Quirinale, era opportuno terrazzare le pareti. Apollodoro pensa di terrazzare la parete del quirinale su 5 livelli inglobando strade preesistenti e creando una struttura funzionale, sfruttando l’abside della basilica Ulpia. Si realizza un sistema (in slide è visibile la sezione) su più terrazze. Si pensava che fossero dei mercati, perché è fatto di tanti ambienti modulari. L’elemento più importante è un grande salone coperto da volte a crociera accanto a cui si aprono ambienti. In realtà questo complesso, oggi sede del museo dei Fori Imperiali, si pensa non sia un mercato vero e proprio. Forse ci sono alcune botteghe con profondità di 1 m, 1m e mezzo, probabilmente era un centro con funzioni amministrative dell’economia dell’impero, funzioni di carattere commerciale. Era infatti tutto chiuso con cancelli, l’accesso era regolamentato. E’ stato oggetto di grandi discussioni, infatti una proposta era stata creare dentro i mercati traianei una delle uscite della nuova metro. Non accettato, si è infine deciso di farlo a piazza Venezia, dove negli scavi è stata scoperta l’università traianea. Siamo sicuri che non c’è stratigrafia archeologica, dunque la metro non avrebbe avuto ostacoli nello scavo e sarebbe stata attrazione.

Luoghi di culto

L’elaborazione di modelli architettonici ha il fulcro nell’edilizia sacra. Una cosa è il templum, un’altra l’aedes. L’aedes è sempre un templum, il templum non è sempre un aedes, nel senso che anche la curia è un templum. Templum, dal greco temno, significa ritagliare, era operazione sovrintesa dalla classe sacerdotale prima e poi dall’augure, dal pontifex maximus che già con i Tarquini si stacca dalla figura del re, realizzato per tutti gli spazi importanti della città. Chiaramente anche la casa della divinità deve essere costruita su un luogo purificato proiettando a terra una porzione di cielo e liberandola così dagli spiriti maligni. Questo spazio purificato diventa un templum, deve avere 4 caratteristiche:

-quadrangolare

-sollevato da terra

-orientato secondo gli assi cardinali

-avere un solo ingresso

Questo spiega l’aspetto dell’architettura sacra nel mondo etrusco-italico e non solo. Nel mondo etrusco-italico è frutto di una mescolanza di tradizioni locali e forme greche che gradualmente si inseriscono ma senza venir meno ai principi propri della mentalità locale. Il primo influsso greco è nella decisione di costruire un tempio. I luoghi di culto fino agli inizia del VII a.C. sono spazi all’aperto: si fanno sacrifici su altari, molto diffusi nel territorio è il lucus, una radura ricavata all’interno di un bosco dove penetra la Su distribución está prohibida | Descargado por Juan Carlos Blanco Girona (blancogirona@gmail.com)

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luce (lux), di solito i luoghi di culto sono in aree ricche di vegetazione disboscate per far entrare la luce (proiezione dello spazio). Il contatto col mondo greco porta alla costruzione di loghi di culto, prima la capanna, poi un luogo monumentale, poi l'aggiunta di ordine architettonico. Quindi la tradizione greca si inserisce in una ritualità autoctona, cosa che comporta un determinato assetto del tempio. Vitruvio dedica al tempio un libro.

Dalla descrizione di Vitruvio si è fatta una proposta ricostruttiva (ma abbiamo anche documentazione sia a Tarquinia sia a Roma di edifici di culto di VII secolo). Il tempio di Giove Capitolino non è orientato nord sud, ma nord ovest - sud est perché guarda la facciata dei colli albani, il messaggio politico era che veniva raccolta l’eredità di quello che era il culto di tutti i popoli laziali.

Il tempio etrusco italico è diviso in due settori, una pars antica cioè anteriore e una pars postica cioè posteriore. La pars antica è quella occupata dal vestibolo (pronao), quella postica dalla cella (o celle nel caso di più culti). Vitruvio ci dà anche le proporzioni: il tempio deve essere piuttosto largo, il rapporto perfetto è di 5 a 6 (larghezza x lunghezza), e questo tende ad assimilare il luogo al tempio augurale dove si facevano auspici. Ha un podio molto elevato con l'idea di staccarlo così da terra e dotato di una scalinata soltanto frontale che porta all’unico ingresso del tempio. L’altare rimane all’esterno o inglobato nella gradinata o prima della gradinata. Quindi diverso dal mondo greco, omogeneo su tutti i lati in cui non si capisce qual è la fronte e quale il retro, mentre nel mondo romano si. Quindi nordsud, oppure est-ovest, per motivi ideologici.

La pars antica ha poche colonne in genere in corrispondenza dei muri laterali e dei muri centrali sia che ci sia un'unica cella sia che siano tre. Quindi poche colonne che creino ampi intercolumni, perché anche il pronao poteva essere utilizzato per gli auspici (ampia visibilità). Studi recenti fanno il confronto fra la struttura base e la casa d’atrio, con una parte dell’atrio e i tre ambienti sul fondo e con la torre a camera, come se alla base vi fosse lo stesso principio costruttivo associato ai rituali di divisione dello spazio. La pars antica nella casa è quella pubblica. Anche l’assialità è riconosciuta in questi tre aspetti: tempio, casa ad atrio e tomba a camera, gli unici edifici che hanno inizialmente elaborazione architettonica, fino all’età ellenistica. I due schemi base del tempio sono:

-tempio con pronao e celle sul fondo

-tempio ad ale: i muri laterali si prolungano fino alla fronte inquadrando le colonne intorno.

Sono le due tipologie che troviamo sia a Roma sia a Tarquinia.

L’alzato del tempio (quello del tempio capitolino era in pietra) è in blocco di tufo a patire dalla fine del VII a.C. Al di sopra c’è ampio uso del legno (colonne) all’inizio, poi sarà introdotto il tufo. Le pareti sono in blocchi di tufo, domina l’opera quadrata e la copertura è in tegole e coppi già dalla metà del VII, appreso dal mondo greco. Le decorazioni sono sempre e solo in argilla, pochissime. Il frontone rimane cavo almeno fino al IV secolo. Le decorazioni sono funzionali (proteggono le testate delle travi che formano l’architettura) sono lastre con decorazione figurata dipinte, come troviamo nelle regie o nella curia, poi si decorano anche i rampanti del frontone, con animali o vegetali e poi gli acroteri, cioè ai vertici del frontone oppure sul colmo del tetto (columen) devono essere realizzate statue in argilla cotta Su distribución está prohibida | Descargado por Juan Carlos Blanco Girona (blancogirona@gmail.com)

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dipinta. Tradizione legata al mondo greco, poi a quello etrusco, poi romano. Vulca è l’artigiano etrusco che lavora sia a Veio che a Roma. In questa fase abbiamo un'eccezionale testimonianza: decorazioni del tempio ai piedi del Campidoglio verso il Tevere, complesso di due templi ad ale realizzato da Servio Tullio. Tempio demolito con la cacciata dei Tarquini e ricostruito da Camillo nei primi anni del IV, il vincitore su Veio.

27/10/15

L’aedes ha determinate caratteristiche architettoniche.

Tempio di Giove Capitolino sulla base della descrizione di Vitruvio. Egli lo descrive come modello di tempio etrusco-italico, con proporzioni ideali (rapporto di 5 a 6), una divisione in pars antica e pars postica. La pars antica occupata dal pronao, doppia fila di colonne con aplissimo intercolumno, le colonne corrispondono ai muri perimetrali delle tre celle. Potevano essere tratti auspici anche dagli intercolumni. La pars postica occupata dalle celle ha rapporto di 3 a 4 (3 la larghezza delle celle laterali, 4 della centrale). La base è su alto podio, il tempio etrusco-italico ha sovraelevazione a volte naturale (tempio capitolino di Cosa). Quando si è in zona pianeggiante si crea una costruzione artificiale in modo da innalzare l’area del tempio per un’esigenza rituale. Il tempio alla triade capitolina di Roma fu costruito nel 580 a.C., da Tarquinio Prisco, ma inaugurato solo nel 509 dopo la cacciata di Tarquinio il Superbo dai primi consoli della repubblica. Si conservano i resti della grande piattaforma basale in tufo. Questo tempio nell’82 a.C. viene distrutto (gli alzati, il podio rimane) e ricostruito in epoca sillana nel 49 a.C. da Quinto Lutazio Catulo. Fu ricostruzione che fece scalpore, in particolare perché vennero trasportate a Roma per mare le colonne dell’Olimpieion (il più grande tempio di Atene, l’unico tempio diptero mai concluso, iniziato nel VI da Pisistrato, mai concluso fino ad Adriano, grande imperatore filelleno. Era quindi abbandonato e Roma porta le colonne) di Atene, per decorare la struttura del pronao. Nel rifacimento di I secolo a.C. il tempio cambia il suo schema con un’infittimento delle colonne del pronao, ora su tre file e più ravvicinate. Cambiano infatti le proporzioni delle tre celle che si riducono di dimensioni per lasciar spazio alle colonne anche sui lati, è una tipologia chiamata periptero sine postico, con maggiore utilizzo della colonna ia infittita sia prolungata sui lati. Questa era tipologia già in uso, che avrà enorme fortuna in quanto una sintesi tra gusto ellenistico e tradizione italica, che prevede la dottrina della frontalità del tempio plasmate sui rituali che prevedevano evidentemente processioni intorno alle celle)

Un recentissimo studio ha notato che sin dall’inizio il tempio avesse avuto il periptero sino postico, ma sarebbe troppo audace anticipare questa tipologia al VI.

Invece la tipologia etrusco-italica è tipica dell’età arcaica.

Capitolium di Verona: esso rispecchia come in tutta l’urbanistica di Verona una riproduzione in miniatura di Roma, con la preenza di sicuro di maestranze italiche a Verona. Foro bipartito, con piazza separata dal tempio dalla via Postumia. Si crea una grande costruzione terrazzata coperta da un criptoportico ad U che ha funzione di sostenere il terrapieno centrale dove si innalza il podio con una Su distribución está prohibida | Descargado por Juan Carlos Blanco Girona (blancogirona@gmail.com)

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scalinata che supera il dislivello fra la strada e il tempio. E’ un periptero sine costrutto (II a.C.). Al di sopra del criptoportico si sviluppa un triportico (visibile in moltissimi fori delle città romane), un altro portico che riprende lo schema del criptoportico (triportico fa riferimento non al numero delle navate ma ai bracci del portico, quindi tre. Se fosse stato a tre navate si sarebbe detto porticus triplex).

Cosa: i muri laterali delle celle si prolungano fino a metà del pronao, della pars antica. Questo tempio si trova sull’acropoli di Cosa.

Tarquinia: i muri laterali si prolungano fino alla fronte, creando due corridoi chiamati “ad ale”. Questo tipo di tempio è documentato anche a Roma. A Tarquinia è detto “ara della regina”.

Due templi gemelli ai piedi del colle Capitolino verso il Tevere, dove partiva il vicus iugarius, costruiti da Servio Tullio, santuario alla dea Fortuna, protettrice di Servio e l’altro dedicato a Mater Matuta (madre mattina), non ne conosciamo se non resti del complesso di VI secolo, perché sopra ci sono i rifacimenti di IV. Si conserva comunque l’impianto originario con tipologia ad ale. Vi è anche un pozzo in quanto santuario oracolare.

In epoca medio-repubblicana l’influsso ellenistico porta alla diffusione della colonna anche sui lati: tempio di Giunone nel santuario (zona extra urbana) a Gabii, in Lazio, datato 150. Il tempio ha le colonne anche sul lato lungo al fianco della cella. Gli studiosi hanno ipotizzato un’evoluzione di questo tempio vedendo nel tempio periptero sine postico una forma più quadrangolare simili ai templi arcaici mentre nelle realizzazioni più tarde la cella diventa più stretta e lunga e gli intercolumni più fitti e meno spaziati. Questo santuario si colloca su una grande piattaforma, è in pendenza, si realizza grande piattaforma circondata da triportico con le celle per il culto ai lati. Sono stati ritrova ti pozzetti all’interno di cui erano alberi, infatti era trasposizione monumentale di un lucus, area sacra dentro il bosco, infatti questo è bosco sacro di Giunone, i mantiene il bosco inserito in complesso monumentale. Al di sotto c’è una cava teatroide (simile al teatro), per cerimonie. Tutto è chiuso in un unico grande recinto. Quindi un grande complesso su più terrazze.

Questa tipologia avrà molta fortuna perché buon compromesso fra modelli greci e dottrina italica. Nel II a.C. in particolare (170-80-50) è il momento della massima ellenizzazione dell’architettura romana. E’ il momento in cui si vuole trasportare a Roma modelli greci puri, è il momento degli Scipioni e della grande lotta politica tra filelleni e difensori del mos maiorum. Questo si vede benissimo anche nell’architettura. Arrivano a Roma, insieme a schiavi e bottini e opere d’arte anche artisti, architetti, artigiani, a seguito delle conquiste della Macedonia, della Grecia, della Siria, dell’Asia Minore.

Tra questi architetti Ermodoro di Salamina a cui viene attribuita la realizzazione del quadriportico che circonda i due tempi, realizzazione del Tempio di Giove Statore. Siamo nella zona del Campo Marzio meridionale, zona che si riempie di templi con le conquiste (leggi ben precise imponevano la dedica alla divinità protettrice del bottino e l’avocatio, adozione delle divinità delle città conquistate). Nel II a.C. si adottano per un breve periodo forme puramente greche: quindi il tempio periptero su basso crepidoma in marmo pentelico con colonne preferibilmente ioniche. Quindi marmo attico e tutto quanto ricordi Atene. Su distribución está prohibida | Descargado por Juan Carlos Blanco Girona (blancogirona@gmail.com)

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Realizza il proticus metelli per celebrare la vittoria di Quinto Cecilio Metello sulla Macedonia. Questo complesso è dietro al teatro marcello, ma quello che conosciamo non è il complesso metello perché sarà ristrutturato da augusto come porticus Octaviae, dedicato alla sorella ottavia e rifatto il tempio in forme non periptere (ritorno alla tradizione con Augusto). Sia il tempio di Giunone regina preesistene sia quello di Giove Stator erano con tempio periptero.

Altro tempio periptero lì vicino, trasformato poi in una chiesa che ha inglobato parte delle colonne della peristasia, anche questo era pentelico, con le stesse caratteristiche del precedneteò

Sempre nel II sec si adotta anche il tempio a tholos, uno dei più antichi esempi a Delfi, con una cella circolare circondata da peristasi circolare su basso crepidoma. Anche a Roma vengono costruite più tholoi, in particolare il Tempio di Ercole vincitore detto Olivario, situata nel Foro Boario. Quando si capì dagli scavi che era un tempio si pensò ad un tempio a Vesta, perché eisteva una costruzione circolare nel santuario di Vesta, in realtà il tempio di Vesta è riproduzione della capanna delle origini e non ha nulla a che fare coi templa, invece nell’edilizia romana non è concepibile un tempio rotondo, infatti questo è un aedes ma non templum. La scoperta della statua ad Ercole col nome di Skopas che l’ha realizzata ha fatto capire che questo tempio a tholos era dedicato ad Ercole e viene detto Olivario perché costruito da un commerciante di olio (tale Herennius), noto da iscrizioni nell’isola di Delo, dove si potevano scambiare le merci senza pagare dazi e dove si facevano i grandi mercati di schiavi e diventa luogo in cui si fanno scambi di vino ed olio. Questo personaggio arricchitosi col commercio di vino ed olio dedica le sue ricchezze a Roma con un tempio ad Ercole. Il committente di sicuro affida il levoro ad architetto greco, vuole marmo pentelico, ma con ordine corinzio. Uno dei templi meglio conservati, poi in età medievale trasformato in una chiesa.

Non è l’unica tholos di Roma, in un complesso con 4 templi. Uno di questi circolare è dedicato alla fortuna huiuce diei (di ogni giorno) in seguito alla vittoria di Lutazio Catulo sui cimbri. Prende la pianta della tholos ma la modifica in senso italico: la colloca su alto podio, fa una scalinata frontale, utilizza il tufo intonacato. Ci sono decenni in cui si riprende il modello greco ma già nella seconda metà del II si realizzano forme ibride in cui si inseriscono forme greche con mentalità romane, sia nel tholos sia nel periptero.

Si inventa lo pseudo periptero, cioè un tempio su alto podio con scalinata frontale con pronao anteriore e la cella allargata fino al limite del podio inglobando le colonne della peristasi che diventano semicolonne, è effetto ottico e non c’è più l’ambulato, tipico della Grecia ma che a Roma non serviva perché non faceva parte delle cerimonie. Un esempio è il tempio di Portunus (dio protettore del porto) sempre nel foro boario, anche questo trasformato in una chiesa. Rifatto nel II noi conosciamo questa fase.

Dal I secolo si trova il tempio a cella trasversale, si trova nel tempio di Veiove, anche in quello di Castore e Polluce. L’impressione è che non sia una vera e propria tipologia ma un adattamento a caratteristiche morfologiche (carenza di spazio, presenza di costruzioni precedenti, morfologia del luogo partiolare).

Ordini architettonici: Su distribución está prohibida | Descargado por Juan Carlos Blanco Girona (blancogirona@gmail.com)

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sappiamo che Roma è debitrice della Grecia. Nelle epoche più antiche quando si cominciano costruzioni lapidee delle colonne originariamente in legno con solo il capitello fatto in pietra, si usa l’ordine tuscanico, rielaborazione dorica. Nel momento dell’ellenizzazione il modello è Atene e domina lo ionico ma già dalla fine del II fino alla fine dominerà il corinzio con rielaborazioni: quella che unisce ionico e corinzio, oppure il corinzieggiante, con molta più fantasia nella realizzazione dei capitelli.

I templi hanno inizialmente fino al IV un frontone cavo, quindi vuoto, con decorazioni fittili limitate a proteggere le travi anche sui rampanti del frontone e la decorazione più importante è quella degli acroteri ai vertici del frontone o sul tetto. Decorazione del tempio della Fortuna di età serviana, i resti all’interno della piattaforma di II a.C. Raffigura Ercole e Atena, opera etrusca probabilmente di Vulca, artigiano etrusco. Ercole rappresenta come Teseo l’uomo che per virtù è assunto a ruoli di comando.

Dal IV inizia a diffondersi sempre in materiale fittile la decorazione frontonale all’inizio semplici statue affiancate di cui abbiamo frammenti. Abbiamo documentazione di decorazione frontonale datate II secolo sempre in materiale fittile, per esempio a Luni (ricerca di adattare l’iconografia delle sculture alla forma del frontone, Diana/Luna dà il nome al tempio), in argilla cotta. Frammenti di questi tipi di decorazione sono emersi ad Aquileia, ad Altino, a Padova, quindi nel caso delle ultime due in città venete (forse sono del I, complessi realizzati intorno agli anni 90 a.C. per commemorare la cittadinanza romana, ma alcuni sono di II secolo, si ritiene che in veneto queste elaborazioni ellenistiche vengono assunte dall’adriatico e non da roma).

Sicuramente Cesare nel forum Iulii adotta nel tempio di Venere Genitrice un nuovo modello: la cella dotata di abside, sempre in un tempio periptero sine postico. Questa pianta con cella absidata è già presente nel tempio alla somma venere nel campo marzio. Un grande innovatore quindi: piazza dominata porticata. Il tempio di Venere Genitrice non ha gradinata di accesso ma si accede attraverso scale laterali. Quando nelle provincie si trova un tempio con scale laterali è citazione del tempio del forum iulii. E’ tempio octastilo (otto colonne sulla fronte) di ordine corinzio, pictostilo (indica il rapporto tra diaetro della colonna e intercolumnio di 1 a 1 e mezzo, quindi molto fitta, crea uno schermo che non rende visibile il tempio dietro al pronao). Augusto prosegue la tradizione nel tempio di Marte Ultore adotta il periptero sine postico, insersce le colonne a ridosso della cella anche all’interno, anche lui adotta l’abside, ancor più gerarchicamente accentuato in quanto sopraelevato con degli scalini. Anche il suo era un octastilo pictostilo.

Altro modello sarà il tempio pseudo periptero, adottato da Augusto diffuso in età augustea anche nelle provincie. Per esempio il tempio di Apollo Paladino (costruito da Augusto, che stava costruendo la sua casa sul Palatino, compra lotti di case repubblicane in parte utilizzandole come fondazioni in parte demolendoli e realizza la sua domus. Nella sua casa sarebbe caduto un fulmine per cui il dio vuole una parte della sua casa per sé, per cui cambia l’orientamento e costruisce un tempio), e nel tempio di Apollo già esistente dal V, rifatto da tale Sosius nel 34 a.C., amico di Augusto, situato nel Campo Marzio meridionale. Aveva un monumentale ordine corinzio nel portico, all’interno doppio ordine di colonne in marmo policromo con fregio che rappresentava i trionfi di Augusto, oggi ammirabile nel bellissimo museo della Stazione Martini a ud di Roma. Questo tempio era museo di statue greche anche il frontone decorato con un frontone importato dalla Grecia, era famoso per le opere d’arte. Su distribución está prohibida | Descargado por Juan Carlos Blanco Girona (blancogirona@gmail.com)

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Questa tipologia avrà fortuna nelle provincie, per esempio l’Emporion di Anduia, nel foro di Nemasus, che ha pianta identica al modello del tempio di Apollo, ma la decorazione si rifà al tempio di Marte Ultore di Augusto.

A volte nelle provincie abbiamo soluzioni originali: per esempio a Pola in Istria o in Spagna (Baelo Claudia) è il tempio sul foro costituito da tre templi affiancati su un unico podio a volte con influssi tradizionali locali. Uno dei complessi più originali è quello di Brescia che rimane un mistero: ai piedi del colle Citteo doveva esserci un santuario dei Galli Cenomani. Questo complesso santuariale è stato scavato anche se ha al di sopra altra costruzione di età flavia, si sono trovate le tracce di un primo santuario di II a.C. con recinto di legno e su questo santuario viene costruito e monumentalizzato con la costruzione di quattro templi affiancati su unica grande piattaforma. Noi vedremo la cella più a sinistra, importantissima, perché conserva pitture di secondo stile, straordinariamente in quanto riempite di terra in età flavia per un altro progetto si sono conservate. Non si sa a chi siano dedicate le quattro celle: l’idea è che siano dedicati alla triade capitolina cui è affiancata la divinità indigena dei Cenopiti (?). Si pensa che sia stato costruito nel primo decennio del I a.C. in occasione della cittadinanza. Fino all’età flavia resta così. E’ su un foro un po’ più largo e stretto, secondo la tradizione antica dei fori repubblicani, in quanto sotto la basilica flavia si è trovato i resti della basilica augustea. Probabilmente ci fu un restauro in età augustea, in età flavia Vespasiano per ringraziare Brescia di aver parteggiato per lui nell’anno dei tre imperatori le dà il titolo onorifico di colonia e restaura la città realizzando questo complesso, rispettando la tradizione locale quindi sempre a tre templi distinti, dedicati alla triade capitolina. E’ esempio del tipico foro tripartito. Il tipo di tempio di questo genere si è interpretato sia come rispetto della tradizione ma anche come richiamato al templum pacis, foro di Vespasiano a Roma, diverso dai fori di Cesare e Augusto è grande giardino con ambienti sul fondo (biblioteca greca e latina) e al centro tempio dedicato alla pace.

Altra tappa innovativa è dovuta ad Adriano, lui si diverte a realizzare suoi progetti e questo farà arrabbiare Apollodoro di Damasco l’architetto di Traiano che voleva continuare la sua opera. Traiano realizza due opere:

-Pantheon: si trova nel Campo Marzio, è grande rifacimento di un pantheon già realizzato da Agrippa, si pensava che il tempio di Agrippa fosse a cella trasversale invece gli scavi hanno mostrato che anche il suo tempio era a pianta circolare, egli voleva dedicare il tempio ad Augusto, ma questi non accetta e lo dedica a tutti gli dei. Adriano lo ricostruisce, inverte la posizione dell’ingresso ma utilizza le colonne del pronao del tempio di Agrippa e rimette in opera l’iscrizione sopra l’architrave del tempio di Agrippa. E’ tempio quello di Adriano realizzato in opus caementicium e opera testacea, spessore delle murature, di fronte all’ingresso l’abside. A questa struttura con diametro 43 m si aggiunge un pronao molto tradizionale per cui l’impressione è di essere in un tempio normale. Entrando nella cella invece c’è una concezione dello spazio completamente nuova: i inserisce all’interno della cella la perfetta sfera (43 metri di altezza) E’ la più grande cupola del mondo antico a cassettoni colanti, con materiale sempre più leggero salendo lasciando un buco superiore per l’aria.

-Tempio di Venere a Roma, il più grande mai realizzato su basso crepidoma, non era semplice periptero, invece era un diptero (seconda peristasi interna), in tutto 134 colonne, 108x54 m. Mette all’interno due Su distribución está prohibida | Descargado por Juan Carlos Blanco Girona (blancogirona@gmail.com)

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celle contrapposte, una verso il foro dedicata a Roma una verso il colosso. In età severiana si modificano le celle e aggiungono due absidi. Adriano sceglie di non fare l’abside (perché esso non è greco). Adriano completa la costruzione dell’Olimpieion di Atene. Costruisce un arco monumentale vicino all’Olimpieion (“questa è la città di Adriano”).

Santuari:

è fenomeno particolare. Metà II a.C., con le grandi conquiste, arrivo di bottini e grandi finanziamenti dei privati, la conoscenza dei santuari greci porta alla realizzazione di santuari nel Lazio che monumentalizzano luoghi santi di età precedente. I modelli sono santuari ellenistici, per esempio dell’isola di Cos dedicato ad Asclepio con visioni scenografiche del paesaggio, con scalinate di accesso su vari livelli. Sulla base di questi modelli si realizzano:

-santuario di Giunone a Gabi

- Preneste, Santuario della Fortuna Primigenia, santuario oracolare, situato vicino alla città, nella collina dietro, si appoggia ad essa, realizzato su 7 terrazze, la più importante aveva due emicicli dove si trovava il pozzo delle sortes (interpretata la volontà della dea. C’erano rampe e scale (per far salire anche gli animali). L’arrivo era sulla piazza circondata da portico che culmina con una tholos con la statua della dea fortuna

- Santuario di Ercole a Tivoli lungo l’Aniene, era zona di passaggio della transumanza quindi luogo sacro. Realizzato nel 90 a.C., nella terrazza della grande costruzione viene inglobata la strada precedente, mantenuta la viabilità antica, si affacciano botteghe sui due lati. Si pensa pagamento della decima per Ercole ma anche scambi commerciali. Piattaforma con portico che inquadra il tempio di Ercole. Realizzazione di “via tecta”, via coperta, così recita l’iscrizione: perché si costruisce sulla strada.

Hanno la particolarità di avere organizzazione su terrazze (opus caementicium), con cave teatroidi, terrazza dominante con triportici

28/10/15

Gli edifici per spettacoli

Sono edifici ludici ma anche connotati politicamente ed ideologicamente. Esistono prima gli spettacoli e solo poi gli edifici che li accolgono. Nella vita romana gli spettacoli occupavano una parte fondamentale della vita. Giovenale: panem et circentes sono le uniche cose di cui ha bisogno il popolo romano (distribuzioni gratuite di grano e circo). Attraverso i calendari dove sono indicati i giorni di feste dove si tenevano i giochi conosciamo queste cose. Tra la fine della repubblica e l’inizio dell’impero i giorni dedicati ai giochi erano 77, aumentano sempre di più. Marco Aurelio cerca di limitarli, imponendo 230 giorni lavorativi. Al massimo si contano 177 giorni dedicati agli spettacoli. Questi sono uno strumento demagogico dell’imperatore per ottenere il consenso. All’inizio gli spettacoli gestiti e organizzati dalla classe sacerdotale, erano legati a festività religiose e duravano un giorno. Dall’età repubblicana Su distribución está prohibida | Descargado por Juan Carlos Blanco Girona (blancogirona@gmail.com)

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aumentano i giorni dei giochi e la gestione degli spettacoli passa a delle magistrature vere e proprie: gli edili. A partire da Augusto invece passerà ai pretori. I ludi erano Apollinares, Megalensi (Magna Mater), romani, plebei ecc..ancora di più i compleanni, gli anniversari: vengono via via create occasioni il cui scopo è propagandistico, verificare e saldare il consenso. In età repubblicana ci sono giochi finanziati dallo stato, ma soprattutto un forte intervento dei privati perché l’organizzazione dei giochi era uno dei modi migliori per costruirsi una carriera politica. Con l’imperatore passa a lui: viene meno la competizione sociale fra gentes.

Ci sono quattro tipologie di spettacolo:

-teatro: qui si raccoglieva l’eredità del mondo greco, all’inizio il teatro nasce come traduzione del teatro greco con maschere- Tito Livio: nel 364 in occasione di riti propiziatori per scongiurare una pestilenza si organizzano per la prima volta i Ludi scaenici. Il vero e proprio teatro romano nascerà nella metà del III, prima con Livio Andronico, poi con Plauto ecc…Coì iniziano a diffondersi tipologie di spettacoli diversi da quelli greci: viene tolta la maschera, le donne salgono sul palco, viene esibito mimo pantomima, con spazio alla spettacolarità e dramaticità. Nasce una produzione originale. Abbiamo moltissime scene con atori con machere greche, ma poi soprattutto in età imperiale compaiono nei rilievi donne che danzano, sono rappresentazione di mimi e pantomimi svolti nei teatri. In età repubblicana si iniziano a costruire gradinate lignee (IV-III) anche coi teatri di Plauto e Terenzio, poi si arriverà al tentativo di costruzione di un teatro alla metà del II a.C., Valerio Massimo ci informa del tentativo di costruire un teatro stabile: ma il teatro viene demolito dal senato, si impediva la costruzione di teatri stabili entro mille passi dalla città per evitare troppa raccolta di persone ed eccessiva autopropaganda delle gentes. Erano realizzati in legno per esere smantellati. Il primo teatro stabile sarà costruito solo nel 55 a.C. da Pompeo. Gli spettacoli teatrali si chiamavano ludi scaenici.

-giochi gladiatori (munera = combattimenti tra uomini, venationem = combattimenti fra uomo e animale): l’origine di questa tipologia è collegata a rituali cruenti con sacrifici umani legato a funerali di personalità importante fatte per placare gli dei Manii. Si hanno tracce di questi riti nelle tombe di Paestum, dalle fonti sappiamo che la prima volta che vengono organizzati questo tipo di combattimenti a Roma è in occasione dei funerali di Giunio Bruto Pera (nl 264 a.C.). Un po’ alla volta si perde il collegamento all’occasione funeraria e diventano giochi autonomi, esattamente come i ludi che nascono come voto per la divinità e poi diventano autonomi. Inizialmente vengono organizzati vicino (zona del Trigarium), poi nel foro fino all’età augustea. Si allestivano gradinate di legno intorno ad un recinto e si assisteva sulle gradinate, sui portici delle basiliche, sui maeniana. Il primo anfiteatro (termine coniato dal greco da Vitruvio: anfi theathron = che si può vedere stando tuttt’attorno), è costruito nel Campo Marzio da Gaio Statilio Tauro, in età di Vitruvio. Questo andrà a fuoco con l’incendio di età neroniana, così i Flavi costruiscono il nuovo anfiteatro. Sappiamo che i romani andavano pazzi per questi spettacoli molto più che per i ludi. Le fonti ci narrano che mentre stava andando in scena l’Ecira di Terenzio gli spettatori vengono a sapere che si stavano svolgendo dei munera e tutti abbandonano il teatro per correre a vedere gli spettacoli. A seconda del tipo di armatura i gladiatori avevano un nome. Mosaico della via Tuscolana: sono rappresentati i gladiatori con i nomi, infatti erano famosissimi. Raffigurazione di venationes nelle tombe campane, erano caccie rituali inizialmente. L’anfiteatro è un raddoppiamento Su distribución está prohibida | Descargado por Juan Carlos Blanco Girona (blancogirona@gmail.com)

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del teatro in realtà ellisse a due fuochi considerata la migliore planimetria possibile per consentire una visione ampia anche di più combattimenti in contemporanea.

-ludi circenses: spettacoli nel circo, erano corse di carri trainati dai cavalli, tre cavalli (trighe), quattro cavalli (quadrighe). E’ il tipo di spettacolo più antico perché documentato sin dall’antichità della storia di Roma. Il trigarium era già presente in età romulea legato a culti ctoni come quello di Proserpina, in occasione di funerali (anche nella tradizione greca). Già in età romulea si inizia ad usare la valle Smurcia, zona che si impaludava, Tarquinio Prico la bonifica e attrezza per la prima volta in modo stabile il circo che si chiamerà Massimo. Diventa zona dedicata ai ludi circenses, ma che fosse utilizzata anche prima (siamo al limite della città, è uno dei lati della fondazione romulea la spina del Circo Massimo) ce lo dicono le fonti. Ara massima Erculis nel foro Boario e ara nella valle Smurcia, luogo di culto che viene inglobato nel circo. Verrà monumentalizzato fino alla massima monumentalizzazione d’età traiana. Aveva forma ellittica con al centro la spina. Quattro le fazioni che gareggiavano ciascuna connotata da un colore: azzurra rossa bianca gialla- Quella azzurra era quella dei veneti, i cavalli veneti erano famosi, venduti anche in Grecia e a Roma. Avere rappresentazione del circo in un museo in casa aveva significato preciso in età imperiale: molte stanze per gli ospiti raffiguravano il circo visto dal Palatino (questo significava appartenere alla fazione imperiale per assistere dal Paladino).

-agones: chiamati anche certamina greca. Erano le gare atletiche acquisite dal mondo greco. Non hanno fortuna tranne che sotto Domiziano, che ne è affascinato e costruisce lo specifico edificio dove gli agones si svolgevano, cioè lo stadio, tipologia assunta dal mondo greco. Nome greco e struttura greca. Era un piccolo circo: misura di 600 piedi (180 m), questa la lunghezza della gara di corsa. Aveva forma allungata arrotondata su un lato e rettilinea sull’altro. Domiziano ne costruisce uno pubblica nel campo Marzio (piazza Navona) e un’altra nei palazzi imperiali.

Teatro

Ampia tradizione greca con cui i romani entrano in contatto già dal IV assumendo gli spettacoli ma non la tipologia monumentale. Uno dei più antichi teatri è quello di Pompei, del 200 a.C., in età sannitica. Esso aveva forma a ferro d cavallo: eredità della tradizione greca. Questo teatro di età sannitica in età sillana quando Pompei diventa colonia roana viene elaborato pur mantenendo caratteristiche ibride (conserva la forma a semicerchio). Vi erano anche teatri più piccoli (odeion greco) sono come piccoli teatri ma coperti, serviva per spettacoli musicali e recitazioni. Il teatro greco ha una cavea che esige la presenza di un pendio naturale cui appoggiarsi ( i greci non sanno costruire strutture montate: hanno bisogno della morfologia cui appoggiarsi, il versante deve essere cercato e studiato, l’orientamento è fondamentale: non bisogna avere il soli negli occhi nel pomeriggio, momento degli spettacoli. Lo spettacolo paesaggistico deve essere appagante). La cavea culminava nell’orchestra circolare dove c’era il coro, dietro di esso un edificio scenico dove recitano i protagonisti (uno, due o tre). Si accedeva all’edificio tramite due parodoi, corridoi laterali al termine della cavea, scoperti sugli ingressi ufficiali, da lì si sale i vari picchi della cavea. Il teatro romano è totalmente diverso, innovazioni tecniche e tipologie di spettacoli. Ha la sua cavea, che nel caso ci sia un pendio si sfrutta, se il pendio è parziale appoggiano il settore appoggiabile e dove non c’è il pendio costruiscono costruzioni, in aree pianeggianti fanno costruzioni. Le costruzioni sono costituite da muri radiali (disposti a raggera, così da creare vani Su distribución está prohibida | Descargado por Juan Carlos Blanco Girona (blancogirona@gmail.com)

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trapezoidali alternati da corridoi a semicerchio) in opera cementizia, coperti da volte a botte inclinate, in modo da creare un pendio artificiale, con centine di legno di calcestruzzo. Alcuni di questi ambienti sono usati come vani scala per salire nei settori della cavea. E’ uno studio progettuale a tavolino per creare un sistema di costruzioni artificiali per consentire il raggiungimento di tutti i settori. Seconda differenza è che la cavea viene strutturalmente unita all’edificio scenico che si sviluppa in tutto il diametro della cavea e accorpandosi con essa la cavea diventa perfettamente semicircolare, come anche l’orchestra. L’edificio scenico diventa edificio chiuso, anche il suo sviluppo in altezza è uguale a quello della cavea. Quindi non si vede il paesaggio, mentre quello greco era di altezza inferiore. L’orchestra è dimezzata anche perché cambia completamente la sua funzione: nelle tragedie e commedie l’orchestra diventa spazio per gli spettatori di prestigio, non esiste più il coro. Nasce quindi la platea con sedili che potevano essere tolti. L’edificio scenico diventa occasione per l’ideologia: accoglie le statue imperiali. Il palcoscenico diventa più alto rispetto all’orchestra, chiamato pulpitum in genere colorato. Gli spazi laterali diventano gallerie: aditus sotto e tribunal quelle sopra. Si conservano nel mondo orientale teatri interi anche se la loro decorazione è stata in parte spogliata.

Verona ha una parte su costruzioni e una parte appoggiata al colle con l’espediente di creare un’intercapedine per far fluire l’acqua. Altra particolarità del complesso di Verona è che sulla sommità della collina c’era un tempio: sono i santuari laziali con costruzioni e gallerie che portano al tempio. Tanti degli elemeni che non si conoscevano sono emersi grazie alla ricostruzione del 500 di Palladio.

L’edificio scenico era coperto da un tetto a spiovente. Altra invenzione romana è il sipario: davanti al pulpito, all’edificio scenico c’è una fossa con pozzetti che serviva ad accogliere il sipario fatto con pali a cannocchiale che si alzavano e si abbassavano. Altra particolarità: dietro all’edificio scenico dove c’è spazio si realizzano quadriportici, giardini usati dagli spettatori tra uno spettacolo e l’altro (porticus post scenam). Esistono teatri più piccoli (odeiod), ma ad Aosta e Torino anche il teatro grande era chiuso per esigenze climatiche. In Gallia ci sono tipologie di teatro diverse: l’orchestra è circolare, infatti sono edifici usati anche per i venatores. E’ il teatro-anfiteatro tipico del mondo italico, usato in aree con substrato celtico.

02/11/15

I teatri romani sono strutture chiuse, dall’interno non si vede più il paesaggio esterno, come nel teatro greco, il quale aveva uno studio attento, della morfologia del paesaggio, il teatro doveva essere orientato a nord per non far sì che il sole battesse sul palcoscenico durante la rappresentazione.

Orange, Francia, teatro di età augustea.

Bosra, Siria: restano settori dell’apparato decorativo che rivestiva la struttura muraria (ordine architettonico e statue sul murum pulpiti, il muretto che separava la platea dal palco). Tra le nicchie dell’edificio fronte-scena si situavano tante statue in particolare della famiglia imperiale. Dunque a partire dall’età augustea il teatro diviene l’edificio di propaganda per eccellenza e ricerca del consenso.

Merida, Spagna: si conserva l’ordine architettonico

Sabratha, Libia: ordine architettonico, si distingue per il colore d’oro. Su distribución está prohibida | Descargado por Juan Carlos Blanco Girona (blancogirona@gmail.com)

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Teatro gallo-romano: è un teatro-anfiteatro.

Anfiteatro

E’ un neologismo che compare per la prima volta in Vitruvio: dal greco anfì theomai (= vedere tutto intorno). Pianta ellittica a due fuochi con le gradinate. Diventa l’edificio specializzato per munera (combattimenti fra uomini) et venationes (combattimento fra animali).

Il primo anfiteatro realizzato a Roma risale all’età augustea. Fino all’età augustea si svolgevano nel foro. Sul foro si applicavano tribune lignee per gli spettacoli, montate in occasione degli spettacoli, strutture provvisorie che creavano una zona centrale (arena), riempita di sabbia perché assorbisse sangue di uomini e animali. Si allestivano poi gratinate con balaustre per separarsi dagli animali. Sistemi di botole con montacarichi erano sotto il palco, non coperte da sabbia per far apparire gli animali o le scene con grande effetto sorpresa. Questi giochi nascono legati ai funerari gentilizi, legati anche forse a sacrifici umani (pitture di Paestum), poi però si svincolano dalle cerimonie religiose e diventano spettacoli autonomi ben preferiti alle commedie e alle tragedie. In età augustea (già introdotto nel 55 con Pompeo il primo teatro nella zona del Campo Marzio, zona fertile di edifici), nel Campo Marzio si costruisce il primo anfiteatro stabile. Sempre valida la regola per cui nasce un edificio solo dopo che siano nate le istituzioni. La creazione di questo anfiteatro è legata a Gaio Statilio Tauro ma nel 64 d.C. andrà a fuoco con l’incendio neroniano. Di qui la necessità di ricostruirlo: Vespasiano coglierà l’occasione per costruire nella grande area ricavata dalla domus aurea il nuovo anfiteatro.

Questo si compone di asse centrale con ellisse a due fuochi. Al centro l’arena. La cavea è costituita con muri radiali coperti da volte a botte inclinate che creano in situazione di pianura un pendio artificiale su cui poggiare le gradinate (quindi venivano creati cunei di forma trapezoidale, con volta a botte. Più ci si avvicinava all'arena minori erano le volte a botte, fino a quella più vicina all'arena che ne aveva solo una, più ci si allontanava maggiore era il numero di volte a botte per creare la pendenza). Le volte a botte sono separate da gallerie anulari che servivano per la circolazione delle persone e per raggiungere i vari settori della cavea. Il corridoio anulare più esterno è composto dai pilastri impostati sui muri radiali e la volta di questo corridoio dà sull’esterno solo su una volta di pilastri. Era la zona più alta e meno prestigiosa. In genere questi pilatri non sono conservati perché queste strutture avevano una mole poderosa dal punto di vista strutturale e in epoca medievale sono stati utilizzati per farne palazzi o fortezze utilizzate dai signori locali (teatro di Marcello a Roma, arena di Padova), quindi è stata abbattuta la serie di pilastri più esterna e le arcate sono state chiuse da murature. L’arena centrale è diventata il cortile interno del palazzo. Quindi sono stati adattati. Questo ne ha garantito la conservazione. Dove questo non è avvenuto sono praticamente spariti: perché sono diventate cave di materiali (vedi il teatro di Pompeo a Roma, o il teatro di Padova, dove ora è prato della valle). Porta triumphalis: sosteneva il tribunal dove si sedevano i personaggi importanti o l’imperatore.

Esempi di anfiteatro

Arena di Verona

Tutte le gradinate dell’arena di Verona sono moderne, rifatte, mentre all’esterno la parte muraria si è conservata in quanto usata per botteghe e case. E’ il terzo anfiteatro che conserviamo dopo Roma e Pola, si conserva l’ala: quello che sopravvive dell’ultimo anello esterno. All’interno dei cunei sono stati istallati Su distribución está prohibida | Descargado por Juan Carlos Blanco Girona (blancogirona@gmail.com)

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botteghe e lupanari nel Medioevo: da questo è derivato il termine italiano fornicare, in quanto le prostitute si collocavano all'interno dei fornices del teatro.

Pola

Posto sul mare e ben visibile ai naviganti. Ha le stese caratteristiche del teatro di Verona: metà arena ha le gradinate poggiate su una collinetta, metà sulle costruzioni. Si conservano tutte le arcate: tre arcate e anche l’attico finestrato. Il modello è sempre Roma.

Anfiteatro Flavio

Realizzato come opera impressionante: realizzato in una valle tra il colle Oppio e la Velia, una zona circondata dai colli che era stata scavata ulteriormente da Nerone per creare lo stagnum Neronis, un lago artificiale usato per feste ispirato al mondo egizio. Tutta quest’aria confiscata dopo la damnatio memoriae viene colmata, sfruttato il vaso e innalzato in modo artificiale l’anfiteatro. Avviata la costruzione da Vespaiano e inaugurato da Tito. Ordine tuscanico alla base, ionico invece il secondo e il terzo ordine: sono arcate inquadrate da semicolonne. Infine il grande attico (la parte superiore) dove si aprivano finestre. All’inaugurazione furono organizzati cento giorni consecutivi di feste. Vennero poi inseriti dei pali a sostenere il velarium cioè tende che con supporti poggiavano all’interno della cavea per proteggere dal sole e dalla pioggia, realizzando spettacoli coperti. A Pompei ci sono gli annunci degli spettacoli e c’è scritto da chi sono stati finanziati e anche “vela erunt”, cioè spettacolo coperto. Una parte dei marinai della flotta militare di Miseno viene stanziata vicino al Colosseo e avevano la funzione, in quanto esperti di vela, di manovrare il velarium. Gallerie anulari coperte da volte a botte su più livelli man mano che ci si allontana dall’arena. Lima cavea, media cavea, summa cavea: così si chiamavano i vari settori salendo dal basso verso l'alto. Lo spazio dello stagnum Neronis viene sfruttato per creare sotterranei sotto l’arena: tutta la zona dell’arena è occupata da sotterranei che servivano per gabbie di animali, scenografie innalzate con carrucole e montacarichi. Si è discusso sol coprire i percorsi sotterranei e rendere quella zona visitabile.

Anfiteatro di Pozzuoli

La sperimentazione comincia prima di Roma e in area campana: il primo anfiteatro è quello di Pompei dell’80. Viene scavato l’invaso e quello che viene tolto accumulato di lato creando una collina artificiale per le gradinate: non ha entrate al livello dell’arena ma si accede dall’esterno con gradinate appoggiate all’interno della cavea, si accede quindi dall’alto e poi si scende nei vari settori della cavea. Ha gallerie anulari sotto l’arena, con grandi pozzi per far salire le scene ed una fossa centrale.

Anfiteatro di Italica

Ha un sotterraneo a forma di croce: c’era un tavolato ligneo coperto di sabbia che lo copriva.

Gli spettacoli dei gladiatori avranno successo fino all’epoca tardoantica: finiranno con il divieto di Costantino nel corso del IV secolo (vietati munera e venationes). Gli altri imperatori pagani li ripristineranno ma verranno nuovamente cancellati in conseguenza delle scelte religiose di ciascun imperatore. In molti anfiteatri verranno martirizzati i cristiani, è per questo che un’altra trasformazione che a volte subiscono gli anfiteatri è la costruzione di chiese martiriali al centro dell’arena o delle gradinate per ricordare il martirio di cristiani.

Circo Su distribución está prohibida | Descargado por Juan Carlos Blanco Girona (blancogirona@gmail.com)

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Corse con i carri trascinati da quadrighe: si sfrutta la vallis Smurcia sin dall’età regia, coi Tarquini chiamato Circo Massimo, poi progressivamente monumentalizzato da Augusto, Nerone e Traiano. Ha forma allungata con estremità curvilinea e parte quasi rettilinea dove si pongono i carceres, celle da cui partivano i cavalli. Al centro la spina, all’estremità le due mete: attorno alla spina giravano i cavalli. Alle due estremità si trovavano da un lato 7 uova in pietra e dall’altro 7 delfini. Questi elementi venivano da una parte fatti salire e dall’altra scendere e indicavano i giri compiuti (i delfini) e quelli da compiere (uova). I circhi nel mondo romano non saranno tantissimi: soprattutto in sedi imperiali o nelle grandi città (Aquileia). Per esempio nella riforma tetrarchica si costruiscono nelle varie diocesi (Milano, Aquileia, Istambul, Antiochia). Questi circhi vengono costruiti in età tardoantica molto collegati ai palazzi imperiali (Tarragona). I palazzi imperiali costruiti sul versante meridionale del Palatino furono collegati al circo al livello visivo, già con Augusto si crea legame tra palazzo imperiale e circo. L’imperatore si mostrava al pubblico nel circo ed era l’epifania attesa dell’imperatore. Anche Massenzio che costruisce il suo palazzo lungo la via Appia aveva un circo lì.

Il pulvinar è la tribuna dove si sedeva l’imperatore, egli poteva vedere gli spettacoli anche dal Palatino, aveva un maeniano, conservato nel palazzo di età Flavia, che probabilmente esisteva già nella domus di Augusta, molto vicino al circo.

Nella pianificazione di una colonia romana anfiteatro e circo sono realizzati in aree periferiche sia per l’impatto del cantiere sia per garantire la fruizione anche all’esterno del centro urbano. Presenza di domus sotto il teatro ad Aosta: evidentemente quest’area è stata progettata all’ultimo minuto. Torino.

Vicenza: la lunga continuità di utilizzo di queste strutture ha fortemente condizionato la costruzione urbanistica in epoca medievale e moderna. Tutti i cunei sono stati utilizzati, questo ha condizionato la viabilità

Lucca: sono state distrutte le case all’interno della piazza per recuperare la forma dell’anfiteatro.

Padova: arena. Il corridoio più esterno è sotto la strada. La cappella degli Scrovegni ha la sua facciata sull’arena: disegno seicentesco del palazzo della famiglia che acquisisce la proprietà dell’arena e ne fa la propria residenza utilizzando l’arena come cortile e le arcate tamponate. Immagine del palazzo: la facciata curvilinea sfrutta il limite esterno dell’anfiteatro.

Stadio

I graeca certamina o agones non hanno a Roma grande fortuna, soprattutto Domiziano ne avrà la passione e realizzerà due stadi: uno per il pubblico nel campo Marzio e uno nel suo palazzo imperiale. Ha la struttura di un piccolo circo ma ha la lunghezza di 180 m con gradinate attorno e ai lati, con i blocchi di partenza per le diverse gare. Aveva porta monumentale d’ingresso. Piazza Navona nella ricostruzione di Bernini corrisponde esattamente alla misura dello stadio.

In epoca tarda si sviluppano le naumachie (battaglie navali): quindi nei teatri si hanno interventi in cui si vedono le condutture d’acqua e l’orchestra poteva diventare vasca per gli spettacoli acquatici. Lo sappiamo sia dalle fonti sia dalla documentazione archeologica per cui si creano cisterne.

Acquedotti Su distribución está prohibida | Descargado por Juan Carlos Blanco Girona (blancogirona@gmail.com)

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L’architettura romana e l’ingegneria dell’acqua viene sviluppata da Roma raccogliendo la tradizione etrusca. “I romani posero cura in tre cose dai greci neglette: nell’aprire le strade, costruire acquedotti e disporre nel sottosuolo le cloache” (Strabone, un greco che riconosce nell’ingegneria dell’acqua una peculiarità romana che li distingue dai greci, che avevano realizzato opere d’acqua anche importanti ma occasionali, di cui non usufruiscono normalmente gli abitanti). Anche le terme sono sviluppate molto di più.

Sistema degli acquedotti. Li cura un curator acquarum che si occupa della gestione degli acquedotti, sistema estremamente moderno. L’acquedoto romano si compone di:

-caput acquae: sorgente, bisognava conoscere il territorio e andare a cercare le sorgenti più vicine, che voleva dire anche 50 km

-specus: conduttura

-castellum acquae: punto di arrivo, spesso vicino alle mura

Il principio fondamentale è che tra il capum acquae e il castellum acquae l’acqua deve correre con una pendenza costante, prima di tutto deve esserci una pendenza per poterla far scorrere, non sanno spingere artificialmente l’acqua se non sfruttando la pendenza: fanno uno studio di quote molto preciso fra il caput acquae e il castellum che deve essere progettato sin dall’inizio. L’acquedotto sarà poi realizzato in cunicolo oppure su arcate in relazione al territorio da attraversare e del dislivello che si deve dare all’acqua. Quindi non si sceglie ma è il terreno o la morfologia che determinano se è fatto a cunicolo o ad arcate. Le fonti dicono che è meglio farle in cunicolo perché anche se è più lunga la lavorazione, si conserva più a lungo. In ogni caso di fatto è la morfologia che decide.

Le arcate che spesso si vedono sostenevano lo specus alla quota necessaria. Il percorso deve avere un determinato andamento. Come si fa? Naturalmente prima il percorso va disegnato in superficie e poi proiettato nel sottosuolo. Il principio è “traguardare”, si decide qual è l’andamento corretto con strumenti elementari. Qualche volta facevano errori ma comunque avevano una straordinaria precisione. Si scavavano, una volta deciso l’andamento dei pozzi verticali alla quota stabilita, dei pozzetti che servivano sia per tirare fuori la terra sia come pozzetti di areazione. Si scavavano i pozzetti disponendo squadre in direzione opposta in modo da incontrarsi. A volte si vede l’errore. Capivano e modificavano il percorso. I pozzetti detti lumina venivano lasciati per manutenzione e areazione. Il caput acquae presentava una lunga vasca in cui si raccoglieva l’acqua.

Lo specus aveva a volte anche l’altezza di un uomo. A seconda del tipo di terreno doveva avere caratteristiche diverse. Il terreno più franabile doveva avere ben precisi muri di contenimento. Se la profondità non era eccessiva si preferiva fare la trincea e poi costruire la volta a botte, se la profondità era elevata si cavavano i pozzetti e poi si prosegue con lo scavo del tunnel (cosa più pericolosa). Quando il tufo è compatto si lascia il condotto in nuda roccia e si riveste solo la parte inferiore in modo da lasciare l’acqua pulita. Invece se il terreno non è compatto si riveste. La pendenza va mantenuta costruendo arcate che spesso sono ponti acquedotto in cui è affiancata una strada allo specus. Straordinarie opere dei ponti acquedotto il cui numero di arcate e l’altezza è unicamente dettata dalle esigenze, sopravvivono in Italia e in Gallia. Le arcate sono in opus caementicium con paramento in opera quadrata, erano estremamente coscienti della monumentalità di queste opere. Su distribución está prohibida | Descargado por Juan Carlos Blanco Girona (blancogirona@gmail.com)

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Il castellum acquae: un sistema di griglie serviva a filtrare, poi c’erano vasche di decantazione per pulire il più possibile l’acqua. Da qui le fistule, i condotti di uscita. Perfettamente conservato il castellum acquae di Pompei. Dalla vasca di decantazione di Pompei partono tre canali (fonti e reperti archeologiche). Al centro la fistula più importante, quella che porta l’acqua a tutte le fontane (lacus et saliente), un’altra fistula che porta l’acqua alle terme, un’altra al privato, ma con una regola precisa: l’acqua al privato arriva solo se c'era nelle fontane pubbliche (Vitruvio).

C’erano anche fontane monumentale che in età imperiali diventano sfoggio per l’imperatore, per esempio a Roma il Nimpheum Alexandri, ma anche la grande facciata a nicchie ben visibile sulla via Appia di Settimio Severo. Erano dette "ninfee" fontane monumentali, oggi dette mostre d’acqua: da esse non si attingeva.

Il primo acquedotto a Roma è quello di Appio Claudio Cieco nel 312, l’acqua Appia. In età repubblicana si costruiscono varie acquae: Appia, Vetus, Marcia, Tepula arrivano dalla zona orientale dell’Aniene. Non vanno ad alimentare le residenze prestigiose ma la zona del foro Boario, quella dell’Emporium, la zona commerciale, la zona plebea (artigianale).

In età augustea: Iulia, Virgo, che va ad alimentare le prime terme di Roma create da Agrippa, Alsietina

In età imperiale: Claudia e Novus (di Claudio entrambi), Traiana, Alexandrina (vanno ad alimentare le grandi terme, di Caracalla).

Arrivava a Roma una quantità d’acqua pazzesca, si è calcolato che la quantità d’acqua che arrivava a Roma in età imperiale era maggiore di quella del 1970.

L’ordine gerarchico di distribuzione dell'acqua era: fontane, terme, case private.

Frontino (I d.C.), curator acquarum di età domizianea scrive il De acquis urbis Romae. Ci parla dell’amministrazione e della legislazione dell’acquedotto.

Distribuzione capillare di fontane a Pompei dall’età augustea quando si realizza il primo acquedotto di Pompei. Sono fontane molto semplici: foro per lo svuotamento e la pulizia delle vasche fatta con regolarità e anche il foro del troppo pieno con dei solchi per farla scorrere lungo la strada.

Ninfeo di Mileto: opera di propaganda dell’imperatore.

Il ninfeo era di tipo o curvilineo o rettilineo, la decorazione era come quella dei fronte-scena teatrali.

03/11/15

Acquedotti e modo di approvvigionamento per roma, fontane e capillare distribuzione nella fitta ma anche occasione di sfoggio e propaganda da parte dell'imperatore, da asia minore ma anche a roma septizodium termine che riguarda lo zodiaco e riferimenti astrali, doppia tipologia curvilinea e rettilinea con altro esempio di applicazione dell'ordine architettonico non con funzioni strutturali come nel mondo greco ma anche con funzione decorativa negli archi, frontescena teatrali e nelle strutture per arte è interpretazione romana dell'ordine architettonico greco.

altro capitolo fondamentale della monumentalizzazione romana e dello stile di vita, va guardato anche dal punto di vista dei fruitori.

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Le terme

Ancora una volta il mondo ellenistico è l'ispiratore. Esiste già idea di (trovate vasche bellissime in terracotta in case ellenistiche, sia in magna grecia sia in sicilia e macedonia) di un bagno privato all'interno delle case e poi anche soluzioni tecniche che precedono la soluzione romana dell'ipocausto, cioè soluzione di costruire bagni ellenistiche nelle case vicino alle cucine per sfruttare fonte di calore e poi trovata una canaletta per l'acqua e per l'aria calda (vero antecedente dell'ipocausto), vero antecedente perl'ipocausto, intuizione dell'aria riscaldata per riscaldare ambiente ha già precedente in età ellenistica come idea di una stanza per bagno privato in casa. si parla di bagno di tipo igienico, per la cura della persona come le nostre vasche da bagno che hanno origine almeno in età ellenistica poi evoluzione in età romana continua, nella villa romana a sperlonga. esiste altro tipo di struttura più aperta al pubblico non di carattere privato: luoghi dove si andava a utilizzare in vario modo l'acqua termale naturale, che è naturalmente calda (esempi qui a montegrotto, in austria in germania in slovenia in frncia e a bath inghilterra ci sono sorgenti termali e usate anche in età preromana come luoghi santuari e luoghi di culto dedicati a divinità cetonie per qualità sanguifere dell'acqua, e acqua utilizzata per motivi santiferi) poi da qui si impianta il grande sfruttamento termale romano con vasche e grandi canalizzazioni per raffreddare, vasche per raccolta dell'acqua per cura di animali e uomini (come mostra tradizione medievale e ex voto di età romana e preromana) e di condotti per raffreddare. sviluppati anche grandi complessi pubblici per usare quest'acqua naturalmente calda che dev'essere anche raffreddata talvolta. uno dei grandi fenomeni di età romana. traendo ispirazione da questi luoghi che hanno a disposizione acqua calda, i romani inventano il sistema dell'ipocausto. in lazio campania, campii flegrei e terme di nerone, luoghi dove l'aria anche calda poteva ed era sfruttata da i romani, poi intuizione di realizzare nuovi luoghi dove creare ambienti caldi dove non c'è acqua calda e da qui invenzione dell'ipocausto. ipocausto è sistema molto semplice struttura detta praefurnium che prevede accensione id un fuoco come fornace per cottura di ceramica o terracotta che rimane esterno all'ambiente come se fosse acceso nel canale di una fornace, la presenza di intercapedini dove circola aria e non acqua calda, tendenza dell'aria calda a salire verso l'alto fa si che riscaldino il pavimento e poi attraverso comignoli perimetrali che portano fuori acqua calda, sistema di circolazione e sfruttando proprietà dell'aria calda vengono creati ambienti a pavimenti e pareti riscaldate attraverso un sistema di tubuli (mattoni a sezione rettangolare cave all'interno che venivano applicati in filari verticali alle pareti e legati alle intercapedini come se fossero tanti camini che fanno uscire aria calda): tutto ambiente diventa sauna. altro sistema per far circolare aria calda nelle pareti e sono le tegole manate, tegole con sporgenze applicate a pareti con malta e aria può circolare ugualmente. tutto questo comlpesso sistema completamente nascost alla vista dei fruitori perché pavimenti e pareti rivestiti di mosaici,soprattutto pavimentali e intonaco affrescato alle pareti e stucchi nelle coperture a volta e a botte. in particolare un tipo di decorazione a elementi a semicerchio, come fossero strigili un po' concavi perché le gocce d'acqua potevano cadere lateralmente e non in testa al centro dell'ambiente. per creare intercapedine una serie di pilastrini che in genere sono in mattoni o tufo a seconda della disposizione del materiale, dette pilae. su queste pile poggia il pavimento in genere in lastre di mattoni rivestite in malta e poi decorazione: pavimento che si chiama suspensura, non i pilastrini cheinvece si chiamano pilae. ovvero ciò che dev'essere sospeso. all'interno di queste intercapedini soprattuto in ambienti absidati potevano essere create delle piscine in ambiente facilmente riscaldabile sempre con stesso sistema. nel dettaglio praefurnio dove si accende il fuoco e attraverso i tubuli scalda ambiente e anche la piscina. tutto questo complesso si chiama ipocausto e cioè scaldato sotto, lo stesso principio del pavimento riscaldato nostro a differenza del fatto che da noi circola con acqua calda non aria. fistole di piombo sotto i pavimenti riscaldano ambiente perché riscaldati a loro volta. non tutti i pilastrini sono ambiente termale con sspensure, sono pavimenti con suspensure ma con funzioni diverse, per esempio ad aquileia dove in epoca tardo antica il problema idrologico dell'innalzamento della falda crea necessità di innalzare il Su distribución está prohibida | Descargado por Juan Carlos Blanco Girona (blancogirona@gmail.com)

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piano pavimentale e appoggiati pilastrini sopra i mosaici e pavimenti, per creare intercapedini ma di tipo idraulico per problemi di umidità di risalita, non c'entra nulla con ambienti riscaldati. oppure in numerosi ambienti rustici, come domus rusticane ville e fattorie, ci sono ambienti con pilastrini che devono sostenere sostegni lignei, magazzini per derrate con suspense e pilastrini: intercapedini di bonifica da umidità e conserva di derrate ma che non hanno nulla a che fare con le terme. va capito il contesto. in questi grandi ambienti si sviluppano le più antiche terme: le più antiche si pensava fossero nella pompei sannitica del 2 secolo ac(dove si sperimenta tutto teatro misto greco romano, semitetro, opus caementicium con pozzolana e ambienti anche a volta o a cupola, con opus caementicium) e tra le prime realizzazioni di opus caementicium per la copertura dell'ambiente termale c'è la copertura a cupola per la sua efficacia nel riscaldamento dell'ambiente. scavi recenti che stanno facendo a fregellae, colonia latina con ambiente termale della città del 3 secolo ac, appena prima delle terme di pompei dove sembra già essere presente un ambiente termale di riscaldamento. momento della sperimentazione del sistema di riscaldamento risale a fine 3 inizio 2 secolo ac. il sistema delle terme come edificio termale ha tutta una sua evoluzione: per esempio nella fase iniziale, le prime terme che sono documentate a pompei (lungo la porta per andare verso stabia, dette infatti terme stabianae) hanno assetto che viene detto di tipo lineare, a volte detto anche repubblicano o pompeiano, cioè costituiti da una serie di ambienti accostati, il fruitore passava così da ambiente all'altro secondo entrava e tornava indietro secondo un percorso ben preciso che va sempre dal freddo al caldo e dal caldo al freddo. commessi termali dotati di due sezioni, per uomini e donne, ognuno ha sezione specifica, con parte di servizi anche per entrambi i settori. c'è accesso da esterno, il primo ambiente è lo spogliatoio apodyterium ambiente rettangolare con nicchie alle pareti per appoggiare vestutui e panchine per sedersi, dall'apodyterium si passa a primo ambiente riscaldato che è tetydarium e poi da qui si passa a ambiente più caldo che è calidarium (a volte con abside), direttamente collegato al praefurnium, intercapedini per riscaldamento sia sotto il pavimento e sia sulle pareti, mentre per tetydarium l'intercapedine è solo sul pavimento. speculare l'organizzazione per le donne, praefurnium acceso anche per calidarium femminile che però non ha abside. entrambi i calidarium hanno vasca circolare, di acqua fredda detto labrum per raffreddarsi. ingresso autonomo a sezione femminile. la particolarità delle terme romane è uqlleo di associare questo sistema di ambienti gradualmente riscaldati ad altro elemento greco, e cioè al ginnasio: giardino porticato dove si svolgevano esercizi fisici quindi è creazione originale che attinge dal mondo greco reinterpretando e creando qualcosa di nuovo. la salute del corpo sia come esercizio ginnico sia come esposizione al calore. sempre sono presenti insieme al complesso termale anche zone di latrinae comuni, di bagni comuni. modello delle terme stabiane di pompei di ultima fase, alla quale si arriva attraverso due fasi intermedie (una di 2 secolo ac e una tra fine primo secolo ac età augusta e primo secolo dc): novità introdotte tendenzialmente in età augusta. impianti originari di 2 secolo sono questi semplici di apodyterium, tetydarium e calidarium con palestra/ ginnasio che i romani usano. in età austera fine 1 secolo ac vengon elaborati nuovi percorsi per terme con aggiunta di altri ambienti, come questo ambiente circolare che è laconicum, altro ambiente riscaldato che è sauna con nicchie alle pareti. ma laconicum che verrà trasformato in altro ambiente che è il frigidairum, inserito all'inizio del percorso ambiente non riscaldato dopo l'apodyterium, elemento in più aggiunto. elemento che dopo l'età augustea sarà sempre presente, e poi ci sarà anche il vero e proprio laconicum, ambiente circolare molto riscaldato . poi anche in età augustea realizzata una vasca all'esterno comune, la natati o. anche nel frigidarium a volte ci sono piccole vasche a immersione di acqua fredda così come nel tetydarium ci sono vasche a immersione di acqua tiepida, collegate al giardino o ginnasio. si arricchisce ancora in età augstea rimane assetto lineare con percorso di andata e ritorno, non è un caso che è proprio con augusto queste innovazioni e il genero agrippa che sono introdotte le prime terme a roma, prima considerate tipo di attività poco adatte al cittadino romano a roma doveva essere più sobrio lo stile di vita. ci sono polemiche che traspaionooanche sulle fonti letterarie. a pompei, documenti archeologici più straordinari per conservazione: apodyterium con nicchie per oggetti personali, poi calidarium con Su distribución está prohibida | Descargado por Juan Carlos Blanco Girona 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sistema di riscaldamento a pavento e pareti poi motivo di copertura a colta a botte rivestita con lo stucco con motivo di striginatura, viene detta così perché a fasce parallele concave non casuale ma per far scorrere gocce di vapore lateralmente. sul fondo abside con labrum dove veniva versata acqua fredda per irnfrescaris. altro esempio di frigidarium introddotto da area campana dove è circolare ma a volte anche rettangolare e plinio nelle naturalis historia ricorda che il re giubba e il fratello musa "è lui che da questo medico musa medico di augusto viene introdotto l'usanza di immersione prima in aqua fredda e poi acqua calda, spiegando così introduzione successiva del frigidarium", eccezionale convergerza del dato archeologico con dato storico-letterario. esempio di terme vicine all'area del foro a pompei, alcune di secondo secolo ac, hanno impianto più complesso ( nelle piante il simbolo con quattro quadratini è per indicare ambiente riscaldato per intercapedini, mentre per funzione ambienti si utilizza l'iniziale della stanza). altri esempi di terme centrali a pompei, terzo grand rimpianto termale di pompei dopo il restauro del 62 dc. latrina, grande palestra, ingresso, apodyterium, frigidarium, tetydarium, sudario e calidarium, e due praefurnia anche con due ambienti laterali per deposito di tutto il amterile necessario. percorso lineare anche rettilineo, di solito si trova a una sola sezione, no due sezioni maschile e femminile, quindi vuol dire che poteva essere usato ad orari diversi. grande novità degli impianti termali è con nerone, grande sperimentatore dell'architettura, è il orino a inserire nelle terme percorsi di tipo circolare e a dare aspetto assiele e simmetrico che non verrà più abbandonato, sviluppato poi anche più tardi da tutti imperatori e oltre (terme di praga e budapest del 1800 impostate a questo sistema di epoca neroniana). a roma ci sono molte terme conservate: le prime terme sono di agrippa in campo marzio, realizzato acquedotto dell'acqua virgo per alimentare la piscina dello stagnum agrippae delle terme di agrippa di campo marzio. sono parzialmente note ma da quello che si vede vengono interpretate ancora secondo schema rettilineo lineare di impostazione repubblicana. in parte quello che è conservato con ambiente circolare, grande piscina e parallelo ai septa della zona di campo marzio e quindi orientato nord sud anche con altri edifici. nerone poi fa due grandi impianti termali, due complessi uno in campo marzio pubblico e uno nella sua domus aurea per lui e suoi ospiti: impianto rigoroso e compatto con schema assiale e simmetrico, composto di due sezioni per uomini e per le donne ma sezioni sono solo parziali con due ingressi uno a est e uno a ovest e apodyteria distinti ma da qui si passa a asse centrale dove c'è il vero ambiente termale che è comune il che vuol dire che dev'essere usato a orari diversi. fulcro dell'impianto, grande frigidarium è fulcro entrale con quattro vasche di immersine all'interno dell'ambiente. poi verso sud si comincia il percorso riscaldato con passaggio al tetydarium e poi al calidarium, che è sempre aggettante rispetto all'edificio portante e aggettante verso sud, per sfruttare calore del sole con finestre a vetro attraverso cui si apre l'abside, che è tutto finestrato poi due palestre, maschile e femminile. verso nord che è zona più fredda c'è la natati o e ai lati le due palestre, una maschile runa femminile. schema di un rigore. settori speculari e poi percorso termale vero e prorpio è al centro ed è comune.

le terme di tito, sono secondo la politica dei flavi, sono quelle di nerone della domus aurea restituite al pubblico e trasformate in impianto pubblico. secondo impianto termale realizzato da nerone associate poi al nome di tito, quando poi verrà smembrata la domus aurea, principio è lo stesso ma posizione molto scenografica nelle colline (sfruttata la morfologia con grande scalinata). parte del calidarium sempre aggettante verso sud, calidari, tetydaria, frigidaria e sudatio. a fianco dell'oppio a nord di roma, per sfruttare il dislivello c'è scalinata. sono moltissimi gli schemi di percorso, visti nei grandi complessi di roma e province soprattutto documentati ma tendenzialmente c'è percorso che va in parte anche indietro in modo linearema ci sono anche percorsi di uscita circolare, quello che cambia è l'impstazoine assiale e simmetrica del complesso. traiano costruisce grande impianto termale sfruttando come sostruzione uno dei padiglioni della domus aurea quella del colle oppio a nord di roma che si affacciava verso sud verso lo stagnum nerone dove c'è anfiteatro. proprio pe costruire grandioso comlpesso viene riempito di terra questo padiglione e non distrutto come il resto della domus aurea, ecco perché conservato benissimo a livello archeologico rispetto al resto della domus aurea, perché usato come Su distribución está prohibida | Descargado por Juan Carlos Blanco Girona (blancogirona@gmail.com)

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sostruzione. il modello è sempre quello ma quello che si arricchisce è la cornice all'interno della quale si insreicosno lil nucleo delle terme, entro grandiosi giardini recintati all'interno dei quali realizzati una serie di altri ambienti ed è quello che cambia la funzione di questi spazi e e l'originaria la realizzazione di altri ambienti, diventano non solo luogo che rigenera il corpo ma anche luogo intellettuale e culturale. biblioteca greca e latina, due ninfei e giardini: cambia lo stile di vita, con attività balneari, fisica e intellettuale e grande funzione sociale. perimetro esterno è, 330x315, il più compesso dal punto di vista ingegneristico sono le grandi terme costruite da caracalla a sud est di roma lungo la via appia, anche qui c'è bisogno di acqua per alimentare le terme. complesso gigantesco costruito e inaugurato nel 216 ac con superficie superiore a 210 mq, acqua viene da sorgente antoniana, cantiere lunghissimo e organizzato su quattro piani. quattro piani due sotterrati e due a piano terra. realizzati a piano terra, il più profondo livello che diventerà sotterraneo secondo livello e poi si porta a esterno terra in modo da trasformarli in ambienti sotterranei con aggiunta ai lati di terra. ambienti solo di servizio per circolazione di carri, per far arrviare e depositare legna, arrivo di schivi, città sotterranea che vive in funzione delle terme. (con 50 praedurnia e altri dati che descrivono i servizi nelle slides). grandiose opere di propaganda politica, con impianto uguale alle altre terme ma il complesso con recinto di giardini terme biblioteche e complesso impressionante. alcune delle gallerie di sevizio larghe circa 6 metri, percorsi sotterranei a volte anche a doppia circolazione per la circolazione dei carri.alcune opere sparse per roma come vasca di granito la sappiamo ricollocare alle terme di caracalla anche e solo per la decorazione. gli altri imperatori non possono essere da meno quindi anche diocleizano realizza grand ecomlesso termale, in una zona attualmente vicina alla stazione termini (esedra è recinto delle terme di diocleziano). settore è sede della sovrintendenza archeologica, aperto al pubblico settori prima non visibili perché magazzini. frigidarium delle terme di diocleziano, che è stato trasformato da michelangelo nella chiesa di santa maria degli angeli, struttura e copertura dell'età di diocleziano mentre decorazione è del 500. rende l'odea degli spazi e delle volumetrie, volte a crociera tutte originarie poi decorazioni tutte successive. da qui poi si vedono molti ambienti tipici, anche nella zona dell aizza davanti alla chiesa si vedono i muri di recinzione rimasti. anche costatnino costruisce le terme, iniziate da massenzio, quando prende potere nel 305 dc realizza comlpesso termale. rande doppia esedra ma principio rimane lo stesso, così come realizzati con grande fantasia realizzate anche a cartagine e altrove grandi commessi termali o residenze dell'imperatore. anche le ville private si dotano di radiosi complesi termali, cartagine treviri di diversa fantasia. si diffondono poi piccoli commessi termali privati e percorso convenzionale delle terme pubbliche, per esempio nella zona del criptoportico di pompei c'è complesso termale, privato in città segno di altissimo livello sociale e prestigio, lo schema è quello paratattico. grandi ville anche fuori roma hanno grandi complessi termali, aspetto molto importante per capire la società romana sia dal punto di vista tecnico sia dal punto di vista culturale e di stile di vita, culturale si usano elementi del mondo greco ma reinterpretandoli in maniera originale. bisogna essere molto cauti nel individuare in ambito archeologico un complesso termale perché devono esserci le fistule di passaggio dell'aria calda/fredda tipiche delle terme e che non siano solo elementi solo per il sostenimento.

chiusa la trattazione di opere ed edifici pubblici.

ora la sfera privata è analizzabile dal punto di vista della residenza urbana detta domus in latino, città dei vivi, residenza fuori dalla città che è la villa e poi la città dei morti che è l'ambito funerario.

La domus

Attenzione degli studiosi per edilizia privata avviene dopo la ricerca per edilizia pubblica anche per ovvi motivi di conservazione di monumentalità di strutture, interesse per domus private c'è stato in qualche raro caso. è difficile definire privati edifici come palazzi imperiali, ma fanno parte di quella sfera tra pubblico e privato, ma dagli anni 80 dell'ultimo secolo c'è grande incremento nello studio e di approcci

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innovativi dell'edilizia privata. a seguito di approccio molto più complesso (studio in cui anche gli inglesi sono stati fondamentali). in cui lettura di planimetrie e decorazioni che per prime attraggono interesse senza approccio globale al contesto. lette attraverso sistema di fonti che è rivoluzione avvenuta in tutta l'archeologia che apre interesse a settori anche per edilizia privata. eccetto il caso di studio di pompei, tanto impressionante che talvolta ha sfalsato la ricostruzione archeologica e storica che non c'era ricerca scientifica e tuttora pompei è città meno conosciuta da quel punto di vista. si creano così anche i grandi errori, si pensava che la domus avesse origine a pompei, invece le più antiche case ad atrio a pompei risalgono al 2 secolo ac. ancora associando scavi startigrafici a roma e città dell'Etruria e pompei e lettura delle fonti letterarie, scavi con analisi non solo stratigrafica per individuare evoluzione planimetrica ma con altri fattori che comprendono distribuzione dei materiali quanto pompei è stata svuotata dai lapilli dell'eruzione. recuperando tutti i dati d'archivio del momento in cui pompei è stata svuotata per portare alla luce molti complessi, quello che è stato trovato dal 1700 è stato studiato solo in minima parte. si è capito utilizzo della casa e ambienti circostanti, ricontestualizzazione. questo fa capire significato della planimetria dello schema della casa ad atrio, casa più tipica a roma, con discussioni tutt'ora in corso. altro elemento fondamentale è stato quello del collegamento del rapporto tra edilizia privata e mondo funerario con urne a capanna e tombe a tumulo di cerveteri. per cui gimabattista de rossi che ha ricostruito come si possa collegare questi due ambienti tra mondo dei vivi e mondo dei morti. si parla sempre di livelli più alti della società. quello che è importante è che evoluzione della casa viene adeguata ai cambiamenti della società, prima dell'età romulea c'è società abbastanza egualitaria anche se ci sonno aristocrazie, poi a partire dall'8 secolo la città inizia ad articolarsi nascono delle vere e proprie classi e lo si vede anche dalle sepolture, più articolata in corrispondenza della nascita della città. strumento fondamentale delle aristocrazie per conservare e imporre il proprio potere è l'esaltazione e celebrazione della memoria dei proprio antichi e antenati, memoria aristocratica come fonte e sorgente di potere che diventa strumento importantissimo con pater familias e nascita dei patrizi che sono coloro che potevano patres citare e cioè citare antenati, la casa è la sede dove ostentare l'antichità della famiglia e culto antenati come forma di mantenimento e conservazione del potere. secondo elemento fondamentale è rapporto tra patronus e clientes, cioè associazione alla propria gens del numero maggiore possibile di mebri non consanguinei liberi ma dipendenti dal punto di vista economico che garantiscno il consenso oltre che difesa personale, per consolidare l'istituzione del clientelismo sono necessari anche determinati rituali che si sviluppano all'interno della casa e non si può capire la casa gentilizia romana senza tener uniti e tener presenti questi due aspetti: culto antenati e istituzione della clientela. questi particolari rituali ed esigenze che si svolgono nella casa secnodo molti studiosi soprattutto da inglese andrew wallace e riprendendo dati in vitruvio e nelle fonti spiegano la particolarità delle case ad atrio nella sua planimetria e cioè la sua impostazione assiale e la sua caratteristica di alternanza precisa di ambienti aperti e chiusi. schema base di casa ad atrio (modello di età ellenistica dove è già canonizzata, ma parte dalla seconda età regia almeno dalla seconda fase regia): impianto compatto impostato su asse longitudinale che va dalle fauces e dal vestibolo, quindi dal settore di ingresso, passa attraverso l'atrio che è spazio centrale di disimpegno e poi attraverso il tablino (che è muro chiuso inizialmente, con piccolo passaggio da ambiente affianco che va verso piccolo horuts alle spalla) poi dall'atrio si aprono ambienti aperti (tabulino e due spazi laterali detti alae quasi creando la croce latina) e poi altri ambienti chiusi non completamente aperti come se fossero delle esedre (due ai lati del tablino e due ai lati dell'ingresso. quelli vicino al tablino sono più piccoli, in genere questi vengono interpretati come cubicola e invece questi ambienti più grandi sul fondo erano il triclinio per banchetti di nove persone. vitruvio descrive la casa romana come costituita da dei loca propria e dei loca communia: loca communia sono quelli aperti al pubblico dove chiunque può entrare senza invito e attribuisce a questa caratteristica la stanza del vestibolo dell'atrio del tabulino delle alae (nell'età augustea anche del peristilio) alla mattina aperte le porte per l'ingresso di chi vuole. loca propria invece sono spazi dove si può entrare su invito che è selettivo e sono cunicola, triclinia e questo spiega Su distribución está prohibida | Descargado por Juan Carlos Blanco Girona (blancogirona@gmail.com)

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caratteristiche di ambienti aperti e di quelli chiusi. i loca communia (sia per dato archeologico sia per dato delle fonti) sono spazi dove vengono ostentate le memorie della gens, in particolare le maschie di cera che vengono conservate in armadi (sappiamo da cicerone, in teche) nell'atrio e collegate da nastro rosso che segnala la genealogia della famiglia e anche archivi della famiglia probabilmente nel tablino (che forse deriva anche da tabula) con cariche ricoperte dalla famiglia. fonti che riguardano epoca repubblicana o tardo repubblicana. schema che comicia in epoca arcaica, quindi non dev'essere molto differente la realtà in quell'epoca.

4 Novembre

casa ad artio è la tipica casa dell'elite romana. osservazioni di carattere politico e sociale: esigenze di accogliere i clientes e i pares, quelli del proprio livello sociale. quali sono le tappe a partire dagli origini dell'8 secolo e quali sonogli influssi alll'origine di questa creazione? vedremo i passaggi che portano da capanna a monovano, in lazio ed etruria nel 9-8 secolo con prevalenza di forma curvilinea, ma differenza in ambito villanoviano prevale decisamente la forma ellittica mentre in ambito laziale c'è forma ellittica ma si vede lo sforzo di realizzare forma rettangolare con angoli smussati, non è che non sia presente capanna quadrangolare ma prevalente è forma curvilinea, per scelta ben precisa e intenzionale, non significa l'incapacità di fare muri rettilinei. si vedrà anche l'articolazione in uno o più ambienti, e qui è il nodo collegato al passaggio da curvilineo a rettilineo, fino ad arrivare alla casa ad atrio. la storia degli studi è continua ricerca di quelli che sono stati gli influssi, tipo quelli che sono stati influssi con mondo greco e mondo egeo/ vicino orientale-anatolico , a volte prevale in modo deciso influsso indigeno dell'Etruria. sono compresenti questi elementi, non è possibile stabilire la prevalenza di uno o dell'altra. sicuramente oggi più che cercare l'origine si tende a riconoscerne i diversi influssi. c'è forte decorazione di ambito etrusco innovativa è un'ipotesi sostenuta, ma consapevoli anche gli stessi autori antichi come varrone che nel de lingua latina quando parla dell'atrio dice che viene chiamato in questo modo quando invalse l'uso di imitare il cortile-cavedium degli antichi etruschi. vitruvio parla di atrium tuscanicum come tipologia più antica di atrio che vuol dire atrio alla moda degli etruschi. emerge in età augusta il forte influsso ed elaborazione del modello dell'influsso. scoperte fatte a roma mettono però in crisi questo, siamo a roma ma sotto servii tullio, re etrusco: quindi queste innovazioni sotto da attribuire ai romani o agli etruschi? la più antica casa ad atrio, a roma ma contesto culturale etrusco. finché non si trova in tarquinia a cere una casa a atrio più antica o coeva, bisogna aver il dubbio e non certezza. in una koinè culturale italica che è sotto influsso etrusco italica. presenti in quest'innovazione anche influssi di mondi differenti, tra cui anche quello greco (immagine di casa greca che già dal8 secolo cominciano ad essere lavorate con passaggio da pianta curvilinea a rettilinea comincia ad affiancare più ambienti cosa consentita da pianta rettilinea - e questo può essere un motivo della scelta, creare più ambienti soddisfa più esigenze- quindi da più ambienti longitudinali). mondo greco aveva la casa a partire dall'8 secolo iniziano a essere elaborati da casa curvilinea a rettilinea, iniziano ad essere affiancati ambienti per soddisfare più esigenze in modo da riunire la polifunzionalità, più ingressi che poi saranno chiusi conn cortile. da casa ad assettto longitudinale, più ambienti posti in asse si passa ad abitazione di pianta rettilinea con ambienti affiancati e ciascuno con ingresso autonomo, gravitanti su area comune che è il cortile e che sarà recintato. poi nasce portico o corridoio trasversale antistante, spazio di disimpegno comune, e questa è detta casa ad apastas, apastas è corridoio o portico antistante ad ambienti. due o tre ambienti affiancati aperti su un portico o cortile trasversale: quindi da assetto longitudinale a trasversale. questo processo avviene in grecia nell'8 secolo, ma è fenomeno che si sviluppa anche tra i coloni di megera iblea alla fine dell'8 secolo o inizio 7 secolo. c'è chi dice che sia processo che avviene parallelamente in modo autonomo, ma difficile essere sicuri della presenza di contatti reciproci o meno. Su distribución está prohibida | Descargado por Juan Carlos Blanco Girona (blancogirona@gmail.com)

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altro elemento innovativo ma con aspetto più tecnico è innovazione del sistema impluvium/compluvium, che non appartiene al mondo greco ma mondo etrusco italico. cioè questo cortile che gradualmente si chiude davanti alle case, che è spazio di disimpegno e dove avvengono moltissime attività perché la vita si volge nei cortili. man mano che la casa dsi articola attorno a questo cortile viene inventato sistema nuovo e di fatto il cortile, spazio di disimpegno nella parte anteriore della casa viene parzialmente coperto con un sistema di falde inclinate che lasciano al centro un'apertura a livello del tetto. questo favorisce possibilità di collegamento facile anche in caso di pioggia, spazio semiaperto e garantisce entrata di luce e raccolta di acqua, infatti si collega a una cisterna. più antico esempio di cisterna in una casa a roma, alle pendici del palatino nella seconda fase regia in età di servii tullio nel 530 ac. ce ne sono di impluvia anche nel mondo etrusco italico. è possibile che dal punto di vista della soluzione tecnica ci sia stata anche qualche sperimentazione, in quello che non interferisce è sull'organizzazione della casa percui impluvium si trova al centro di una csa che ha le sue caratteristiche che rimandano a quelle della casa ad atrio.

ma quindi elaborazione originale a roma? tema su cui studiosi continuano a discutere. capanna rettangolare ad angoli smussati: questa è la famosa capanna cosiddetta di romolo, si trova sul palatino nel versante meridionale che da sul circo massimo, complesso con questo ambiente rettangolare e altor ambiente absidato vicino. leggermente incassata a terra con una serie di pali perimetrali e un palo centrale. la ricostruzione è scheletro in legno e poi il resto tutto in materiale deperibile (argilla, paglia il tetto, apertura nella falda antistante del tetto per fuoriuscita del fuoco, focolare al centro, canaletta perimetrale per far uscire acqua all'interno). ci sono le urne a capanna che ci danno un riflesso esatto, a volte anche con finestre e sistema di copertura con travi appoggiate e interpretate come sistema di travi che stanno sotto per sostenere la paglia ma ci sono anche travi che stanno al di sopra per tenere ferma la paglia, addirittura con incrocio dei pali che talvolta hanno anche funzione apotropaica. riproduzione realistica e affidabile. dagli antichi era considerata la casa di romolo perché viene rispettata, conservata e ristrutturata questa capanna, ritenuta sacra e di origine, costruita anche al di sopra di templi successivi. luogo delle originidi roma, sarebbe stata la casa di faustolo che avrebbe accolto i due gemelli trovati nei lupercale che si trova ai piedi del palatino. da dati archeologici e testimonianze letterarie, si coglie maggior articolazione degli edifici: capanne absidate con più netta distinzione dell'articolazione degli spazi, spazio rettangolare e poi in fondo abside con deposito scavato nel terreno di derrate (anche in grecia casa absidata è la più diffusa e prestigiosa nel 9-8 secolo anche parallelamente con affermarsi della casa ad apastas), ma sempre in assetto longitudinale e assiale nonostante articolazione. capanna trovata a passo coeve nella seconda meta del 9 secolo ha due ambienti, anche in quella vicino alla casa di romolo ci sono due ambienti). coeva si comportano le tombe a camera, si passa da sepolture a fossa e urne a capanna a tombe a camera dentro un tumulo, cerveteri e tarquinia maggiori testimonianze ma anche lazio danno testimonianze. la tomba ha lo stesso schema della casa: dromos di ingresso, prima camera e camera di fondo che è quella principale. nella prima camera ricavate nicchie alle pareti dove sono ricavate delle statue, nella camera di fondo dal tufo sono ricavati ambienti dove sono deposti i corpi. è riflesso che si vede anche nelle abitazioni e nei resti abitativi archeologici. si vede già in questo vestibolo di ingresso con statue un'esibizione di culto degli antenati. grazie agli scavi di questo decennio roma è tornata al centro dell'attenzione con sviluppo degli schemi abitativi con lo scavo della regia che spiazza tutti perché ci sono sostenitori critici perché dopo quelle capanne le più antiche testimonianze finora che anche per questo avevano sottolineato l'attenzio ee importanza dell'Etruria come elaborazione dei modelli abitativi, c'era solo murlo e acquarossa della fine dell'7 secolo, nella prima fase di murlo del 650 ac. la scoperta della regia di roma, quella che sarebbe stata la residenza ufficiale dei primi re di roma che scendono dal palatino per vivere vicino al foro nel santuario di vesta, mette in dubbio tutta la situazione. perché qui c'è una prima capanna rettangolare monovano di prima fase con apertura nel lato lungo (cosa diversa rispetto ad apertura di lato corto), fase tra 750-850. nella seconda fase la ricostruzione della regia, metà dell'8 secolo quindi 750-725, c'è struttura molto più articolata con Su distribución está prohibida | Descargado por Juan Carlos Blanco Girona (blancogirona@gmail.com)

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ambiente centrale che si sovrappone a prima fase della capanna monovano e ambienti aperti laterali su area antistante interpretata anche quasi come tempio augurale da cui re augure prendeva auspici. anche solo vedendo la struttura si nota struttura più articolata con sviluppo dello spazio trasversale. c'è anche assetto con ambiente principale più aperto al centro con buche di palo e due ambienti laterali che ricorda anche la struttura a liwan del mondo orientale. spiazza tutti perché si è ritenuto che fossero gli etruschi dell'epoca orientalizzante del 7 secolo per aver fatto da tramite di modelli palatali etruschi, ma questa testimonianza documenta contatti autonomi del mondo latino con vicino oriente, se da li vengono i modelli. ma può anche essere autonomo lo sviluppo: gli antichi considerano due ipotesi, ex oriente lux (da oriente tutte le innovazioni) oppure sviluppo autonomo latino, si crede sempre di più in elaborazioni autonome. edifici fatti anche in centro europa dimostrano anche che aristocrazie e tecniche erano diffuse anche li, protostoria europea da novità incredibili quindi bisogna essere cauti. ricostruzione che viene fatta si spinge nell'interpretazione anche sotto il punto di vista suggestivo ma bisogna essere cauti, bisogna ipotizzare con cautela. datazioni molto problematiche basate su riti di fondazione, ogni costruzione ha rito di fondazione documentato. questo si pone cronologicamente prima di quello che erano testimonianze che fino agli anni 60-70 gli scavi a murlo e acquarossa avevano cominciato a mettere in luce abitazioni complesse a più ambienti, tre ambienti con cortile trasversale di disimpegno, che sembrano essere le più antiche a sviluppo trasversale. ma siamo nel 625, quasi un secolo dopo l'ultima fase della regia. dibattito molto forte e acceso.

parallelo del mondo funerario con tombe a camera che si vedono a cere con caratteristica del dromos ambiente trasversale e tre ambienti di fondo, sostenitori del ruolo fondamentale del mondo etrusco nell'elaborazione di questi modelli filtrando da mondo greco orientale è anche dovuto al fatto che dal punto di vista della documentazione funeraria questa viene sicuramente da mondo etrusco, soprattutto cere. nell'ultimo libro di giolivè addirittura si individua in cere il centro che

anche in cere il centro che elabora i modelli anche in questa tipologia della casa ad atrio, ed è elaborazione strettamente legata a addottrina augurale. perché questo tipo di abitazione quale la casa ad atrio pr quanto riguarda l'assetto: tre ambienti sul fondo e aspetto assiale sono elementi che in comune non casa ad atrio, la tomba e il tempio etrusco italico. assialità deriva da dottrina augurale con le caratteristiche che deve avere il tempio con tre ambienti sul fondo che potrebbero essere di influenza orientale e che lui vede sviluppare anche nella tomba e nella casa, con pare antica e pars postica. intuizione fatta già in precedenza ed è interessante. altro esempio è la tomba di cerveteri/cere con dromos, vestibolo che corrisponde all'atrio e tre ambienti che sono qui i tre ingressi ma tripartizione comunque rimane elemento fondamentale. esempio per la presenza di queste ali poste sui lati che è graduale avvicinamento dello schema della casa che con le due alae forma una T, due spazi laterali. altro esempio: corridoio di ingresso che diventa sempre più articolato anche con cmare funerarie anche laterali e quella principale sul fondo con atrio postici che prende la forma del tablinum; evoluzione nelle piante delle tombe a camera. lo scavo alle pendici del palatino nella zona vicino al santuario di vesta e la scoperta di questa lottizzazione attribuita all'età di sevrio tullio dove sono individuate delle case quattro case a planimetria complessa datate verso il 530 ac è ritenuta più antica testimonianza della casa con schema a atrio, la più antica attestazione. tre ambienti sul fondo che poi si distribuiscono ai lati (da forma a t si passa a forma a u, novità con nuova impostazione). portate in luce 4 abitazioni lungo la via sacra , sulla quale si aprono le due case più grandi, circa 700 mq di superficie. su questo clivus palatinus si aprono due case più piccole 400-450 mq ma con lo stesso impianto: stessa impostazione assiale con asse ben preciso longitudinale che attraversa il cortile verso lo spazio finale completamente aperto. sono incentrate su atrio completamente a pianta detta crucciforme (schema più antico di atrio) sulla fronte a fianco dell'ingresso si aprono degli spazi che sono interpretate come botteghe perché sulla strada, dei proprietari della casa o affittate. spazio che dall'alto dell'impluvium come si vede è particolare e si vede nelle slides. la casa numero 3 è la meglio conservata (in nero i muri conservati): pianta conservata con questa forma fino alla fine del 3 secolo ac, rifatta dopo incendio del 210 ac che Su distribución está prohibida | Descargado por Juan Carlos Blanco Girona (blancogirona@gmail.com)

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distrugge tutto il foro. rifatta con la stessa pianta ma con muri con tecnica edilizia diversa. ma planimetria riflette struttura precedente ecco perché sostenuta sostenuta la ricostruzione anche per epoca pi antiche. strutture più deperibili avevano zoccolature in tufo poi case con nucleo cementizio, evoluzione nella costruzione delle case . quello che è elemento forte di questa abitazione è aver individuato questa cisterna con volte a botte in conci di pietra che è datata ad epoca arcaica, sarebbe a più antica cisterna arcaica. cisterna che si trova nella zona vicina a impluvium di epoca ellenistica ha fatto ritenere che anche anche in epoca arcaica c'era struttura a impluvium fatta a cisterna. si vede assetto con ingresso più stretto a fauces e struttura a croce che corrisponde a spazio con vestibolo, tablinio e le due alae laterali, loca communia di cui 500 anni dopo parla vitruvio affiancati da spazi privati di cui si vede che la pare poetica si vede articolata nei tre ambienti canonici, centrale diventerà tablinum e poi quelle laterali sono più riservate e si pensa che c'è anche vestibolo della sfera maschile del banchetto e poi il gineceo, poi nella parte antistante i cunicola. anche collegamento con spazio ricavato di lato perché la casa si sviluppa da strada a strada, ricavato un orto interpretato così perché trovati delle tombe di infanti ai lati vicino alle pareti, era tipico tombe nel giardino per i bambini sotto le grondaie perchè era luogo dove mette in collegamento il cielo con la terra e dette sepoturae subgrundaiae. abitazione che nel 4 secolo subisce ristrutturazione con la quale c'è esigenza di creare maggior spazio anche per incrementare spazio disponibile per clientes che in questa fase diventa rapporto molto importante, ampiamente della zona del vestibolo con eliminazione taberna. aspetto interessante i queste abitazioni è la loro struttura organica, incentrata su un asse con simmetria, spazio cruciforme e alternanza ambienti aperti e chiusi e soluzione del sistema tecnico di impluvium/compluvium del sistema di copertura. testimonianze di ambito etrusco probabilmente ma ha assetto completamente diverso: questa abitazione ha ingresso che fa accedere ad ampio vano e cortile sarebbe di lato quindi ha ancora assetto trasversale: probabilmente ancora sperimentazione. quello che importa è l'assetto generale e della casa che non ha più l'assetto originario e compatto della casa sul palatino. c'è anche altro edificio scavato a regisville, porto di pulci alla fine del 6 secolo: considerata esempio di casa ad atrio fauciforme con modello del secolo. ambiente di fondo è chiuso con struttura muraria riseptto all'ingresso. forte assimertia delle ali laterali. non è dotata di cisterna, non c'è dubbio che siamo in fase di sperimentazione del modello, ma tripartizione dei modelli sono connotativi della casa ad atrio non sono presenti. no cisterna di raccolta e infatti li o c'era un tetto displuviato, previsto da vitruvio oppure c'era cavalletta che porta acqua verso serie di canalizzazioni sottostradali ma manca cisterna per la raccolta e ricostruzione dell'alzato è molto difficile da stabilire, finché non si trovano dati concreti archeologici. si rimanda sempre al mondo etrusco perché c'è gride testimonianza di marzabotto, colonia etruria padana, impianto che dalla fine del 6 secolo regolare e assetto urbanistico già visto. presenti case ad atrio con schema assiale ma scavi recentissimi fatti dall'università di bonn dimostrano che questa pianta risale al 5 secolo, pianta importante perché rappresentano la più antica testimonianza di case ad atrio am del tipo che diventerà canonico non cruciforme, con atrio vero, vasca di raccolta nella parte proprio antistante e allargamento sul fondo.

casa di pompei del chirurgo. forma che diventa canonica dell'atrio è ingresso ampio e alae sul fondo, diverso dallo schema cruciforme, dove c'è impluvium nell'incrocio tra asse longitudinale e asse trasversale. atrio più antico detto cruciforme ma c'è anche atrio a t che in età ellenistica diventa canonico soprattutto a fergelle. a marzabotto ci sono più antiche testimonianze di case ad atrio canonico a t di cui ancora a roma non si sono trovate, quindi probabilmente elaborate in etruria. può darsi, bisogna basarsi su testimonianze che abbiamo.

09/11/15

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Marzabotto: ricerca di applicare un certo tipo, di riconoscere nello studio della casa degli elementi che abbiano una semantica. Gli elementi sono:

-impostazione assiale: serve a dare visibilità

- tripartizione degli ambienti di fondo: è questo sia un richiamo col mondo orientale, sia con l'edilizia sacra

- alternanza di ambienti aperti e chiusi: si hanno delle ali laterali dette loca comuna

Varrone ci parla della casa ad atrio.

La prima testimonianza di casa arcaica appartiene alla seconda fase regia ed è collocata alle pendici del Palatino. Questo impianto si conserva fino alla tarda repubblica. Nel 210 viene rifatta in opus caementicium, con un impluvium che ha cancellato quello arcaico, ma dobbiamo ipotizzare che comunque vi fosse anche prima una cisterna. Queste case vengono mantenute fineo all'incendio del 64 d.C. con lo stesso impianto.

Altro tipo di impianto diventa la casa ad atrio canonico, a croce, ma l'impluvium è spostato nella parte anteriore (uno dei bracci della croce si allarga insomma). E' dubbio se l'acqua fosse fatta defluire oppure fosse raccolta in una cisterna, ipotizziamo che fosse fatta defluire in cisterne pubbliche. Ora insomma c'è un nuovo tipo di impianto, che quindi non colloca più l'impluvium al centro. Questo tipo di atrio è l'ATRIO A T, è l'atrio canonico, lo troviamo a Pompei, per questo fu chiamata anche "casa ad atrio pompeiana", in realtà è un modello precedente, anche se non si è trovata una casa più antica rispetto a Pompei.

Fregelle (325 a.C.): sono case più antiche di Marzabotto, meglio conservate sono quelle di III a.C., mentre quelle più antiche non sono conservate bene. Dunque non si sa dunque se questo modello di casa fosse stato elaborato in ambito etrusco.

Marzabotto: queste case furono inizialmente ritenute luoghi di lavorazione del ferro, infatti hanno corridoi lunghi che sembrava dovessero creare gli spazi per le officine del ferro, quindi erano interpretate come botteghe. In realtà si è capito che le case a T sono una minoranza, le altre hanno strutture più semplici. Non ci sono infatti vere e proprie officine ma ambienti di tipo produttivo. Oggi si pensa che quelle a T appartenessero all'elitè di Marzabotto, che sfruttava il ferro della zona appenninica ed essendo un'elitè ha preso il modello di casa da altre aristocrazie.

La datazione di questo impianto è 450 a.C. circa. Si era supposto che vi fosse un atrio displuviato, cioè con un sistema di canalizzazione che facesse defluire l'acqua. In assenza di supporti possiamo capirne l'inclinazione soltanto grazie alle canalizzazioni. Al centro era collocato lo scasso, cioè il bacino di raccolta dell'acqua. La cisterna forse si collocava nella zona centrale.

Pompei: coeve sono le case ad atrio con schema canonico a T, si è visto dagli scavi stratigrafici che alcuni impluvia che si trovano al centro sono stati aggiunti più tardi. Quindi si è pensato che nelle prime case non vi fosse un sistema ad impluvium, in realtà non si sono mai fatti studi approfonditi degli scavi, fuorché negli ultimi 20 anni. I primi scavi svuotarono soltanto i siti senza nessuno studio approfondito, solo ultimamente sono stati fatti scavi stratigrafici, per cui ci sono tantissimi materiali che sono stati prelevati di cui non si sa il contesto. Dunque vasche e cisterne non c'erano. Su distribución está prohibida | Descargado por Juan Carlos Blanco Girona (blancogirona@gmail.com)

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Potevano essere:

-ATRIA TESTUDINATA: cioè coperti

- ATRIA CON FALDE SPORGENTI: cioè con un cortile interno. In questo caso quando si è scavato in profondità si sono trovate le canalizzazioni.

Va smontata la teoria dell'origine pompeiana, cioè che l'ambito sannitico aristocratico adotta modelli di altre aristocrazie. Infatti le case di Pompei sono più tarde per cui deve essere un retagio di un modello precedente.

Casa del chilurgo, Pompei

1: vestibolum (la vera porta è infatti all'interno con le fauces)

2 e 3: tabernae (oppure, quando chiuse, stanze)

5: cubicola (destinate al riposo o al ricevimento oppure ad incontri riservati)

6: ale aperte

8: tablino sul fondo. All'inizio è chiuso, casomai aperto con una finestra.

11: hortus

Il passaggio all'hortus avviene attraverso ambienti laterali.

7 e 9: destinati al banchetto oppure interpretati come stanza del telaio.

Questa casa subisce delle modifiche nel II a.C., durante il quale si assiste ad una monumentalizzazione dell'architettura. Viene inserito l'impluvium, viene monumentalizzato l'hortus, che ora viene inglobato nella casa, viene sfondata la parete del tablino così che l'asse arrivi fino al fondo della casa consentendone la visibilità. L'hortus è ispirato al mondo greco, ai ginnasia. Alla casa romana vengono aggiunti giardini, porticati e colonnati. La casa romana prende elementi greci ma li colloca diversamente, è sbagliato dunque dire che riprende la casa greca, casomai riprende i palazzi dinastici ellenistici che si ispiravano ai ginnasi. Dunque c'è un cambiamento nello stile di vita. Si aggiungono alla casa romana, mutuandoli dalle residenze dinastiche, biblioteche, pinacoteche, ambienti insomma con funzioni nuove di carattere culturale. Vengono anche realizzate passeggiate lungo i giardini. Sono state scoperte esedre oppure esse erano completamente aperte con colonne sulla fronte. L'hortus viene trasformato in peristilio, ispirandosi ai palazzi macedoni. L'apparato decorativo prevede opera quadrata in stucco (elementi ispirati al mondo macedone) o anche mosaici (anch'essi tipici del mondo macedone). Vitruvio si riferisce nella sua descrizione della casa ad atrio a questo tipo di casa dunque ha in mente quest'epoca. Inserisce nella classificazione dei loca comuna: atrio, tablino, peristilia, mentre invece inserisce nei loca propria: cubicoli, sale da pranzo, bagni. Nel libro VI ci dice che esistevano tanti tipi di case appartenenti agli alti magistrati.

Le case della nobilitas avevano un ruolo anche pubblico, infatti al loro interno si svolgevano i PUBLICA CONSILIA, cioè delle riunioni. Su distribución está prohibida | Descargado por Juan Carlos Blanco Girona (blancogirona@gmail.com)

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Altre sono le tipologie di casa dei meno ricchi, ma l'emulazione delle classi più basse è evidente, anche se sono sicuramente peggiori per dimensione inferiore o qualità inferiore. Questo spiega il motivo per cui a Pompei ben il 40 % delle case sono ad atrio.

Casa del fauno, Pompei

E' una struttura enorme. Sicuramente ha come ispirazione i palazzi dinastici, incentrati su ampi peristili, che erano anche la parte pubblica destinata al ricevimento di ospiti illustri. Presentava però anche un altro peristilio usato privatamente solo per la famiglia. Questo modello di casa si avverte bene che è una cosa nuova, nata dall'interazione fra la tradizione italica e quella ellenistica. La casa più piccola che vediamo apparteneva ad un altro proprietario, essa è più piccola, presenta un atrio tuscanico, forma imitata dagli etruschi. All'inizio del II a.C. il proprietario di una delle due case, quello più ricco, acquista la casa a fianco, insomma arriva a possedere tutto l'isolato. Quindi viene demolito lo spazio a fianco e viene costruito lì un atrio tetrastilo, si introduce la colonna nell'atrio. Si discute sul funzionamento dell'atrio C, si sono fatte varie ipotesi, fra cui quella che fosse un nucleo per gli ospiti come nella casa greco-ellenistica (questo per via dell'autonomia di ingresso e per la posizione appartata ma collegata), corrispondente ad uno stile più alla moda, infatti non è un atrio corinzio ma si mantiene il tuscanico e anche la decorazione del primo stile. La volontà di mantenere il tuscanico ha un obbiettivo ben preciso: vuole mostrare l'antichità della gens, quindi ha carattere ideologico. Il peristilio G rimane uno spazio esotico ma non visibile, destinato solo agli ospiti che possono capire il gusto alla greca. P: un grande giardino semplice. Nel 150/130 subisce una nuova ristrutturazione: viene sfondato il muro di fondo del tablino e inglobato nella casa il peristilio. M è un'esedra, un ambiente aperto distilo con due colonne sulla fronte: a terra di questo ambiente era collocato il mosaico con la battaglia di Alessandro. Questo ambiente diventa ora visibile. Per quale motivo dare tanta importanza a questo mosaico? Probabilmente il proprietario discendeva da qualcuno che aveva combattuto con Alessandro Magno. Infine viene monumentalizzato anche l'ambiente P. In alto a destra vediamo la zona dei servi e di servizio, zona separata e allontanata dai percorsi principali. Il triclinio ai lati del tablinio si apre verso il peristilio, dunque la vita fra pari si sposta nel peristilio. Gli ambienti a sinistra sul fondo erano dipinti, una delle ipotesi è che vi fossero uno o più palchi per le rappresentazioni teatrali, dal momento che non sono ambienti praticabili. Assistiamo con quest'ultima ristrutturazione al trionfo dei giardini, sfruttando mirabolanti giochi d'acqua.

Insomma la natura entra nelle mura della casa (trasformazione che avviene in generale intorno al I secolo a.C.), che diventa sempre più simile alle ville urbane.

Casa di Loreio Tiburtino

Il giardino è stato ricostruito grazie alle impronte delle radici fatte inserendo il gesso nei vuoti creatisi, insomma si riescono ad individuare questi vuoti attraverso dei calchi e dunque a ricostruire le piante che dovevano esserci, come dovevano essere i giardini.

Tipologie di atrio elencate da Vitruvio: Su distribución está prohibida | Descargado por Juan Carlos Blanco Girona (blancogirona@gmail.com)

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-atrio tuscanico: è il più antico, è un ambiente con apertura al centro, con falde inclinate rette da travi; il tetto è autoportante, senza sostegni. Dunque non presenta tracce a terra se non l'impluvium quando è presente, cosa che è difficile da capire.

- atrio tetrastilo: ha 4 colonne ai lati su cui poggiano le falde del tetto, con gocciolatoi che fanno defluire l'acqua e la fanno cadere nella vasca al centro

- atrio corinzio: presenta più di 4 colonne intorno all'apertura, ha dunque uno spazio interno più grande degli altri atria, per questo a volte l'atrio corinzio viene scambiato con il peristilio negli scavi, è molto difficile distinguerli e lo si può fare solo facendo un rapporto fra lo spazio esterno ed interno alle colonne. Questo tipo di atrio è il più raro.

- atrio displuviato: presenta le falde inclinate verso l'esterno. Le cisterne non erano necessarie lì dove arrivavano gli acquedotti, oppure dove vi erano falde altissime, invece erano necessarie dove non c'era acqua di falda, per cui erano funzionali. E' un tipo di atrio raro, presente soprattutto in Italia settentrionale, a Rimini per esempio o Aquileia, ma anche ad est, per esempio ad Aziaca, colonia che voleva richiamare la casa all'antica di età augustea.

Triclinio

E' la sala da banchetto. La decorazione è fissa: uno è un tappeto a motivo regolare, a questo si aggancia un secondo tappeto trasversale al primo con un'emblema centrale. Quindi i due tappeti sono disposti a T. Attorno ai tappeti il pavimento è in cocciopesto non decorato. L'emblema centrale era il punto in cui si collocava la mensa. Il tappeto senza emblema era invece quello in cui si passavano i servi spostandosi da un punto all'altro. La decorazione pavimentaria ha uno schema a T + U, in cui la T è collocata capovolta dentro la U. A volte anche la muratura era a T. Questa decorazione era diffusa in epoca tardo-repubblicana e proto-imperiale, poi fu eliminata per rendere gli ambienti polifunzionali.

Oecus

Da oikos, prima significava sala, poi va ad assumere il significato di sala di prestigio, quindi si traslittera il termine greco anche al livello semantico. Gli oeci erano ambienti di prestigio aperti sui peristili, in genere erano ambienti più alti degli ambienti circostanti. Potevano essere di vari tipi:

- oeci tetrastili: costituiti da un vestibolo con copertura piana all'interno del quale una parte interna con quattro colonne agli angoli che sorreggono una volta a botte.

- oeci corinzi: più di 4 colonne nella parte interna, sono rarissimi (presenti a Valdonega, a Verona, a Roma, ad Ercolano, nell'Africa proconsolare), le colonne sono disposte o su tre lati oppure solo sui due lati lunghi, anch'esse sorreggono una volta a botte che copre la parte interna. Nei banchetti che si svolgevano in queste sale i letti venivano posizionati davanti agli intercolumni, mentre la mensa veniva collocata al centro. Vi era poi un corridoio laterale in cui si spostava la servitù.

- oecus egizio: ha lo schema della basilica, infatti lo spatium medium è collocato su un altro piano. La casa ad atrio a mosaico a Pompei ha questo oecus. Su distribución está prohibida | Descargado por Juan Carlos Blanco Girona (blancogirona@gmail.com)

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- oecus cizicenus: ha delle finestre laterali che davano sui due giardini, era questa una moda proveniente da Cizico.

Casa del Menandro, Pompei

Ambienti: ingresso, atrio tuscanico, tablino sfondato per vedere fino al fondo del peristilio. L'oecus è aperto sul peristilio. Settore di servizio, ambiente termale. C'è un ambiente spesso presente nella casa: l'ARARIO, ambiente con una cappella dedicata al culto dei Lari.

Casette a schiera

Sono case di epoca sillana, costruite per i veterani di Silla. Sono case che danno sulla strada, piccole, con un piccolo hortus in fondo. Al centro vediamo lo spazio di disimpegno. Le casette sono state ricostruite. Non presentavano impluvium, avevano atri testudinati. C'erano spazi pieni di canalette, con altri scavi si è scoperto che erano invece dei cortili scoperti.

Casa del telaio, Ercolano

E' una casa che non ha esigenze di accoglienza, ma comunque elementi di decoro.

In età imperiale l'atrio perde il suo valore, il cuore della casa diventa il peristilio. Con lo sviluppo dell'edilizia di età imperiale raramente si costruiscono case ad atrio, piuttosto invece in larga prevalenza case su cortile o peristilio. Ovviamente c'è anche un adattamento climatico. Il peristilio è richiamo di età ellenistica tuttavia sono prevalenti nettamente case su cortili semplici (domus di piazza Nogara, Verona).

In età imperiale si creano nuove forme abitative. Finora abbiamo visto domus urbane unifamiliari. Invece a partire dall'età flavia in Italia centrale (Roma e Ostia) vediamo dei complessi multifamiliari. Probabilmente il proprietario di questi complessi era unico, infatti il diritto romano non prevedeva la divisione in piani, si era cioè proprietari di tutto il muro.

Domus fulminata

Non esiste più l'atrio. Il corridoio di ingresso porta al peristilio su cui danno ambienti decorati. CI sono delle botteghe sulla fronte. Più scale portano al piano superiore, dunque dovevano essere complessi con diversi ingressi al piano superiore. Probabilmente vivevano qui degli affittuari del proprietario che abitava al piano terra.

Nasce dunque un cortile interno con funzioni diverse.

Risalgono all'età traianea i caseggiati di Ostia. Quindi si costruiscono queste nuove forme abitative che potremmo chiamare condominiali anche se esistevano già dei condomini del II a.C., di tipo popolare anche a 5 piani. Qui però è diverso: si tratta di condomini residenziali di prestigio che sostituiscono la domus della classe medio alta, anche a 4 piani. Hanno delle scale autonome e dei cortili comuni. Al piano terra tendenzialmente si collocano delle botteghe, aperte verso la strada, oppure aperte su un cortile interno, dunque aperte al pubblico. Questo tipo di case testimonia un nuovo modo di vivere: si Su distribución está prohibida | Descargado por Juan Carlos Blanco Girona (blancogirona@gmail.com)

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passa dalla casa monofamiliare alla plurifamiliare, in cui i servizi sono in comune fra più famiglie. Questo tipo di case vengono dette INSULAE, termine con cui si può intendere sia l'isolato sia il caseggiato.

Case giardino, Ostia

Abbiamo detto che sono di età traianea questi caseggiati. Hanno una struttura centrale con un grande cortile, anche un complesso termale. All'interno presenta due nuclei edilizi a 4 piani con 2 abitazioni per ogni piano (quindi in tutto 16 appartamenti). Cose del genere si trovano anche a Roma nella zona del Campo Marzio, ma nulla di simile a ciò si trova al di fuori di Roma ed Ostia. Probabilmente il modello nasce a Roma e solo poi viene esportato ad Ostia.

A Roma a partire dall'età flavia (II d.C.) si cessa di costruire domus, che però si tornano a costruire dal III-IV d.C. L'elitè ritorna ad occupare una domus con peristilio, l'ambiente absidato come zona di rappresentanza e come percorso di attesa. La cosa più importante sembra essere colpire l'ospite, ecco perché ci si dota di giochi d'acqua di cui si faceva esibizione ad ospiti e clientes. I testi giuridici mostrano che la clientela continua in epoca imperiale, anche se l'influenza del dominus è un potere economico-sociale, non più politico. Si diffonde lo STIBADIUM, una mensa semicircolare, con cuscino semicircolare, all'aperto su cui si disponevano i commensali.

10/11/15

Edilizia della vita nel territorio

Documentazione archeologica dell’esistenza di allevamenti agrari sono documentati a partire dal VI, anche se le tracce sono poche in ambito italico soprattutto nelle colonie greche. Ciò che non si capisce è se fosse insediamento stabile o provvisorio. Per esempio in ambito greco si sa che i contadini dell’attica vivevano in città e andavano a lavorare nelle campagne attigue. Anche per l’epoca romana le prime documentazioni archeologiche del Lazio risalgono al VI a.C., insediamento da alcuni interpretato più come centro di potere come i palazzi di Murlo. Sicuramente ci sono strutture come la villa dell’auditorium, il più antico edificio rurale, non collegato ad un centro urbano, rinvenuto vicino Roma. E’ stato trovato qualcosa di simile in un'altra località del Lazio (Acquacitosa ?). L’ipotesi è che siano centri di potere, non collegato al sistema delle ville romane, fenomeno più tardo.

Popolamento rurale: l’interesse per gli insediamenti extraurbani è stato sempre piuttosto limitato, interesse arrivato molto tardi all’attenzione degli studiosi, solo nel 1940, erano stati rinvenuti per caso settori monumentali molto decorati di altre ville, sbancate alla ricerca di mosaici e materiali di pregio, già dall’inizio del 900 ma non c’era interesse a capire cosa fossero. Solo negli anni 50 un professore di Bologna, Mansuelli avvia questo studio per cercare di capire cos’è la villa romana, perché durante gli scavi di Faenza ad 11 m di profondità vengono scoperti i resti di una villa, nel 1937, si fanno scavi di estensione e viene in luce una struttura di 5000/6000 m quadrati. Egli capisce l’importanza e avvia uno studio per capire cosa fosse. Ville ma con che funzione? Questo studio fu continuato dalla sua allieva Corlaita. Si rendono conto che è un fenomeno molto particolato legato alla romanizzazione delle aree dell’Italia settentrionale.

Andrea Carandini negli anni 80 fa scavo importantissimo: scava il territorio della colonia latina di Cosa (273 a.C.), fa uno studio sul territorio e individua una serie di insediamenti e scava una villa. Lui è reduce Su distribución está prohibida | Descargado por Juan Carlos Blanco Girona (blancogirona@gmail.com)

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da un’esperienza di scavo a Cartagine dove aveva scavato con gli inglesi una villa ellenistica e aveva appreso il metodo stratigrafico e il metodo pluridisciplinare (tutti gli studiosi delle scienze che lavoravano già insieme in ambito inglese mentre in Italia si era lontani) approdato solo più tardi in Italia. Quindi applica nell’ager cosanus, nella villa di Settefinestre, le nuove metodologie che poi diverranno tradizionali. Questo segna l’avvio dell’archeologia moderna.

Egli si trova a scavare la villa dell’auditorium, nella periferia di Roma. Da allora (anni 80) hanno cominciato a diffondersi interessi sul popolamento rurale, il polmone economico che dava vita alla città. La storia della città è strettamente legata a quella del territorio.

Gli insediamenti del territorio hanno duplice valenza, insediativa da un lato e produttiva dall’altro. L’agricoltura è l’attività economica meglio conosciuta del mondo antico. Abbiamo 4 trattati De re rustica del mondo antico, sopravvissuti perché ritenuti importanti nel medioevo. La prima quella di Marco Porcio Catone, politico e proprietario terriero che vuole fornire informazioni pratiche per altri proprietari terrieri (l’unica fonte di reddito ritenuta valida per l’uomo romano era l’agricoltura) che devono investire in agricoltura (si intende anche allevamento). La stessa cosa fa Marco Terenzio Varrone, altro uomo politico ma anche uomo di cultura, farà parte della classe senatoria, scrive nel I a.C. il De re rustica in tre libri come dialogo per dare informazioni pratiche dal momento dell’acquisto di un terreno, quindi sono investimenti economici (atteggiamento imprenditoriale). Nel I d.C. l’agronomia è professione, perciò Columella scrive un De agri cultura, ma egli non è politico ma agronomo. Anche Palladio agronomo scrive nel IV d.C. un altro. Altra pera dei fratelli Sisenna del II a.C., proprietari dell’italia settentrionale importante perché testimonia la fase della romanizzazione ance se ci sono giunte poche parti. Anche Vitruvio dedica un capitolo su come costruire la casa in campagna. Altre documentazioni sono fornite dai gromatici, dei tecnici che avevano l’incarico di operare le divisioni agrarie dei campi, trattati che forniscono dati di tipo giuridico su come risolvere controversie fra proprietari terrieri (opere risalenti al IV d.C.), per lungo tempo non tradotte, ora ne è stata fatta una traduzione (Frontino, Urbico, Flacco, Balbo, ecc..

Gli agronomi ci forniscono indicazioni sulla pratica agricola in tutti gli aspetti: come preparare il campo, personale, strumenti, tempi di ogni operazione, in particolare essendo l’obiettivo il massimo profitto si ha atteggiamento di tipo imprenditoriale già nella scelta di viticoltura e olivocultura, ma anche cerealicoltura e cacciagione e altro. Importante perché vediamo come cambia. Ci descrivono come doveva essere il fundus, cioè il terreno di pertinenza (diverso dalla proprietà che poteva contenere tanti fundi uno vicino all’altro), quello lavorato e gestito da una determinata “villa”, quindi il sistema di gestione, con manodopera schiavile o salariata. Iportante le proporzioni: quanto personale a seconda delle dimensioni dell’uliveto, quanto grande la cella rispetto al vigneto, se c’è sproporzione c’è infatti perdita economica. Il tutto con valori quantitativi (danno numeri dimensioni dell’edificio, proporzioni).

Da Varrone abbiamo anche la definizione di cos’è per un romano la villa. Due personaggi dialogano, uno chiama villa un edificio fuori Roma e l’altro gli dice: non est villa sine magno fundo et sine polito cultura (ben coltivato), ma dice che si possono ricavare anche dalla pastio agrestis, allevamento vicino alla campagna, e la pastio villatica, allevamento vicino alla villa, che potevano essere animali selvatici di uccellagione per le mense o anche la piscicoltura in ville vicino a laghi o nelle zone costiere. Ma nascono anche ville come piscine per l’allevamento del pesce. Dice poi che esistono due tipi di ville:

-simplex rustica: preponderante funzione economica con la parte residenziale estremamente semplice Su distribución está prohibida | Descargado por Juan Carlos Blanco Girona (blancogirona@gmail.com)

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-et urbana et rustica: con quelli che Vitruvio definisce gli urbana ornamenta, cioè gli ornamenti tipici delle case di città, quindi con un settore residenziale articolato e decorato e un settore rustico. Su questo c’è mancanza delle fonti: non ci danno esattamente proporzioni e dimensioni per poter definire se la villa è del primo o del secondo tipo. Le superfici di queste abitazioni vanno da 100 a 2.300 m, per cui non si sa qual è il limite, è chiaro quando si ha un apparato decorativo, ma non ci sono limiti ben precisi è interpretazione. Senza contare che le ville scavate in estensione totale sono pochissime.

Quindi i latini definivano villa un insediamento extraurbano isolato con caratteri abitativi e produttivi di un certo rilievo (magno fundo), quindi le piccole fattorie dei primi coloni con piccolo appezzamento di terreno non le chiamavano ville, non sappiamo come le chiamassero, forse semplicemente casa, infatti Cesare nel de bello gallico dice che dove prima c’erano case sono state costruite ville, si dice tugurium, ma solo per degli insediamenti stagionali col tetto di paglia ma non si tratta di queste fattorie, Varrone le chiama villule, forse erano coloni che lavoravano come salariati presso le ville. Fundus fa parte del patrimonio di un proprietario terriero ma non coincide con la proprietà che po’ avere tanti fundi. E’ la parte gestita da un determinato complesso, non legato alle proprie radici ma finalizzato al reddito. La posizione suggerita dalle fonti, su come scegliere un fundus da acquistare: fertilità, precedenti proprietari, vicini (se antipatici non prestano attrezzi), clima, esposizione, presenza dell’acqua, meglio in zone che comprendano colline, vicinanza a fiumi, vicina a mercati rurali o città in cui vendere i prodotti o acquistarli, viene data la posizione consigliata per ciascun ambiente rispetto al sole e ai venti. Proporzionalità di ogni elemento: può altrimenti creare grandi perdite economiche. Sono informazioni estremamente utili ma bisogna tener presente che l’esperienza di questi agronomi è centroitalica.

Nella forma più perfetta la villa è descritta da Columella che distingue tre partes o membra:

-pars urbana: destinata all’alloggio del dominus che vive in città e viene nei vari fundi per controllare la produzione, ai suo ospiti e al procurator, un liberto che ha la gestione amministrativa per conto del dominus

- pars rustica: destinata ad accogliere l’instrumentum vocale, gli schiavi, semivocale, gli animali, l’instrumentum mutum che sono gli attrezzi.

- pars fructuaria: parte dove c’è la lavorazione e conservazione del fructus, il prodotto agricolo

Varrone invece distingue solo pars urbana e rustica inserendo nella rustica anche la fructuaria, così come anche Varrone. Catone descrive prima la pars rustica e poi l’urbana nel II a.C., Varrone nel I a.C., prima la rustica e poi l’urbana ma si capisce che era già un problema lo sviluppo della pars urbana ma sottolinea che non sia eccessiva sennò si va in perdita, che la lussuria non deve prevalere sulla moderazione, questo ci fa capire che lo sviluppo della parte urbana sta avvenendo. Con Columella nel I d.C. viene descritta prima l’urbana: siamo nell’esplosione delle ville. Palladio nel IV d.C., distingue una villa come parte produttiva e una abitatio dominica (o pretorium), c’è ormai netta separazione fra parte produttiva e parte residenziale, cosa nuova. C’è un collegamento diretto tra la residenza del dominus e i luoghi di produzione in particolare i torchi.

A seguito delle grandi conquiste del Mediterraneo (II a.C.), la conquista di Cartagine, la traduzione in latino di trattati punici di agricoltura in particolare Magone che è la prima fonte di Varrone, viene elaborato questo sistema economico produttivo che prevede ampio utilizzo degli schiavi che arrivano in numero enorme con le conquiste del mediterraneo orientale, mutuato forse dal mondo cartaginese

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(luxuria asiatica, consumo del vino che ci è sempre stato ma nel II a.C. c’è l’esplosione del banchetto, si torna al banchetto sdraiato alla greca, i importano vini greci e si inizia la produzione in massa di vino italico che diventa status simbol e tutti i capi gallici vogliono il vino tirrenico, vino di zona campana e laziale esportato in tutto il mediterraneo). Quindi su influsso cartaginese e su modelli greci, gestito da potenti senatori che ottengono enormi quantità di terreno come pagamento da parte dello stato dei finanziamenti per le guerre, si comincia produzione intensiva di vino ed olio. Fenomeno legato all’Italia centro-tirrenica, poi esteso anche all’Italia meridionale, in Puglia con l’olio quindi a seconda della vocazione del territorio, ma anche allevamenti di tipo industriale anche mille pecore. Varrone aveva 800 pecore che portava d’inverno nella pianura della puglia, d’estate negli altipiani abruzzesi, quindi investimento per la produzione della lana.

Il villicus è capo degli schiavi che controlla la produzione, il procurator è il liberto che ha il controllo della gestione amministrativa per il dominus.

Villa di Settefinestre: siamo metà I a.C., esprime le caratteristiche della villa varroniana, continuerà nel I d.C. con la grande crisi del vino italico per la concorrenza di vini e olii provinciali (Gallia e Spagna) e crolla l’economia delle ville o abbandonate o convertite a produzioni diverse per es. cerealicole, lo leggiamo nell’eliminazione di torchi. Questo ci consente di ricostruire la storia economica.

Roma, villa dell’auditorium

La prima fase datata epoca serviana, seconda metà VI a.C., è una fattoria, edificio con schema ad U, con ambienti su tre lati di un cortile, ambiente di 300 m quadrati. Quindi uno schema estremamente semplice e razionale che somiglia all’evoluzione che c’era stata nelle case a partire da ambienti paralleli che poi si articolano su più ali intorno al cortile, luogo in cui si lavora di più. La fattoria di Vitruvio è descritta con schema ad U, quindi schema diffuso che ha continuità per la sua funzionalità, schema mediterraneo. E’ cortile con perimetro rettangolare. Forse c’è hortus o recinto per gli animali all’esterno perché c’è un recinto. I muri hanno alzati in materiale deperibile, ma lo zoccolo è in tufo. I pavimenti sono in terra battuta, c’è forno a cupola per la ceramica e il focolare. Nel IV ma già V secolo le fattorie dell’Attica sono abbastanza siili ma dotati di portico e ambienti disposti su tre lati, strutture logiche e funzionali. Sono strutture presenti un po’ dappertutto quindi.

Ordona, fattoria di età augustea ha struttura simile alle fattorie dell’Attica: continuità di tradizioni.

Cosa/Ansedonia: ingresso da est, si entra nel cortile, poi ambienti abitativi in cocciopesto, il resto ambienti di tipo produttivo, con il torchio, ci sarà stata la cella vinaria e altri magazzini. E’ fattoria nell’ager cosanus (siamo nel II a.C.), quindi la seconda generazione di coloni che abitano in fattorie, ma per una produzione che è difficile valutare quanto vasta, sicuramente per autoconsumo e forse piccola vendita, la dimensione economica è però sicuramente limitata.

Piccole fattorie esistevano sin dall’epoca arcaica e continueranno ad esistere sempre, anche quando si svilupperanno le ville per ampia produzione, difficile stabilire il rapporto fra grandi ville e piccole fattorie, cioè non si sa se i proprietari delle fattorie pretassero servizio anche nelle ville. Solo l’epigrafia secondo gli storici può dare risposte, ma l’individuazione della distribuzione di ville e piccole fattorie possono dare risultati sull’ambito di pertinenza delle ville, cosa fatta nell’ager cosanus. Le grandi ville sicuramente mettono in crisi le piccole proprietà ma non le fanno sparire e in molti casi i coloni prestano manodopera salariata alle ville (le fonti spiegano che avere solo schiavi ha costo eccessivo, mentre la Su distribución está prohibida | Descargado por Juan Carlos Blanco Girona (blancogirona@gmail.com)

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manodopera salariale serve nel momento della raccolta, quando serve grande manodopera, servono in parte schiavi in parte salariati).

Villa dell’auditorium ad un certo punto rasa al suolo e costruito un edificio di 700 m quadrati tra fine VI e inizio V, più del doppio, è evidente che c’è cambio di proprietà e cambia anche la tecnica costruttiva. Carandini lo attribuisce ai nuovi patrizi che avevano espropriato territori plebei, le fonti ci parlano dal VI di esistenza di ville anche se non possiamo associare la manodopera schiavile più tarda. Questo edificio si articola in due settori: uno residenziale e uno rustico a sud. Ingresso sempre da ovest (verso nord si va nel settore residenziale, verso sud in quello di servizio, il torchio è nel settore residenziale). Altro elemento da notare è l’esistenza di un’articolazione a tre ambienti nel settore di fondo che potrebbe richiamare l’articolazione a tre ambienti delle regie. E’ stato rinvenuto anche un altare, culto degli antenati proprio delle classi gentilizie. Quindi c’è zona di servizio legata alla conservazione del prodotto. Nell’area sud si realizza un nuovo settore, grande recinto con degli annessi che potrebbe essere alloggio per la manodopera e recinto per animali.

Dal punto di vista tecnico i muri restano in materiale deperibile ma gli zoccoli sono in opera quadrata in tufo, tecnica monumentale che indica il livello dei proprietari. La struttura monumentale delle fondazioni è impressionante.

Fine V-inizi IV: il complesso viene ristrutturato, con la creazione di un particolare settore aggettante che già c’era prima interpretato come sacello, sicuramente collegato al culto e collegato verso l’esterno. Il settore meridionale pure rustico viene anch’esso ristrutturato e il cortile dotato di sistema ad impluvium.

Metà III a.C., nuovamente ristrutturato e la parte residenziale assume lo schema della casa ad atrio con schema a T, quindi passaggio da uno schema a cortile con tre ambienti di fondo tipici delle case di prestigio assume lo schema assiale della domus come nelle domus (Marzabotto nel V ci dà la documentazione più antica sicuramente si diffonde nel IV, ma non ne abbiamo documentazione, con Fregelle e le più antiche case di Pompei si datano III, quindi coeve a questa). In questo senso la fonte di Vitruvio è interessante: egli nel descrivere le case di campagna età augustea) fa un preciso riferimento: se si vuole realizzare qualcosa delicatius, cioè di più raffinato, sia costruita la casa di campagna secondo i principi di simmetria con cui sono realizzate le case urbane che ho descritto sopra, quindi ci mostra la possibilità di costruire anche in campagna il modello delle case di città, delle domus. Infatti molte ville prestigiose adottano lo schema della casa ad atrio nella parte residenziale. Quindi la villa dell’auditorium è finora un unicum in cui c’è sicuramente centro di potere e controllo del territorio, ma il vero e proprio fenomeno della villa con produzione e commercializzazione avviene solo a partire dal II a.C., che corrisponde all’epoca del trattato di Catone. Questo sistema economico della villa trova sede in strutture molto diverse fra loro, ci sono molte ville forse simplex rusticae che producono per l’esportazione. Documentazione del territorio di Pompei: ville dell’agro pompeiano che producevano vino per esportazione, la cui vita è cessata col 62 d.C. (?), col terremoto

Villa simplex rustica, di Boscoreale, (I a.C.-I d.C.): è fattoria totalmente disorganica probabilmente costruita dallo stesso proprietario ampliandola progressivamente e ha schema base incentrato su un cortile. Ingresso, cortile on portico su due ali, ambienti attorno e piccola area recintata, area scoperto con piccolo portico per la trebbiatura dei cereali (trovato il carro). Una cella ostiaria, la stanza del custode che controlla che non vengano rubati attrezzi agricoli e prodotti. Il torcularum, sede del torchio (4) con gran finestrone aggettante, così i grappoli erano buttati direttamente nella stanza senza dover entrare coi carri perché il vigneto era tutto attorno alla stanza. In 4 doveva avvenire la prima pigiatura e

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poi la torchiatura delle vinacce. Il 7 circa in asse con l’ingresso è unico ambiente decorato e affrescato era ambiente residenziale dove si faceva il banchetto. 8 deposito attrezzi, 9 cortile collegato con l’esterno dove è stato trovato il carro. 12 e 13 piccolo appartamento per l’alloggio degli schiavi dei lavoranti provenienti forse alcuni da fuori. A sud l’orto per le verdure. La strada di arrivo e attorno il vigneto. Nel 2, cortile, si ricava un grande ambiente 11, in cui ci sono 18 dolia de fossa, grandi doli in terracotta interrati per conservare temperatura e umidità più costanti dove si immagazzinava il mosto dopo la prima fermentazione nella vasca, poi trasportato e messo nei dolia dove avveniva la seconda fermentazione prima di esser travasato nelle anfore e disposto per la vendita, quindi è piccola fattoria ma che commercia.

Sempre a Boscoreale scavata altra villa, questa villa urbana e rustica con dimensioni molto più grandi 1500 m quadrati: ma lo schema non cambia: complesso incentrato su grande corte, occupata dalla grande cella vinaria (72 dolia) in parte. Parte urbana: ingresso, settore residenziale (1), banchetto e sala per il dominus che però abita a Pompei, settore della cucina con cortile per la macina del grano col forno (2), vicino alla cucina un piccolo impianto termale balneus per il dominus. Tutto il resto è produttivo, c’è anche torchio oleario oltre a due vinari. Un grande ambiente (11), o granaio o vinile o stalla e area esterna per la trebbiatura cerealicola. Plastico nel museo della civiltà romana, mostra del 1937. Aspetto interessante è che da questa villa viene lo straordinario servizio di argenteria (108 pezzi) venduti all’epoca della scoperta e quindi sparsi in vari musei. Rinvenuti nella vasca della spremitura del mosto sotto il torchio evidentemente nascosti dopo il terremoto del 62 la villa quindi non era attiva in quel periodo ma stavano facendo lavori di restauro. Sotto il torchio il lacus dove si raccoglieva il mosto con sistema di canalizzazione si riempivano automaticamente i dolia, quindi organizzazione industriale, non c’era bisogno che una persona che controllasse. Lo chiavo è lo strumento perfetto perché pensante. Man mano che un dolum era pieno si riempiva l’altro automaticamente. Architettonicamente la struttura si amplia ma rimane lo schema base della fattoria.

Altre ville hanno schema su due corti: settore residenziale che gravita su corte urbano e settore produttivo su corte rustica.

Vitruvio: sarebbe meglio anticipare il peristilio all’atrio. Intanto oltre a case ad atrio ci sono anche modelli di casa ad atrio e peristilio (quindi parti residenziali ancora più sviluppate). Meglio anteporre il peristilio all’atrio. Ma è più bello entrare e avere subito un giardino. Altro elemento secondo l’analisi archeologica che differenzia le residenze di campagna è che a differenza delle domus sono centrifughi quindi rivolti verso l’esterno, si dotano quindi di costruzioni che facciano innalzare la villa in modo da godere del paesaggio coltivato che è la ricchezza del dominus, anche in mezzo alla campagna residenze con parti urbane circondate da portici aperti verso la campagna, quindi l’edificio si immerge nel paesaggio. La villa dei misteri nel suburbeo di Pompei ha funzione quasi di residenza urbana perché è a pochi metri dalle mura della città ma si adotta il sistema atrio tablino, ambiente absidato, finestrato che gode della vista del mare, all’esterno grande portico aperto verso il mare, impianto termale. Nella zona in alto a sinistra verrà collocato un torchio.

Cosa/ Ansedonia: il progetto dell’ager cosanus è stato progetto pilota perché ha affrontato l’argomento adottando le metodologie e gli approcci corretti non si può studiare una villa senza collocarla nel territorio, quindi uno studio sistematico. Nella slide i pallini neri sono tutte ville. Sulla base della distribuzione delle ville è stato ipotizzato il fundus di pertinenza della villa: anche con metodi statistici (poligoni di Tissel ?), e si è ipotizzato che forse siano stati utilizzati i limiti dell’originaria centuriazione ma Su distribución está prohibida | Descargado por Juan Carlos Blanco Girona (blancogirona@gmail.com)

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si era adottato il terreno di quei piccoli proprietari. Uno di questi fundi, quello di pertinenza di Settefinestre, la villa di Settefinestre si colloca su un poggio, in una zona un po’ rilevata che ha migliore salubrità e domina il paesaggio.

11/11/15

Viene scelta come posizione della villa di Cosa una posizione naturalmente rilevata su poggi in modo da ampliare la superficie in orizzontale e sfruttare la basis villae per infrastrutture collegate al sistema residenziale (cisterna legata all’impluvium dell’atrio), sia all’attività produttiva. Quindi progetto ben preciso studiato a tavolino.

Planimetria della villa: era raggiungibile dalla via Aurelia, da cui si stacca la strada che porta alla villa, il complesso è estremamente compatto e geometrico su circa 10000 m quadrati comprensivi delle aree di giardino, nel coplesso della villa sono stati individuati edifici separati: il granaio (secondo le fonti preferibile separato dalla villa per prevenire gli incendi), belvedere dove il dominus si isolava coi suoi ospiti e godeva del paesaggio del suo fundus. In alto il limite dell’area coltivata a vigneto e le stradine che conducevano i vari settori. Nord in basso a sinistra: l’ingresso era dunque da sud (in alto nella slide), l’ingresso avviene attraverso la corte rustica. Le fonti dicono di orientare il fundus verso sud, per godere della migliore esposizione al sole. L’ingresso da sud entra nella corte rustica, su di essa si distrubuiscono in modo paratattico una serie di ambienti secondo lo schema base della villa (fattoria dell’Auditorium e descrizione della fattoria di Vitruvio, strutture ad U con parte edificata a sud. Dopo la corte rustica si aprono due percorsi, sul lato orientale (a sinistra) si apre la parte rustica, mentre invece il settore occidentale è occupata dalla pars urbana realizzata ex simmetriis urbanis (secondo lo schema della casa ad atrio). Attorno nel settore nord occidentale una serie di giardini parte della pars urbana destinati al dominus e agli ospiti (porzione considerevole).

Planimetria del corpo centrale: i cubicoli ai lati e una serie di oeci. La grande differenza è che tutti gli ambienti sono orientati verso il loggiato che occupa il lato in alto (è loggiato panoramico), tutti gli ambienti attorno al peristilio si aprono sul loggiato, compreso l’oecus corinzio. Anch’esso non è orientato né verso l’atrio né verso il peristilio, ma verso il loggiato. Prospettiva molto diversa dalla domus che è centripeda mentre la villa è centrifuga, verso l’esterno. Gli elementi sono gli stessi ma in prospettiva molto diversa. Un terzo sul lato orientale è occupata dal luogo produttivo: torchi e mola olearia. Scuderia per gli asini che servivano anche per muovere la mola olearia (piccola mola descritta dalle fonti conservata a Settefinestre, era la macina per spremere le olive, da qui raccolta la pasta di olive e spremuta nel torchio per ottenere l’olio d’oliva). Cavedio in alto a destra è il cortile in cui si manovrano i torchi (per vino e olio), cucina, balneum con acqua calda. Al piano superiore ipotizzata l’apoteca, zona riscaldata sopra la cucina per l’invecchiamento del vino già in anfora.

Vediamo le sezioni di questa villa: sezione est-ovest che attraversa la mola olearia. Al centro l’atrio, con l’impluvium collegato a cisterna a due navate scavata nel banco di tufo. Era atrio tuscanico.

Sezione del settore produttivo: corte rustica, ingresso che porta al cavedio con mola olearia, poi torchio per la pasta d’olive, leggermente abbassato il cortile per abbassare i torchi, intensionalmente progettato per il più comodo azionamento dei torchi. Poi ambiente con torchi vinari (la superficie di spremitura del torchio vinario collegata al lacus, vasca nella basis villae, dove avviene la prima fermentazione, da qui si Su distribución está prohibida | Descargado por Juan Carlos Blanco Girona (blancogirona@gmail.com)

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apre la canaletta che va a riempire i dolia dislocati in due file nel criptoportico che sostiene il loggiato, sistema a catena di montaggio perché il riempimento dei dolia avvenga in modo automatico. La mola olearia è una vasca in pietra, un basamento, una vasca in pietra, su cui è inserito un perno di legno a cui è attaccato un altro perno di legno attraverso cui passa un cilindro che viene fatto ruotare. Dentro il basamento si buttano le olive, si premono e si forma la pasta di olive separandosi dal nocciolo, tutto viene raccolto e portato nella spremitura dei torchi. Gli elementi fondamentali del torchio sono gli arbores, travi lignee verticali che servono a sostenere il praelum (trave orizzontale), che viene fatta scendere azionando il sistema a vite cn contrappeso. Le piscine sono ceste di vimini dentro le quali vengono poste o la pasta di olive o lo vinacce dell’uva dopo che si è fatta la prima spremitura coi piedi, poi si raccoglie il primo mosto e si mette dentro ai contenitori di vimini che poi sono premuti dal torchio con disco di legno. La superficie di spremitura si chiama ara, può essere in cocciopesto, in mattonelle di terracotta disposte a spina di pesce. Una canaletta raccoglie mosto o olio e lo fa defluire nella vasca di raccolta, che nella produzione del vino è un lacus piuttosto grande: mosto abbondante. Invece nella produzione dell’olio, l’olio estratto dalla pasta di olive è molto meno, quindi va in due vaschette più piccole, structilae gemellae, sono disposte vicine, si riempie prima una e poi la parte superiore siccome i depositi si appoggiano al fondo della vasca va a defluire nell’altra vasca. La forza che si deve esercitare per spremere l’olio è maggiore.

La vasca dove si pigiava l’uva si chiama calcatores.

Il cuore della produzione è vicino alla pars urbana ed è direttamente collegata sia dall’atrio che dal peristilio alla casa. Gli altri cubicola servivano all’alloggio del dominus. Appartamento per gli ospiti e appartamento per il procurator.

Nella corte rustica si trovavano gli alloggi per gli schiavi, ergastolum, a volte gli schiavi erano legati con catene (sono state trovate a volte le catene). Erano tutte celle, potevano essere alloggiati una trentina di schiavi, la cucina degli schiavi, la mensa, il valetudinarium (infermeria), sulla base del De re rustica di Varrone. Le celle vinarie ed olearie a sud, dove dopo l’ultima fermentazione venivano trasportate, pronte le anfore per la vendita, con ragionamento di tipo imprenditoriale: la dimensione di celle vinarie ed olearie non solo deve essere proporzionata alla dimensione dell’uliveto e del vigneto ma anche previsto dello spazio supplementare per tenere in magazzino i prodotti e poterli vendere quando il prezzo è più alto. Quindi studiato per il massimo reddito. La stalla per i bovini.

Slide successiva: il granaio, sicuramente si produceva il pane, struttura interna con pilastri, negli altri ambienti è stato ipotizzato fossero per qualche pecora e capra per sussistenza degli schiavi.

Molto interessante vedere l’architettura della planimetria della villa verso la fine del I d.C. In generale viene ampliata la parte produttiva ma differenziata la produzione, ampliata la parte residenziale che però appare conservativa, i pavimenti non sono rifatti, vengono costruite le terme, perché è moda e status simbol, non si è al passo senza le terme. Evidentemente l’economia sta tenendo eppure cambia la produzione per la crisi di olio e vino italico per la concorrenza delle provincie, olio spagnolo, vino francese, e olio dall’Africa. I torchi vengono dismessi, le celle olearie divise in più ambienti, tutto diventa magazzino, granaio, riconversione per cerealicoltura estensiva, questo consente di sopravvivere ancora per un po’ (alla metà del II sarà abbandonata in realtà, sopravvive solo per due generazioni), ha necessità di molta più manodopera, servono 100 schiavi e tra la pars rustica e un giardino costruite altri ergastolum. Il grosso problema è il nutrimento degli schiavi, quindi si costruisce il porcile per avere la carne per sfamarli inserito tra l’ergastolum e il granaio. Grave crisi della produzione italica. Su distribución está prohibida | Descargado por Juan Carlos Blanco Girona (blancogirona@gmail.com)

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I torchi vengono eliminati, tutto trasformato in magazzini: ricostruzione della villa nella sua seconda fase (seconda metà e fine I d.C.). Tantissime ville in questo periodo vengono abbandonate.

In Italia settentrionale la più grande villa è quella di Russi, Mansuelli aveva iniziato ad esaminare la villa dopo la scoperta della villa di Russi, una delle ville più organiche e simili a quelle centroitaliche, dove ci sono le vere e proprie ville. E’ inserita nella cinturazione di Faentia, è una delle tante ville che ci saranno, qui siamo ad 11 m sotto il piano attuale. Aveva un grande portico di ingresso (loggiatum), una prima corte rustica con magazzini a pilastrini (problema dell’argilla: se piove si impantana tutto) con intercapedini funzionali all’isolamento, poi la zona dei vari servizi (38-40), alloggio per lavoranti. Zona di cucina e fono. 3: calcatorium per la pigiatura dell’uva pavimentato in mosaico, non ha gli angoli vivi all’interno ma c’è cocciopesto che copre l’angolo per favorire pulizia e raccolta. 5 ambiente per banchetto che si apre su peristilio a tre bracci (1), pars urbana da cu si distacca una corridoio che porta agli ambienti residenziali del dominus e ad un balneus, zona riscaldata. Questa è la pars urbana molto più sobria con elementi tipici presi da modelli centroitalici. 2: magazzino a tre navate, di cui una dotata di pilastrino perché il pavimento non prenda umidità. 18: loggiato aperto verso la campagna, anche 43 aperto verso il giardino. Chiaramente non si fa mancare l’impianto termale. Modello centroitalico (romanizzazione).

Grandi ville si trovano anche nel Veneto, anche in Piemonte e Lombardia. Nell’epigrafia non abbiamo nessuna testimonianza di villici (schiavi che controllano l’operato degli schiavi che lavorano), soltanto una ad Aquileia. Mentre in centro Italia è numerosa questa epigrafia, il che fa pensare che vi fosse più manodopera salariata che non conduzione schiavile. Inoltre non si trovano ergastula, oltre che iscrizioni di procurator. Altro problema se i domini abitavano in campagna o in città, in Italia centrale sappiamo benissimo che erano abitanti delle città, a Roma anche senatori. Forse anche in Italia settentrionale era così per le ville più grandi mentre fattorie più piccole abitate stabilmente. Tuttavia archeologia e epigrafia non documentano.

16/11/15

Concezione della morte nel mondo romano e come avveniva il funerale

Il concetto di aldilà nel mondo roano: le speculazioni filosofiche delle fonti non avevano in realtà presa nella popolazione romana, la concezione dei Campi Elisi era riservata ad una ristretta fascia della società (medio-alta). L’uomo comune si può pensare che non credesse alla sopravvivenza dell’anima dopo la morte e tutta la ritualità funeraria era impostata per far sì che il defunto venisse assorbito nella comunità degli Dei Mani, un’indistinta comunità che andava ad accorpare le anime di defunti senza distinzione (iscrizione frequente Di Manes). Gli dei mani andavano ad affiancare i Lari e i Penati anche nella dimensione domestica. Era necessaria però una iusta sepoltura per permettere al defunto di raggiungere gli dei Mani, in quanto senza di essa c’era il rischio che il morto diventasse uno spirito maligno capace di propagare il morbo della morte nella sua famiglia e nella comunità, quindi la iusta sepoltura lo collocava nella comunità dei morti. Serviva quindi a ripristinare l’equilibrio. La famiglia colpita dal lutto era funestata, quindi partecipava della condizione di contaminazione del defunto, era percepita dalla comunità come famiglia affetta dalla morte, attraverso il rito la famiglia poteva rientrare nella comunità senza propagare il contagio della morte. Su distribución está prohibida | Descargado por Juan Carlos Blanco Girona (blancogirona@gmail.com)

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Il rituale funebre era scandito da diverse tappe: dopo la morte dell’individuo si dava al defunto un ultimo bacio, con il preciso scopo di far sì che il suo spirito non diventasse un lemure, ad evitare che lo spirito diventasse preda dei lemuri e spirito maligno e spesso le pratiche di questa fase iniziale venivano svolte dalle donne della famiglia (cosa che caratterizza zia mondo greco che romano). In seguito la conclamatio: gridare a gran voce dopo averne costatato la morte (l’ultimo bacio serviva anche a vedere se respirava) il nome del defunto veniva gridato per far conoscere al resto della famiglia e della comunità che si era verificato un lutto, perché morte era contaminazione e la gente doveva stare alla larga. Poi la vestizione ad opera delle donne ed infine la deposizione del corpo in una parte precisa della casa. Documento iconografico: bassorilievo facente parte del monumento degli Haterii, dislocato sulla via Labicana, faceva quindi parte delle necropoli di Roma ed è rappresentata la depositio: il defunto è sdraiato nell’atrio, vediamo le tegole del tetto e la decorazione, quindi una grande quantità di supporti per l’illuminazione, vediamo suonatori, i membri della famiglia in basso, il defunto rivolto coi piedi verso l’atrio. Questa ricostruzione si basa su raffigurazioni dell’alta società, per la classe bassa dobbiamo pensare ad una più semplice decorazione. La deposizione nell’atrio della casa, con le porte della domus aperte serviva per far vedere a chi passava in strada che all’interno della famiglia si era verificata contaminazione quindi serviva ad avvisare del pericolo la comunità, tanto che anche le porte della casa venivano segnalate col lutto, sugli stipiti della porta, con rami di cipresso. La famiglia funestata doveva indossare per il lutto vesti di colore nero (toga pulla, atra, sordida), quindi vesti scure non usate nella vita quotidiana che servivano a rimarcare la situazione al resto della famiglia. Seguiva poi la processione. Dalle fonti sappiamo che il rituale funebre romano non durava moltissimo: subito dopo la morte si iniziavano subito le pratiche per il trasporto alla necropoli. Pompa funebris era chiamata la processione. Rilievo da Amiternum (L’Aquila), dov’è raffigurata la scena del trasporto di una defunta verso la necropoli: davanti al feretro vediamo i suonatori e le prefiche (un tempo le donne della famiglia, ma nell’alta società si parla di figure femminili assoldate per fare questo mestiere: gridare a gran voce tessendo le lodi del defunto). La defunta è raffigurata come se dormisse. Seguono i membri della faiglia con dimensioni diverse a seconda del grado di importanza, i membri più piccoli dovevano essere la servitù. Il ferculum era il feretro: esemplare della necropoli di Fossa (sempre L’Aquila): letto funerale simile a quello del triclinio, diverso per la decorazione. La processione aveva come punto finale la necropoli, dislocata al di fuori dell’ambito urbano, lo sappiamo dalle XII tavole, raccolta di norme della metà del V a.C., in cui c’è una prescrizione per cui nessun morto può essere sepolto o bruciato all’interno della città e deve essere “sepelito neve urito” fuori dalle mura. Inumazione e cremazione erano le due possibilità. In realtà ci sono eccezioni di seppellimento: i personaggi benemeriti distintisi per atti di evergetismo, per i loro meriti per la comunità, spesso venivano onorati con seppellimento urbano, stesa cosa vale per gli imperatori. I bambini appena nati: i feti abortiti ma anche i bambini nati morti venivano sepolti all’interno delle mura domestiche, spesso in corrispondenze delle soglie o del focolare, sotto il pavimento (ci sono testimonianze del IX sec. che vanno avanti a lungo coinvolgendo tutto il bacino del Mediterraneo, quindi un’antichissima e diffusa tradizione, si trattava anche di una forma di protezione verso i bambini). La morte del bambino è percepita diversamente a seconda della fascia d’età. Differenza nella pratica d’incinerazione (o cremazione):

-diretta: coincidenza fra il luogo di cremazione e il luogo di seppellimento

- indiretta: cremazione in un luogo specifico e poi il prelievo dei resti cremati e la deposizione in un altro luogo Su distribución está prohibida | Descargado por Juan Carlos Blanco Girona (blancogirona@gmail.com)

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Su come denominare queste due pratiche c’è dibattito: secondo la scuola francese si tratta di creare ambiguità chiamandoli così, diretto e indiretto sono termini impropri, sembrerebbe intendere una sorta di graticola che faceva da separazione invece la distinzione è proprio dell’ambiente. In tutto il panorama di studi europei vi è grande dibattito ed ogni scuola dà una terminologia diversa.

Lo strinum è il luogo in cui avveniva la cremazione, il sepulcrum era invece il luogo di seppellimento finale. Il bustum indica di solito le incinerazioni dirette, è una parola che si trova nelle fonti interpretata così anche se ultimamente la scuola francese ha messo in discussione questo termine dicendo che il suo utilizzo nella letteratura moderna rischia di essere arbitrario in quanto si trova in un passo di Festo e può essere interpretato anche in altro modo.

Quindi tre modalità di seppellimento a volte coincidenti, a volte con differenziazione cronologica. Per il settore occidentale dell’impero (penisola italica e province occidentali), si può parlare di questa differenziazione: in età repubblicana le due forme di sepoltura (incinerazione o inumazione) coesistono e dipendono molto dalle tradizioni preesistenti (per esempio in ambito veneto il rituale prevalente è la cremazione, per cui le testimonianze della romanizzazione ripetono le stesse dinamiche presenti nel substrato locale, in area invece centro e sud italica dove l’inumazione era prevalente essa prevale anche in età tardo repubblicana). A partire dalla fine del I a.C., in età augustea le cose cambiano: se prima coesistevano le due modalità, ora inizia a dominare la cremazione nelle due forme diretta e indiretta. Mentre a partire dalla media e tarda età imperiale il rituale di cremazione cede il posto a quello di inumazione. Solitamente si è visto che i grandi centri, quelli che avevano ruolo economico importante, quindi i punti nevralgici nella rete commerciale del mondo antico hanno un passaggio precoce da incinerazione e inumazione, cosa che nelle aree di campagna e nelle aree dislocate dai centri economici avviene più tardi (sono fuori dalle dinamiche commerciali e culturali). In età tardo antica l’inumazione diventa quindi prevalente. Su questo passaggio (II d.C.) c’è un dibattito in corso in quanto non si sa il perché di questa trasformazione: ipotesi il diffondersi dei culti orientali o di concezioni filosofico-pitagoriche che predicavano l’inumazione come forma di conservazione del corpo, ma si può pensare anche ad una moda, per cui l’arrivo di grande quantità di uomini dal mondo orientale ha influenzato il modo di seppellire. Quindi un panorama sociale più variegato avrebbe portato ad un cambio delle modalità.

Arrivati nella necropoli si procedeva con l’allestimento della pira funebre preceduto dal sacrificio di un maiale a Venere (porca praesentanea), il sacrificio serviva a rabbonire la dea e a far in modo che accogliesse nel proprio regno le spoglie del contaminato. La pira funebre può essere ricostruita tramite alcune monete del II d.C., nel rovescio monetale, questa è la pira fatta da Marco Aurelio in onore del padre adottivo morto e divinizzato: vediamo più piani il defunto collocato in quello superiore, ma non si esclude in quello centrale. Le cremazioni del mondo antico erano probabilmente molto simile a quelle praticate in alcune aree del mondo asiatico, per esempio India e Nepal, quindi con cataste formate da più piani dove il defunto poteva essere anche posto nei livelli intermedi per facilitare la bruciatura.

L’Ustrinum era probabilmente dislocato in aree marginali infatti nelle necropoli scavate non sono stati trovati: non dovevano intralciare la parcellizzazione dell’area sepolcrale ed inoltre la dislocazione nelle vie di transito era utile per l’arrivo del materiale. Nella maggior parte delle necropoli non sono stati identificati ustrina anche perché (nonostante casi eccezionali di monumentalizzazione di ustrina) dobbiamo pensare a strutture a cielo aperto: piano lasciato libero dove la catasta veniva di volta in volta rinnovata per le cremazioni. Si distinguono perché in quelle aree c’è una stratificazione di strati Su distribución está prohibida | Descargado por Juan Carlos Blanco Girona (blancogirona@gmail.com)

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carboniosi. Esistevano anche ustrina individuali, cosa riconosciuta anche a Padova, ma presente in tutto il mondo romano: erano fosse molto grandi in cui la catasta si costruiva. Si riconoscono per la presenza di una focatura: una rubefazione delle pareti dovuta alla cottura delle pareti della fossa durante la combustione (coinvolge in parte anche il fondo), a volte a livelli dovuta al fatto che le aree di rubefazione si alternavano nelle zone in cui il legno della catasta aderiva alle pareti della fossa. All’interno di essa c’era anche una buona areazione per far sì che il legno bruciasse e la parete assumesse colore rosso (non nero, perché avrebbe indicato un’ustione sbagliata). Al termine del rituale di cremazione le ossa (tranne i casi di sepoltura in loco) venivano prelevate con un rituale chiamato ossilecium. Attività che accompagnavano la cremazione erano libagioni: si versava vino sulla pira, poi c’erano profusiones, lo spargimento di olii che servivano anche a coprire i cattivi odori delle carni in combustione. Poi il silicernium, un banchetto funebre in cui le pratiche venivano stravolte: era un banchetto a cui partecipava il defunto con pietanze a lui destinate disposte sulla pira e le persone a fine pasto gettavano i resti del banchetto e il vasellame usato nella pira. Erano infatti oggetti che erano stati a contatto con la morte e dunque non potevano essere riutilizzati nella vita quotidiana, si dava al defunto il sangue e le parti della carne che non si mangiano. Gli oggetti combusti troviamo tazze coppe bicchieri, e balsamari (contenitori di vetro usati per le aspersioni). Negli scavi questi oggetti si ritrovano (erano combusti, quindi si trovano bruciati), i balsamari non hanno più la forma di prima ma sono fusi (il vetro fonde a basse temperature). Una volta che le ossa venivano prelevate dovevano essere collocate nel luogo di sepoltura accompagnato da riti: aspersione di unguenti profumati e deposizione di offerte. Tutto questo lo vediamo nelle necropoli con la presenza di oggetti molto diversi nel loro stato di conservazione: non sono bruciati ma interi, al massimo fratturati intensionalmente per sancire che non possono essere utilizzati nel mondo dei vivi. Ci sono accanto ad essi alcuni oggetti che non hanno nulla a che vedere con le pratiche rituali: gli oggetti con valenza simbolica o apotropaica: per esempio le monete (oboli di Caronte), che non sono però una costante nelle necropoli (cambia da zona a zona e anche a seconda di come doveva essere il rituale nella comunità). La stessa cosa riguarda le lucerne, simbolo di vita, servivano ad illuminare il viaggio del defunto verso l’aldilà. Spesso nelle tombe dei bambini, i quali avevano bisogno di protezione particolare, troviamo amuleti, pendagli, tintinnabile, campanelli cioè e chiodi. Che servivano a proteggere il bambino per non far sì che divenisse preda degli spiriti maligni. Vi sono altri elementi: oggetti d’abbigliamento, perché il defunto era vestito da tutto punto, poi oggetti della toilette, soprattutto femminile, e anche giochi. Dall’abbigliamento e dagli oggetti d’acconciatura capiamo la condizione sociale del defunto, a volte si trovano anche penne e oggetti di scrittura. A partire dalla media e tarda età imperiale i rituali con offerte alimentari ed aspersioni di unguenti diminuiscono (nelle necropoli riscontriamo meno oggetti), per cui forse il rituale diventa meno appariscente e più intimo.

A conclusione del seppellimento altri rituali che dovevano sancire il ripristino della normalità: la suffitio era una purificazione della famiglia funestata perché potesse rientrare nella comunità. 9 giorni dopo il decesso la famiglia si ritrovava nella cena novem dialis nel luogo della sepoltura: si facevano libagioni, sacrificio agli dei mani, ai Lari della famiglia, sempre per sancire il distacco dai vivi del morto e il ripristino dei vivi nella comunità. Ne abbiamo testimonianze archeologiche: i tubuli, cioè i condotti libatori (difficilmente conservati dato che i piani di calpestio spesso non si conservano nelle necropoli), tubuli in terracotta o in piombo, ma anche anfore, che venivano riciclate, tagliate ed utilizzate come condotti libatori. Le aree di necropoli sappiamo che erano frequentate molto più spesso rispetto ai nostri cimiteri, c’erano molte date oltre a quelle familiari anche sancite dal calendario romano: Su distribución está prohibida | Descargado por Juan Carlos Blanco Girona (blancogirona@gmail.com)

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- parentalia (mese di febbraio): festa principale al mondo dei morti

- rosalia (maggio, mese delle rose)

- lemuria (maggio)

Per esempio nella necropoli di Sarsina vediamo in corrispondenza delle sepolture frammenti di vasellame a scopo votorio che attesterebbe le pratiche di libagione attorno al sepolcro.

Organizzazione delle necropoli

Le necropoli erano molto verdi, con monumenti di prestigio alternate anche ad aree sepolcrali più semplici. Erano dislocate per esempio a Padova quelle urbane all’esterno di norma dell’abitato e non in posizione casuale ma in una posizione che garantiva visibilità alla sepoltura, quindi lungo gli assi stradali principali che garantivano il collegamento con gli altri centri importanti intorno. Questo è legato alla necessità di visibilità del sepolcro: la perpetuazione della memoria era l’unica possibilità di sopravvivenza per il defunto. Abbiamo anche necropoli nelle campagne: si parla di necropoli prediali in corrispondenza di un fundus, collocate in posizioni marginali del fundus ma anche lungo le strade per consentire visibilità.

I parametri erano visibilità (maggiore prestigio era la posizione vicino alle porte urbiche, ma anche strade di traffico e luoghi di spettacolo, che erano in zone periferiche. I luoghi di spettacolo erano punto di attrazione per sepolture). Ai cittadini benemeriti veniva assegnato un terreno in posizioni di prestigio, per esempio la tomba della sacerdotessa Mania a Pompei, dislocato in una posizione di prestigio vicino alla porta Ercolano, era stato lo stesso consiglio dei decurioni a donare questo terreno in quanto lei si era distinta per evergetismo. Questo poteva anche essere contrario: nel senso che alcuni membri evergeti destinavano il fondo ad altri: Horatius Balbus di Sarsina per esempio aveva fatto lascito ai concittadini di un’area di sepoltura. Il terreno veniva delimitato con cippi o pali. C’è uno studio sulle dimensioni di questi appezzamenti, in particolare ad Altino, dove grazie alle iscrizioni funerarie si è vista una ricorrenza di pedatura (pedes romani che si ritrovano nelle iscrizioni funerarie: sulla fronte un tot. Di pedes, in profondità un altro tot, dunque misurazione), questo potrebbe indicare una parcellizzazione a priori dell’area. Questo è stato visto ad Altino, ma anche in Spagna o a Padova. La progettazione delle strutture monumentali era affidata ad architetti specializzati: la pianta del monumento funebre era raffigurata sul monumento stesso ed era prescrizione testamentaria, il defunto voleva che il suo monumento avesse quella forma.

Tipologie

Dinamiche soprattutto riscontrabili a Roma, ma soprattutto per le fasi più antiche ogni area aveva delle tradizioni proprie preromane che spesso non coincidono con quello che stiamo per dire. Questi riguardano l’area centro italica.

IV-III a.C.: non abbiamo grande monumentalizzazione del sepolcro a Roma, prbabilmente non si doveva esprimere al livello monumentale ma durante la cerimonia, quindi la ricchezza è espresso semmai dagli Su distribución está prohibida | Descargado por Juan Carlos Blanco Girona (blancogirona@gmail.com)

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oggetti tombali. Anche in aree venete non abbiamo grande monumentalizzazione all’esterno. Le tombe di questa fase sono a camera ipogea.

Nel II a.C. si vedono le prime avvisaglie di un cambiamento che interesserà il I a.C., momento di grande prosperità per Roma che si riflette anche nelle necropoli dove si iniziano a distinguere le tombe dei ricchi con monumentalizzazione esterna. Per esempio il sepolcro degli Scipioni, un sepolcro monumentale che però viene ad impostarsi su un substrato preesistente, in quanto la tomba esisteva già prima (struttura ipogea simile a quelle del III-IV), ma l’aggiunta della monumentalizzazione avviene nel II a.C., su influenza del mondo greco. Monumento con semicolonne che delimitano nicchie in cui erano collocate statue onorarie. Nel basamento affreschi con scene di trionfo. La monumentalizzazione del sepolcro si affianca anche ad una dislocazione particolare: in questa fase lungo le assi stradali, ma il sepolcro degli Scipioni è in posizione trasversale, non è rivolto verso la strada, non è affacciato ad essa, ma vicino.

La monumentalizzazione del II a.C. riguarda la classe senatoria e i ricchi. Nel I a.C. anche a causa delle dinamiche storiche di questo periodo si hanno cambiamenti nelle necropoli: diventa marcata la necessità di far emergere la propria sepoltura sfruttando la posizione e il moltiplicarsi di tipologie monumentali. Le più comuni sono:

-tumulo: è la rielaborazione di un modello antico, vedi per esempio i sepolcri di Cerveteri del VII, la tomba di Munazio Planco a Gaeta riprende questa struttura. Camera interna, basamento con tamburo cilindrico e cono di terra superiore. Per esempio la tomba di Cecilia Metella, pur essendo un rifacimento medievali (non esisteva la merlatura). Mausoleo di Augusto. Nel mausoleo di Adriano si ha una rielaborazione del modello di base e commistione fra la tomba a tumulo italica e l’influenza orientale

-edicola: grande diffusione in area cisalpina e nelle province occidentale, caratterizzato da zoccolo di base ed edicola soprastante con statue dei defunti mentre la tomba si trova all’interno o al di sotto del basamento. I primi sono molto compatti con forma di sacelli con basamento ridotto quindi. Con il tempo si ha un’esplosione in altezza (PER ESEMPIO Glanum in Gallia, o in Slovenia, o a Colonia). Abbiamo anche strutture più semplici per esempio il monumento funerario dei Volumni a Monselice, che faceva parte di una necropoli prediale. Monumenti a pseudo-edicola, la maggior parte delle strutture dovevano avere segnacoli molto semplici, quelle del ceto meno abbiente, erano stele con iscrizioni.

-piramide: un unicum è la piramide di Cestio a Roma, riflette la volontà di creare qualcosa di appariscente per connotare la famiglia, la forma della piramide era un’allusione alla vittoria di Azio e alla conquista dell’Egitto.

A Roma con l’avvento del principato Augusto cerca di limitare questa concorrenza che si rifeltte nella contrazione delle strutture delle necropoli, i ritorna a strutture meno appariscenti, strutture ipogee caratterizzate all’interno da più locoli, senza grande appariscenza all’esterno. Al massimo c’erano recinti all’esterno in cui fare pratiche funerarie.

-recito, si diffonde nel II a.C., poteva essere non solo in materiale lapideo, ma gli scavi lungo la via Annia hanno mostrato come potevano essere in materiale deperibile come pali di legno che però presentavano agli angoli il riferimento alla pedatura (conferma della parcellizzazione dell’area sepolcrale e anche per conoscere le dimensioni dei recinti, diverse in base alle condizioni economiche).

Nel I a.C. avranno diffusione non solo a Roma ma anche in ambito provinciale. Su distribución está prohibida | Descargado por Juan Carlos Blanco Girona (blancogirona@gmail.com)

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Monumento di palazzo Maldura

Si è quasi in corrispondenza dell’ingresso settentrionale all’abitato (in grigio le aree di necropoli, vediamo a sud e ad est), invece i puntini neri in slide corrispondono ai ritrovamenti funerari d’età romana, vediamo che sono in corrispondenza delle strade: a sud quella che portava a Bologna, ad est invece la via Annia che portava ad Altino e poi Aquileia, a nord invece la necropoli si sviluppava su tre arterie: via beato pellegrino portava all’altopiano di Asiago, quella di piazza mazzini verso nord ad Asolo e quella verso Vicenza da via savonarola. Quella del Maldura è al centro di quest’area. Vediamo un recinto: non si conserva l’alzato ma solo le strutture di fondazione, era un monumento contraffortato lungo la parte interna al cui interno grande area di combustione (interpretata come ustrinum, delimitato da un muretto che non si capisce bene quale sia la sua funzione, ma probabilmente funzionale alle pratiche cerimoniali che accompagnavano la cremazione, per esempio colui che doveva controllare la combustione, l’ustor, poteva collocarsi qui). All’interno vediamo il basamento di una struttura monumentale: vediamo la fondazione che doveva sostenere un dado con iscrizione soprastante. All’interno è stata trovata una tomba di prestigio, una cassa litica che conteneva resti selezionati prelevati dal rogo insieme ai balsamari (era un ossuario di livello). Lungo i muri perimetrali altre sepolture molte delle quali legate a bambini, questo caso dislocati lungo il perimetro del recito, alcuni contenuti in coppi contrapposti, altri con una tegola sovrapposta. Grazie ad un passo di Plinio sappiamo che non venivano mai incinerati, i bambini non venivano mai incinerati, solo inumati nel rispetto del corpo, in realtà ad Altino si è vista cremazione di bambini ma magari più avanzata. Questa è cinerazione indiretta. I resti sono tati cioè spostati.

17/11/15

Villa di Russi, nell’agro dell’antica Faentia, uno degli esempi dell’Italia settentrionale più vicino al modello delle ville urbano-rustiche, con settore rustico e produttivo e una parte residenziale. Se anche non rispetta la simmetria, ha modelli che richiamano quelli centro-italici (cubicola simmetrici ai due lati, ricerca di assialità intorno al peristilio ad U, minore apertura sui peristili, adattamenti cioè legati al clima e alla diffusione della casa a corte in ambito urbano. Gli atria nell’Italia settentrionale sono pochissimi, la maggior parte sono a corte. Le lastricature pavimentali sono un adattamento al clima molto piovoso).

Un altro caso è la villa di Varignano (S. Margherita Ligure), è una villa costiera, anche con la darsena, ma allo stesso tempo non è solo d’ozio ma anche produttiva, ha forti connessione probabilmente i proprietari con il centro Italia. Schema di atrio a T con alae e peristilio vicino, poi settore produttivo incentrato su una o più corti lastricate con un torchio (zona favorevole alla produzione olearia e vinaria, esposizione del versante verso sud, favorevole il clima). Posizione strategica sul mare con approdo utilissima per la vendita dei prodotti. Nella slide l’edificio staccato è una cisterna per l’acqua. Si adegua alla linea di costa con la sua forma ad L. Ville fortemente ispirate ai modelli centro-italici ma che si adattano al modello.

Continuità del substrato celtico anche negli insediamenti rurali che però subiscono in parte una romanizzazione. Nel Veneto troviamo piccole fattorie, questo fenomeno riguarda in realtà l’intera penisola, è vero che ci sono abbandoni di molte piccole fattorie nel I a.C., ma la proprietà spesso continua ad esistere. Nel Veneto le fattorie sono 3. Ben due fattorie sono state scavate integralmente, Boschi S. Anna, in verde gli ambiente residenziale, color seppia funzione rustica, quello che resta in Su distribución está prohibida | Descargado por Juan Carlos Blanco Girona (blancogirona@gmail.com)

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bianco o mista o non definibile. Si ha ambiente centrale con focolare di carattere domestico ma anche usato per la produzione, ambiente V strutturazione pavimentale in cocciopesto, unico ambiente così. Questi ambienti (VI e VII) hanno un ingresso autonomo e sono collegabili a magazzini per attrezzi. Tutti i muri si trovano esattamente alla stessa quota: fondazioni e zoccoli con frammenti di tegole molto ben strutturati, è evidente che avevano alzati in materiale deperibile (non ci sono buchi per pali sugli zoccoli dunque l’alzato o era in pisè, cioè argilla pestata, oppure ci fosse sopra lo zoccolo una trave orizzontale con fori per l’innalzamento di una struttura lignea, infatti si trovano raramente mattoni. Doveva essere la norma costruire gli alzati in materiale deperibile, quello che non manca mai è lo zoccolo perché salga l’umidità e le tegole e i coppi. La villa di Settefinestre ha quasi tutti i muri in argilla, quindi non segno di primitività ma la norma soprattutto quando il territorio ha molta disponibilità di argilla.

Altra fattoria simile è Lugugnana, la casa del colono. Qualcuno degli ambienti ha pavimentazione. Queste fattorie sono prive di ambienti scoperti interni ma sono un nucleo compatto di ambienti affiancati con schema centrifugo cioè molte aperture verso l’esterno, settore dell’aia strutturato con laterizi, gran parte delle attività si svolgono all’esterno della casa e molti ambienti sono aperti all’esterno.

Cronologia a partire dall’età augustea, fino al II d.C.

Altra tipologia di edifici: Straelle di Camposampiero: due ali distinte attorno ad un’area scoperta, schema ad U sembra essere la tipologia in assoluto più diffuso. Ville incentrate su un’unica corte su cui gravitano sia gli ambienti residenziali che produttivi (è la villa simplex rustica di Varrone? Difficile stabilirlo. Siamo comprese le aree scoperte sui 1000 mq, la grande differenza è che i cortili sono esterni. Inoltre si è riscontrato che le parti produttive si collocano più frequentemente ad est, mentre ad ovest la parte residenziale e i cortili sono aperti solitamente a sud, in quanto hanno bisogno di sole. Questa tipologia ad unica corte è lo schema più comune, ce ne sono anche fino a 3000 mq, per esempio S. Pietro in Cariano, terreno carsico, atto alla produzione vinaria, uva zuccherina, si è scavata un’area molto più estesa della villa, dimensioni notevoli, quasi 3000 mq, quella in seppia area rustico produttiva. 1 cisterna per l’acqua (zona carsica, si deve recuperare l’acqua piovana). L’ambiente con strisce nere oblique: in esso sono stati trovati mosaici, forse parte residenziale. Si esclude lo sviluppo di un’area meridionale, più probabile struttura ad U. Era corte colonnata. L’ambiente più a destra era ambiente a più navate. Ha nove ambienti con pilastrini aggiunti nel tempo. Vari ambienti riscaldati si ricavano intorno al portico e intorno al cortile. Si è ipotizzato impianto termale, ma più probabile sono fumaria legati alla produzione del vino, chiamati anche essiccatoi. Siamo in zona umida e fredda: Plinio, nelle Alpi si era soliti riscaldare i tini o le cantine perché non si fermasse la fermentazione durante gli autunni freddi. Nella valle della Mosella sono documentate fattorie con ambienti a pilastrini riscaldati nelle ville con produzione vinaria. I produttori moderni di vino hanno rivelato che anche oggi tutte le cantine vengono riscaldate, quindi è un’ipotesi non documentata dalle fonti in Varrone e Columella, solo da Plinio, ma tenendo conto che Varrone e Columella operano e parlano del centro Italia e non possono conoscere queste situazioni che sono evidentemente adattamenti al clima. Per esempio tantissime domus dell’italia settentrionale hanno vani riscaldate per i settori residenziali, delle vere e proprie stufe.

Altro elemento peculiare di molte ville del nord est è la presenza di un ambiente residenziale absidato collocato in posizione assiale rispetto all’edificio. Anche qui era stato interpretato come terme. In alcuni casi è possibile che siano ambiente termali, ma in molti cosi sono residenziali, anche decorati a mosaici. Qualche studioso crede che l’ambiente absidato sia stato aggiunto dopo (è di età tardo imperiale), invece molti del nord est è stato documentato che sono di età augustea. Su distribución está prohibida | Descargado por Juan Carlos Blanco Girona (blancogirona@gmail.com)

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Loreo-Corte Cavanella: darsena coperta, protezione per barche da pesca. Edificio articolato su tre lati del cortile colonnato con un lato aperto verso la laguna. Una serie di ambienti residenziali e produttivi: abside contraffortata è storta ma fa parte dell’impianto mentre VII è l’inizio di un abside. I ritiene che nasca come villa destinata allo sfruttamento del mare: 11 vasca con canaletta per vivarium, tenere i pesci vivi in acqua. I materiali trovati a partire dal II d.C., la quantità di ceramica trovata fa pensare che sia stata trasformata in una mansio lungo il percorso lagunare, documentato nelle fonti letterarie.

Bassano del Grappa: si è scavata tutta la parte residenziale invece in superficie un altro settore non indagato senza materiali di pregio per cui si pensa che anche in questo settore vi fosse sviluppo ma di tipo normale. Pavimenti battuti e decorati con tessere di mosaico e lastrine di marmo.

Ponte San Nicolò: una serie di ambienti affiancati con focature, una produzione che non sappiamo ricostruire, non si sono fatte analisi sul piano calpestio. La parte a sinistra doveva essere quella residenziale non possibile indagare. L’altra parte ha apertura verso nord, ma forse siccome passa lì il fiume, rivolgere l’edificio verso il fiume.

Portogruaro: ambiente absidato e pavimentato in mosaico al centro, caratterizzata da impianto incentrato su una grande corte su cui gravitano settori residenziali e produttivi.

Disegni di ville che avrebbe scavato Michele Della Torre in Cividale del Friuli: ci lascia un album di piante. C’è grande discussione se siano inventati o no, per molto tempo considerati falsi, lui scava anche terme all’interno di Cividale, e la pianta era simile, quindi si è riaperta la discussione e ora si sta scavando per vedere se può corrispondere. Mostra ville incentrate su grandi corti.

Villabartolomea (Venezia Nuova, comune di Legnago), scavata negli anni 50 da Maria Fioroni, è villa scavata con le metodologie del tempo, cioè sterrata e non tutta, mai pubblicata, mai studiate le cento casse di materiali che giacciono nei magazzini, ancora da studiare. Villa di grande capacità produttiva che vive a lungo e subisce molte trasformazioni. Foto dell’area dello scavo: alcune zone scavate estensivamente altre non studiate all’interno. Studiando la planimetria. E’ villa di una tipologia diversa che ha grande sviluppo lineare con una loggia frontale, con settore residenziale centrale su piccolo peristilio su cui si aprono ambienti residenziali, fra cui l’unico ambiente con decorazione a mosaico (distrutta come gran parte del terreno perché si è arato il terreno intorno.) Ai lati ambienti più grandi sembrerebbero con funzioni rustico stalle o depositi per derrate ecc… Edificio isolato con muri contraffortati (tipico degli edifici con funzione di granaio), le due piccole strutture ad u sono un praefurnio si tratta di un essiccatoio, è n granaio cioè con 2 essiccatoi che servivano a mantenere umidità e temperatura costante durante l’anno per evitare parassiti e muffe dove si conservavano le derrate alimentari (siamo in area di bassa pianura con falda molto alte e le caratteristiche climatiche spiegano questa struttura, confronti con la Gallia e altre zone climaticamente affini). Costruito un ulteriore nucleo davanti alla parte residenziale nelle epoche più tarde. Ha lunghissima continuità di vita. La produzione principale dovrebbe essere cerealicola, il che spiega l’essiccatoio e i grandi magazzini. Vino retico: che Augusto non voleva mai mancasse nella sua mensa, celebrato anche nelle fonti la produzione di alica, cioè farro delle pianure veronesi, dunque dovevano essere prodotti di grande qualità.

Villa di Premariacco: tradizione molto diffusa, la prima evoluzione della casa è a sviluppo trasversale con ambienti affiancati aperti su una corte, fa parte della tradizione edilizia etrusca anche laziale. La domus Su distribución está prohibida | Descargado por Juan Carlos Blanco Girona (blancogirona@gmail.com)

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regia è all’inizio casa a sviluppo lineare, forma che a volte si mantiene. Ad un certo punto si preferisce chiudere la corte perché gli schiavi non scappino o nessuno rubi. Tipologia che avrà grande fortuna.

Villa di Firmano: ambiente di prestigio absidato. Raro. Abside curvilineo all’interno e all’esterno poligonale. Tre ambienti absidati in Friuli hanno questo tipo di costruzione, curvilinea all’interno e poligonale all’esterno, quasi fosse una moda architettonica di quell’area, cosa non presente nel territorio veneto. Per esempio la villa di Vidulis. J: settore produttivo con vasche legate alla lavorazione della lana (alta pianura allevamento). Ambienti con pilastrini sono intervento di IV d.C. che comporta la costruzione di un grande complesso termale.

Villa di Marina di Lugugnana: è stato trovato un torchio che è una vasca in mattoni, tegole frammentate realizzata all’interno di un cassone di legno più ampio forse per isolare dall’acqua che è un lacus che raccoglieva il mosto, presenza di tanti vinaccioli documentata. Scivolo in pendenza dentro alla vasca. Ara di spremitura e vasca per la raccolta del mosto. XIV: è dove c’è la vasca a ridosso del muro perimetrale: nessun basamento per sostenere gli arbores del torchio, però vi si trova un basamento in mattoni che si pensa sia davanti alla superficie di spremitura. I pensa fosse usato il torchi con il praelum inserito all’interno della struttura muraria. DI fronte alla superficie di spremitura la zona in cui era azionato il contrappeso per far abbassare il praelum, il osto poi scivolava dentro al lacus.

Tipologie di torchio diffuse in Gallia: non hanno analogie con quelli centroitalici, quindi il sospetto è che continuino tipologie di impianti in quest’area legate al mondo celtico. I celti erano infatti grandi produttori di vino.

Altra cosa non presente nel nostro territoria sono i dolia de fossa per la conservazione del vino nella seconda fase. Unico dolio interrato è S. Pietro in Cariano, ma diverso, in quanto inserito in pavimento di cocciopesto, siamo ai piedi della val Policella in zona carsica, infatti se si mette un dolio d’argilla nella nostra zona dopo un anno non si trova più nulla perché l’umidità scioglie l’argilla. L’ipotesi è che possa essere non una cella vinaria ma o una cantina con un dolio per le derrate, qualcuno (dal momento che il dolio è tagliato sopra) ha ipotizzato fosse un calcatorium per la pigiatura dell’uva ma non abbiamo confronti. In assenza di dolia ed anfore si pensa che la stragrande maggioranza del vino era conservata in botti, modo in cui si conservava in tutta la Gallia e in ambito celtico. Abbiamo anche una stele funeraria con grande botte su un carro. Plinio: nelle Alpi vede botti grandi come case e ricorda i tini di legno dove si faceva fermentare il mosto e che si accendevano fuochi vicino a questi tini.

Conferma di queste differenti tradizioni di produzione vengono dalla villa di Ioannis, settore abitativo e produttivo, nella zona produttiva due ambienti in mosaico con al centro una fossetta rivestita in mosaico. Pavimento interpretato come luogo di lavorazione del vino che poteva essere prima un calcatorium ma poi anche zona dove si portavano torchi verticali che venivano azionati, ma interpretati come luoghi per la pigiatura.

S. Pietro in Cariano: essiccatoi, essi non sono un unicum, ma ci sono anche in Gallia Bretagna, territori umidi, come quelli a pilastrini. Ambiente riscaldato legato alla produzione del vino (o fumarium o essiccatoio per la produzione del vino) con confronti nelle aree settentrionali.

Essiccatoi: l’area calda circolava sotto i settori fatti ad U che avevano un paino al di sopra. Vediamo il praefurnio, era come una camera a forma di U con pavimento sopra d’argilla (tegole) che si scaldava e si Su distribución está prohibida | Descargado por Juan Carlos Blanco Girona (blancogirona@gmail.com)

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poteva usare sia per essiccare un prodotto posto sopra sia per eliminare l’umidità. Essiccatoi a diapason in Gallia.

Per la conservazione dei prodotti magazzini in navate (S. Pietro in Cariano), che servivano a poter fare compartimenti per distinguere i tipi di derrate diverse. Documentata la presenza di granai a pilastrini. Struttura perimetrale con contrafforti e pilastrini interpretabile con granaio con pavimento sopraelevato. Quando piove è impossibile camminare sul terreno di questa zona.

Castelnuovo di Isola Vicentina: ambiente con muretti paralleli distanti 1.20 m, anche qui siamo in presenza di un granaio con pavimento sopraelevato, documentatissimi in Bretagna.

E’ normale pensare che tutte queste ville abbiano uno zoccolo in materiale non deperibile e un alzato di tipo diverso che poteva essere semplice argilla pressata, struttura in legno con elementi vegetali e poi terra e intonaco, mentre sia i dati di scavo sia gli scavi di superficie mostrano le tegole e i coppi a protezione. Scavi nel territorio bolognese: scavi con gradazione del terreno: strutture sigillate, mentre da noi si trovano vicino al piano campagna e le arature spesso rovinano le costruzioni.

Molte di queste fattorie sono abbandonate già nel II d.C., si ha un doppio problema, da un lato una crisi demografica ed economica legata sia alla concorrenza sia alla creazione di qualche villa con rete commerciale più ampia che si impadronisce di lotti e fundi circostanti andandosi a creare grandi proprietà. E’ momento di spopolamento delle campagne anche per motivi di sicurezza (Quadi e Marcomanni nel 160: inurbamento). Nelle campagne spopolate si potenziano probabilmente altre produzioni: allevamento e cerealicoltura. Nel III d.C., di 68 ville ne restano 4 evidentemente spopolamento per crisi demografica sicurezza crisi di produzione. Le ville che sopravvivono sono in aree o costiere (dopo Quadi e Marcomanni ci sono continue invasioni: la fascia costiera a nord invece resta fino al VI ma anche con l’arrivo dei longobardi, zona ricchissima in quanto c’è smercio con l’oriente). Poi è zona con produzione di vino di alto livello: vino per la corte. Sopravvivono dunque alcune ville legate alla qualità della produzione. La zona di Ravenna ha ville: dove c’è domanda continua evidentemente la produzione, dove ci sono problemi di sicurezza c’è spopolamento e crisi.

Villa di Arianna a Stabia: costiera. Napoli. Villa a picco sul mare, alto pianoro che guarda panoramicamente il golfo. Struttura in parte geometrica in parte adattata alla costa. Vi si accede da sud, quindi dal retro (davanti il mare), ingresso con corte rustica con attorno il settore produttivo, in alto a sinistra l’ergastolum, in basso zona residenziale a T, poi terme, loggiati sul mare, poi il grande ginnasium di cui si dotano molte ville. Parte legata al dominus. E’ villa panoramica ma che sfrutta il territorio fertilissimo per la produzione del vino. Queste strutture panoramiche e produttive sono documentate da affreschi che mostrano ville affacciate sul mare con grandi loggiati. Affreschi pompeiani: mostrano le ville affacciate sulla costa, residenze dei grandi senatori romani che hanno proprietà rurali (Sorrento, Baia sono zone costellate di queste ville). Queste ville erano presenti anche nel nostro litorale (Marziale: litorale di Altino pieno di ville more Baiano, secondo la moda di Baia. Quest’archeologia non è visibile per l’innalzamento del mare, tutto sepolto. Tutta la zona della laguna doveva essere piena di ville, ormai insabbiate. Le uniche che possiamo vedere sono alcune di Trieste, che ha costa rocciosa che non si è trasformata in litorale, per cui si sono conservate ville spettacolari nella zona di Istria, sul modello della zona campana. Era sfruttata sia la viticoltura sia i vivaium per l’allevamento dei pesci. Ville costiere e lacustri. Stesa cosa per le ville dei senatori intorno al lago di Garda e Sirmione, ma anche i laghi del sud. Su distribución está prohibida | Descargado por Juan Carlos Blanco Girona (blancogirona@gmail.com)

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Villa di Sirmione, detta Grotte di Catullo: edificio compatto e geometrico con grande giardino centrale circondato da portico e terrazze all’esterno che affacciavano sul lago con due avancorpi, quello di ingresso, il vestibolo e il belvedere che affacciava in modo spettacolare. I modelli sono le grandi ville imperiali di Capri con costruzioni per creare piattaforme con criptoportici che sostenevano il portico superiore. Quattro nuclei di ambienti agli angoli: zona di servizio, zona residenziale, ecc… non sappiamo il nome del proprietario.

18/11/15

Mario Torelli: maniacale mantenimento della memoria nella società romana. Roma è una pietra di paragone per capire le creazioni urbanistiche e monumentali dell’impero romano. Si continuano a ripetere gesti, processioni, festività anche quando se n’era perso il senso, per una maniacale conservazione della memoria. Si comprende bene che reiteravano gesti di cui si era perso il significato anche dalla traslitterazioni semantiche di termini. Era strumento per legittimare il presente fino alle soglie del medioevo.

Abbiamo fonti letterarie, molti riferimenti di Livio (opera persa in gran parte), nato a Padova, che scrive in età augustea in un latino perfetto. E’ uno degli esempi delle acculturazioni romane precocissime. Altra fonte è Varrone, scrive il De lociis (parte delle Antiquitates rerum divinarum), opera perduta, ma ne fa riferimenti nel suo De lingua latina e anche altri autori lo citano. Frontino, curator aquarum sotto Domiziano scrive De aquis urbis romae, molti dati sulla gestione dell’acqua. Poi Paolo Sommella: cataloghi regionali la cui ultima redazione è del IV d.C. che è documento di tipo amministrativa, regista tutti gli edifici presenti a Roma nelle varie regioni (suddivisioni della città). Si è capito che c’è anche un certo ordine nell’elencare gli edifici ed è molto utile per la ricostruzione. Gli ultimi edifici risalgono all’epoca costantiniana. Poi fonti iconografiche, prima di tutto la forma urbis severiana, è una pianta di Roma, sicuramente anche Augusto doveva aver realizzato una pianta di Roma, ma questa è in formato marmoreo in cala 1 a 240, realizzata in lastre che furono apposte su una delle pareti del templum pacis di Vespasiano. Venne affissa questa tavola marmorea che doveva avere anch’essa funzione amministrativa (c’era lì qualche edificio amministrativo legato ai pretori). Nel medioevo smantellata per fare calce, ne sopravvive solo il 10 % della superficie in frammenti dislocati. Ma grazie allo studio di confronto con la parete che tutt’ora esiste (è parete della chiesa dei santi Cosimo e Damiano), è stato possibile ricostruire la posizione di molti frammenti, i quali sono conservati nei magazzini dei musei capitolini, a disposizione degli studiosi che ne fanno richiesta, ma è impossibile esporli. Poi le monete: avevano spesso rappresentazione schematica ma a volte molto realistica come anche i rilievi degli archi. Gli scavi archeologici sono un’altra fonte. Come spesso avviene per Pompei: è una delle città meno studiate come edizione critica dei monumenti. In questi ultimi anni importanti progetti, uno dei quali seguito da Carandini di realizzare una imago urbis, digitalizzando in modo vettoriale tutti gli elementi planimetrici e tutte le testimonianze archeologiche inserite così come anche le iscrizioni, su livelli diversi sono state raccolte tutte le informazione. Esiste in forma digitalizzata, ma anche un atlante di Roma diviso per regioni, frutto di 10 anni di lavoro. Uno strumento importantissimo, nuovo punto di riferimento dopo la forma urbis romae di Rodolfo Lanciani.

Storia degli scavi: iniziano dall’epoca del tardo impero gli spoli. Nel Medioevo costituzione del comune a Roma nel 1143 che sceglie come sede il Campidoglio e costruisce il palazzo senatorio sul Campidoglio sopra il tabularium. Nel medioevo si usa l’antico senza nessuna consapevolezza e intenzione di Su distribución está prohibida | Descargado por Juan Carlos Blanco Girona (blancogirona@gmail.com)

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conservare, la prima consapevolezza nasce nel rinascimento quando si realizzano i primi scavi e si tende a riconoscere e a conservare in parte l’antico. Doppia anima fra conservazione e distruzione dell’antico. Nel 1493 viene scoperta la Domus Aurea che per dei crolli nella struttura delle terme di Traiano si inizia a svuotare la domus aurea e il padiglione del colle Oppio usato per le terme di Traiano, unica parte della domus aurea conservata. Lì vanno i più grandi artisti ad imitare le decorazioni pittoriche delle volte che chiamano grottesche. Episodio che rafforza questa passione per l’antico. Papa Sisto IV dona al comune una collezione di opere rinvenute e conservate nel Laterano, per esempio la lupa, scultura bronzea di epoca etrusca, la statua di Costantino, quella dello spinario, le quali venivano dalla sede del papa. Questo costituirà il nucleo base dei musei Capitolini. La lupa viene scelta come simbolo di Roma e il Pollaiolo realizzerà i due gemelli sotto la lupa, e dal rinascimento questo sarà il simbolo del comune di Roma, comune guelfo, c’è un’alleanza fra potere politico e papale e la lupa diventa simbolo contro il leone ghibellino. Nel 1538 si trasporta l’unica statua equestre conservata dal mondo antico, quella di Marco Aurelio interpretato per errore come Costantino, sempre donato dal papa al Campidoglio. Da questo momento tantissime bolle papali impongono la salvaguardia degli edifici antichi e si istituisce per la prima volta una commissione dell’antichità voluta dal papa al cui capo ci sarà anche Raffaello con lo scopo di tutelare opere e monumenti antichi. Urbano VIII nonostante ciò farà fondere il bronzo del pantheon per fare il baldacchino di S. Pietro. Ma Pio VII nel 1802 emana un editto che regolamenta lo scavo archeologico a Roma prima preda di lotte di recuperi per creare le grandi collezioni (passione distruttiva per l’antico): gli oggetti anche per rinvenimenti casuali diventano proprietà dello stato. 1809-1814: occupazione napoleonica, interventi che vogliono abbellire la città, grande desiderio di scavi che però con le metodologie del tempo distruggono. Studiosi italiani sono Carlo Fea, Antonio Nibbi e Luigi Canina, sono i primi grandi topografi di Roma che cercano leggendo le fonti e cercando di collegarne le notizie con epigrafia e resti archeologica, con lo scopo di riconoscere dove fossero i monumenti e ricostruire quelli che non si avevano. Si iniziano gli scavi del foro, rimasto terreno libero, diventato il foro vaccino, grande area libera con eccezionale accrescimento del terreno in cui emergeva l’arco di Settimio Severo, parti superiori dei templi e accresciuto di livello, usato come mercato del bestiame. Il papa Gregorio IX va nel 1834 in visita agli scavi del foro e il Belli, scrittore di sonetti lo prende in giro. Tale è l’accanimento del recupero d’oggetti da parte degli antiquari che litigavano fra loro il papa bloccherà gli scavi del foro. Quando Roma diventa capitale nel 1861 e poi fino al 70 è un momento drammatico: sono richiesti una serie di edifici per cui si smantella gran parte del deposito archeologico e dei monumenti di Roma, viene scelta come area quella di giardini orti e ville all’interno delle mura Aureliane, zona meno abitata fuori dal nucleo abitato dove c’erano però molte ville, immerse in giardini come quella di Mecenate, in parte diventate proprietà di Nerone. E qui si costruiranno i ministeri. E’ stato smantellato tutto. Nei musei capitolini si sono create sale ciascuna dedicata agli orti romani. Di questi complessi sono conservati 10 reperti, un pavimento e qualche frammento della decorazione e sono fra gli oggetti più impressionanti per ricchezza e pregio di decorazioni. E’ sono solo la punta dell’iceberg: c’erano colonne con girale d’oro e pietre preziose con raffigurazioni reali. Rodolfo Lanciani, ingegnere (1849-1929), segretario della commissione archeologica comunale e comprende il danno che si sta facendo a Roma e documenta il possibile. Scrive la forma urbis romae scala 1 a 1000 e rileva tutto quanto viene distrutto. Prende rilievi precisissimi collocati in pianta precisissimamente, lavorandoci dal 1893 al 1901. Documenta quello che si sta distruggendo. Scrive la storia degli scavi di Roma in 4 volumi, che racconta le fasi più antiche delle scoperte di Roma fino al XVI e XVII secolo. Dice che la città che sta nascendo è orribile e ci si vivrà malissimo. Tutta l’Europa guarda inorridita a ciò che si sta facendo, infatti Roma era diventata la meta di tutti gli intellettuali, gli Stati europei chiedono una commissione internazionale che

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tuteli le testimonianze di Roma, che il nuovo ministero di Roma rifiuta. Vengono accatastati nei magazzini la più grande quantità dei reperti che perdono qualsiasi indicazione di provenienza. Giacomo Boni altro personaggio importante, vive negli stessi anni di Lanciani, architetto e ispettore, dirige la ripresa degli scavi del foro applicando per la prima volta lo scavo stratigrafico e la fotografia aerea. Dura fino al 1905 il suo intervento, si scava il lapis niger. Applica attentamente il metodo stratigrafico con la conservazione dei reperti associati a ciascuno scavo. Non pubblica niente ma ci sono tutti i giornali con lo strato di provenienza associato ad ogni materiale.

L’entusiasmo di queste scoperte, fa si che vengano commemorate nel 1911, in occasione dei 50 anni dall’Unità. Cuore della mostra diventerà il nucleo prima del Museo dell’Impero istituito nel 1929 e poi nel 1937 della mostra augustea dell’antichità da Mussolini con celebrazione propagandistica. Questo nucleo negli anni 50 è diventato il museo della civiltà romana. Epoca fascista momento di grandi sventramenti, si apre la via dei fori imperiali, la via del mare. L’utilizzo propagandistico dell’archeologia ha riscontri negativi: interessa solo l’età romana e tutto il resto viene distrutto e poi grandi distruzioni per collegare la via dei fori imperiali e il Colosseo che dividerà drasticamente la zona dei fori, si scava il quartiere medievale di Largo Argentina, musealizzato come piazza. Non nato per essere una piazza. Distruzione di tutto quello che non è epoca imperiale, nessuna pubblicazione di quanto viene scavato e smantellato. Grandi distruzioni continuano nel boum edilizio degli anni 50-60. Aperta la via della Conciliazione, quindi distruzione di altri quartiere nella zona del Trastevere, sventrati i borghi medievali. Scontro fra positivisti che negano il valore dell’antico e conservatori che invece danno importanza. Primo scavo urbano stratigrafico è quello della cripta Baldi, eccezionale per il metodo applicato, viene ricostruita la storia del quartiere, la via delle botteghe oscure, non altro che resti archeologici seminterrati conservati ecco perché bui. Mostra sulla Roma dei Tarquini e scavi di Carandini lungo la via Sacra hanno riscritto la storia. Poi ripresi gli scavi nei fori col giubileo del 2000. Storia di distruzioni.

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