NUMISMATICA

Definizione: oggetto metallico di forma riconosciuta, con delle impressioni su di essa per dare valore all’oggetto, e questo valore è garantito da un’autorità preposta. È un mezzo di scambio che ha una misura di valore, è uno strumento per l’accumulo della ricchezza, un veicolo di propaganda.

Moneta di bronzo: coniata da Ballaios, un basileus che esercitava un potere all’interno di un territorio e il fatto che queste monete si trovino nelle coste dell’illiria fa pensare che l’area di influenza di Ballaios si limitasse a questa regione. Altra moneta, di argento da 12 dracme; queste monete venivano prodotte dal popolo dei Derroni che abitavano nella zona tra la tracia e la Macedonia; queste monete sono state trovate anche in Egitto quindi si può ipotizzare che vi erano degli scambi commerciali: attraverso l’isola di Samo da cui provenivano dei vasi che venivano comprati con queste monete, poi i commercianti di Samo compravano prodotti in Egitto e così arrivano le monete anche qui. Alcune monete ci danno la testimonianza di alcuni regni poco noti come il Regno di Axum, localizzato a sud dell’Egitto: attraverso le fonti scritte conosciamo solo due sovrani, ma attraverso le monete conosciamo 20 sovrani e riusciamo a collocarli in ordine cronologico.

La moneta segue e risente delle mode, Atene in questo caso è un buon esempio: la moneta è riconoscibile per delle sue caratteristiche e si continua nel tempo a produrre la moneta con le stesse caratteristiche per renderla riconoscibile. La moneta ci consente anche di studiare architetture che non ci sono giunte; come la raffigurazione del tempio della triade capitolina e delle sue trasformazioni durante gli anni, il colosso di Nerone o l’arco dell’imperatore che non è mai stato trovato oppure ancora i monumenti pubblici nel caso di Traiano che fa incidere spesso parti del suo foro personale nelle monete.

Quando si mettono in concorrenza due monete dello stesso metallo, con lo stesso valore nominale ma con diverso valore intrinseco avviene quello che si chiama legge di Gresham: la moneta cattiva caccia via quella buona; nel momento in cui si spende un denario si tende a usare la moneta con meno valore intrinseco, se ci si accorge che una moneta ha più argento quella si tesaurizza.

Cirenaica, 115 d.C. ripostiglio con tre monete: quella di Tito è molto usurata, quella di Vespasiano è un sesterzio ed è conservata meglio nonostante sia stata coniata prima di quella di Tito perché i sesterzi venivano usati per spese più ingenti quindi di rado.

Vi sono due ritrovamenti monetali: per dispersioni consce, come i rispostigli, i tesoretti, ovvero accumuli intenzionali di monete per spenderle in un secondo momento; nei luoghi di culto come i templi, a volte vengono simbolicamente posizionate della malta in alcuni punti della casa come nell’ingresso o nel focolare, per scacciare gli spiriti maligni e a volte vengono trovate nelle tombe. Nei ripostigli si possono trovare monete molto rare: posso verificare che il ripostiglio di monete auree è composto da monete pesanti, quindi sono state conservate le monete con in maggior contenuto intrinseco di oro, questo è un ripostiglio di tesaurizzazione. Poi vi sono altri tipi di ripostigli con monete meno preziose, come un ripostiglio di assi, che poi verranno spesi nel giro di poco tempo. Ma la grande maggioranza di ritrovamenti derivano da dispersioni inconsce di monete.

La numismatica areale ci permette di capire come questa si diffonde. Una delle principali zecche arcaiche è una zecca di Focea, su molte monete della madre patria è presente il leone: questa moneta comincia ad essere conosciuta anche nell’Italia settentrionale e nella Francia meridionale. Nella pianura padana a partire dal IV secolo a.C. le varie tribù celtiche imitano la dracma di Massalia con delle differenze che variavano da tribù a tribù.

In età più antica il bordo delle monete non veniva lavorato, non era di interesse, ma con l’epoca moderna viene sempre di più caratterizzato il bordo: questa lavorazione del bordo è stata applicata per evitare la tosatura, ovvero l’asportazione di parte del metallo nobile per trarne un guadagno, una azione speculativa. Le monete però rischiano girando, di entrare nelle casse dello stato che avrebbe così una perdita, quindi se possibile vengono ritirate dal commercio. Il dritto della moneta è caratterizzato dal volto dell’imperatore, ma in caso di monete più antiche, il dritto è rappresentato dal verso più piatto della moneta, la parte più concava è il rovescio. La parte epigrafica principale della moneta, è chiamata legenda, realizzata per essere letta. La raffigurazione iconografica è definita tipo/tipologia; mentre il campo è la parte libera della moneta; al di sotto della figura lo spazio si chiama esergo, dove troviamo elementi aggiuntivi o raffigurativi o epigrafici (es la scritta SC, senatus consultus). A partire dalla fine del III secolo in esergo si usa mettere l’iscrizione della zecca di provenienza della moneta (es Ale, Alessandria). Nel campo la S indica che quella è la Secunda officina della zecca di Alessandria.

La tecnica di coniazione più semplice non è la più antica. Una delle tecniche è la fusione, una tecnica elementare: si creava un modello di terracotta con un dritto ed un rovescio, poi attraverso un canale di accesso si versava il metallo fuso, solitamente rame o piombo. Sappiamo che questo procedimento avveniva per matrici multiple, tramite una matrice ad albero che consentiva con un'unica fusione di ottenere più monete. Questo tipo di lavorazione è caratteristico di determinate aree e per produzioni monetarie singolari, per monete di bronzo valeva per il contenuto metallico, non per il valore nominale, queste pesano come una libbra romana, 327 grammi. Es. asse romano del III secolo a.C. e monete del II secolo, Olbia. Al di fuori del mondo romano, soprattutto nel mondo celtico viene utilizzata la fusione per monete di dimensioni minori – es. monete celtiche in stagno, pochi grammi di peso rispetto ai 327 rispetto alla moneta romana. La fusione venne utilizzata anche per la produzione di falsi, che hanno come modello una moneta originale coniata con 96-98% di rame; le monete false avevano un valore intrinseco inferiore rispetto alle monete originali avevano meno rame, ma più piombo, si giocava così sulla speculazione.

La coniazione è una tecnica più evoluta che presenta meno difetti. Prima di tutto si ottiene il tondello tramite la fusione del metallo; venivano realizzate delle sfere metalliche che venivano spianate a martellate fino ad ottenere la forma desiderata. Il secondo passaggio fondamentale è la realizzazione dei coni, delle matrici attraverso i quali si lasciava l’impronta sul tondello; le matrici antiche sono molto rare, sia perché si potevano rompere sia perché la moneta viene coniata per esigenza dello stato, per quel determinato momento; quindi conclusa l’opera di coniazione e terminata l’esigenza si eliminavano le matrici per evitare che fossero riutilizzate illegalmente. Sono degli oggetti di ferro su cui viene inciso a mano il disegno: sul disegno troviamo un cerchio realizzato con puntini, questo delimita la moneta. Al centro il disegno in negativo e attorno al cerchio la legenda, il tutto realizzato da operai specializzati. Il tondello veniva legato ad una base stabile, e si poneva tra i due coni, a questo punto si martellava fino a quando il tondello otteneva l’immagine. I tondelli venivano riscaldati prima di essere sbattuti.

Cirene utilizza con di un’altra zecca, ovvero quelli di Atene; da qui ricaviamo il dato che la coniazione a Cirene comincia dal IV secolo a.C.

Es monete bizantine con busti frontali imperiali, sul rovescio invece la lettera K alla base della quale spunta una veste di un personaggio e i suoi piedi.

Il fenomeno della contromarcatura, è sia antico sia medievale sia moderno. Una contromarca consiste nel modificare una moneta già esistente. Il motivo per cui vengono poste le contromarche è molteplice: si contromarcano le monete per toglierle dalla circolazione: i santuari usano le contromarche per le monete donate come voto e queste non possono essere messe in commercio. La contromarca ROB che va letta come PROB ovvero probatum, vuol dire che la moneta è stata rimessa in commercio ed è stata approvata appunto – I secolo d.C. Claudio. La contromarca TIAV, sta per Tiberius Augustus. La moneta con la contromarca DV è stata prodotta non dallo stato, ma lungo il limes, questo perché lo stato non era sempre in grado di remunerare direttamente queste zone di frontiere e quindi tollerava che venissero coniate delle monete direttamente dal limes. Queste monete però non circolano solo nell’area del limes ma anche più in là: cosa fare? O si ritirano o si contromarcano; quando sono molto peso vengono ritariffate. La scritta DV sta per dupondium, la metà di un sesterzio perché è troppo leggera. La contromarca è utile per datare una moneta magari consunta.

In alcuni rari casi abbiamo il supporto di avvenimenti storici che ci permettono di datare delle monete; il caso più noto è quello della moneta di tipo incuso della magna Grecia, una moneta che ha una incisione in negativo (incuso) e una in positivo. È un fenomeno tipico tra Taranto e Reggio Calabria; Sibari è una polis che si colloca in questa fascia ed è una città molto importante. Le monete incuse di Sibari non possono essere databili se non entro la distruzione della città, nel 510 a.C. talvolta ci aiuta anche l’archeologia: il contesto archeologico, quando è databile in maniera precisa ci permette di collocare nella cronologia anche la moneta; il caso più noto è quello delle primissime fasi del denario romano repubblicano, la moneta per eccellenza romana. Fino agli anni 50 del 900, si sosteneva che la prima emissione del denario romano si datava al 269-268 a.C. questo perché Livio ci dice che i romani per la prima volta usano la moneta d’argento in quell’epoca. Morgantina: città alleata con i romani che poi si ribellò a loro, fu distrutta dai romani nel 212: negli strati che risalgono alla distruzione della città troviamo il denario, il vittoriato fresco di coniazione: a questo punto si pensa per forza che la moneta era già presente in Sicilia al momento della distruzione della città. Quindi la prima coniazione del denario deve essere spostata, ora viene collocato attorno al 212 a.C. Quindi a cosa si riferiva Livio? Si riferiva ad un’altra importante moneta romana d’argento, che precedeva l’introduzione del denario.

Dagli anni 60 nuove tecniche d’indagine ci consentono di analizzare in modo approfondito il contenuto intrinseco delle monete. Le tecniche che permettono di analizzare le monete sono varie, esistono tecniche di tipo distruttive, ora si utilizzano quelle non distruttive: si eccitano gli atomi del campione, la fluorescenza ai raggi x non arriva oltre i 500 micron; per queste analisi però serve un acceleratore di particelle.

Quando si conia una moneta si lasciano due impronte, il dritto e il rovescio: tutte le monete che escono da quella coppia di coni hanno impronte molto simili se non identiche. Attraverso l’analisi delle facce delle serie di monete che appartengono ad un gruppo omogeneo io posso riconoscere le impronte con le quali sono state prodotte: tecnica introdotta da Friederich boh. Riconosciuti i coni, posso ricostruire una sequenza di coni. Nella realizzazione è molto probabile che si rompa il conio di martello e quindi viene sostituito con uno nuovo, mentre il conio di incudine resta quello precedente, quindi poi si romperà il conio di incudine che viene sostituito; è da qui che si ricava la sequenza. Es. monete traianee in cirenaica, hanno la legenda in greco, perché è una legenda provinciale, ma realizzata dalla zecca di Roma, le prime che si vedono nelle slides appartengono agli stessi coni. Nella seconda slide il rovescio è diverso quindi è stato utilizzato un conio diverso

Altro approccio per datare la moneta è il ripostiglio: in antichità la tesaurizzazione avveniva per metalli (solo oro, solo argento); un ripostiglio nel mondo antico tendenzialmente contiene le ultime monete in circolazione, ma ci possono essere anche monete molto più vecchie: le riconosciamo dall’usura. La tesaurizzazione poteva essere di lungo periodo;

monete greche: le più recenti sono definite “stefanoforoi”. I ripostigli di Anthedon e Sitochoro sono utili per l’analisi dei ripostigli; nel primo ripostiglio ci sono le civette di nuovo stile e altre due monete: si riconoscono le zecche di Eretria e di Cirene. Queste si collocano nella prima metà del II a.C. questo fa pensare che anche le civette più recenti siano da collocare in questa fase. Nel secondo sito si trovano due tipologie di monete, una reca la scritta makedonon protes, prima regione macedone: questo perché roma, dopo la conquista della macedonia nel 167 permette alle varie regioni di coniare moneta da sé; le monete di nuovo stile ateniese non sono presenti in questo sito, quindi si deve presupporre che siano più tarde del 167.

Origini della moneta: teoria economico-evoluzionistica; ha avuto maggior seguito dal 700 in poi, fino alla metà del 900: richiama un’impostazione consolidata nella storiografia, in quanto ne parla anche Aristotele. Secondo questa teoria l’uomo è un soggetto economico che è portato a commerciare e va alla ricerca di quegli oggetti che agevolino lo scambio economico. Ciò che porta alla creazione della moneta è il baratto, che sta alla base dello scambio commerciare sin dagli albori; il baratto però ha una debolezza intrinseca, data dal valore di ciò che si baratta. Il passaggio verso la moneta è assumere un metro di misura dei beni e dei servizi, un metodo obiettivo che possa valutare i beni anche su lungo periodo: la prima modalità che attestiamo nelle fonti è quella di servirsi del bestiame, metodo attestato nell’Iliade; qui molti beni hanno un valore associato al numero di buoi, es. Achille. Da pecus, il gregge, vengono termini come pecunia e da caput, deriva il termine capitale. Gli animali però hanno valore da vivi, e per pagare una cifra frazionaria non si può dividere l’animale, che avrebbe poco valore da morto; per ovviare a questo problema l’uomo cerca altri modi per quantificare il valore e trova una soluzione nell’uso del metallo, soprattutto metalli come oro e argento che hanno un pregio evidente e non deperiscono (l’oro non si ossida e l’argento si ossida poco). Inizialmente viene utilizzato un anello di metallo prezioso, utilizzato in oriente e anche dai Galli; si usa l’anello perché è facilmente fessurabile e trasportabile. L’uso dell’anello come unità premonetale ci viene testimoniato in un affresco nella tomba di Thutmosis III morto nel 1425. Vengono introdotti poi dei lingotti di rame, in ambito Egeo o a Creta, in Sicilia e in Sardegna (isola molto ricca di rame); queste forme si diffondono nella seconda metà del II millennio a.C. Queste pesano dai 20 ai 40 Kg di rame, sono caratterizzate da dei segni che indicano la provenienza di quel lingotto. Secondo alcuni assomiglia alla pelle di bue, ma in realtà ha una forma funzionale: questi lingotti pesavano molto e la loro forma poteva aiutare il trasporto. Lo sviluppo finale porta all’uso di gocce o ovetti di metallo, talvolta frazionati, si tratta di forme globulari che talvolta vengono frazionati per creare dei valori frazionari; sono facilmente trasportabili e leggeri, con queste caratteristiche il passaggio alla moneta è inevitabile. Il passo finale è soltanto dato dal fatto che l’autorità pubblica si prende l’onere di coniare moneta con un valore standard. Ci sono delle forme di moneta abbastanza elementari o con matrici elementari che difficilmente rappresentano l’icona della città che le ha coniate. Gocce con cervo che beve, la moneta argentea presenta una legenda con la scritta Faenos eimì sema: sono il segno di Faenos, ma non si è trovato riscontro. Si è pensato ad una fase privata della coniazione della moneta: commercianti, banchieri si assumono prima loro dello stato l’onere di coniare moneta per garantire un valore; a questo punto lo stato, intuita l’importanza avrebbe assunto questo compito al posto dei privati. La moneta nel contesto in cui nasce, nell’Asia Minore, è un sistema non unitario: questo vuol dire che ogni grossa città del mondo greco ha un proprio standard ponderale di riferimento, individua un peso che prende il nome dalla città che lo utilizza; sistema eginetico, sistema euboico-attico, sistema corinzio, ogni città utilizza una determinata quantità di metallo prezioso per la realizzazione di monete. Città distanti 15Km l’una dall’altra producono dracme con peso completamente diverso. Il concetto base è quello di talento, letteralmente “quello che una persona può portare sulle spalle”; questa unità si divide in mine, termine preso in adozione dall’oriente, che a sua volta si suddivide in dracme. Tra le forme pre monetarie sono documentati anche alcuni oggetti che hanno a che fare con il mondo del sacrificio: anche nei poemi omerici troviamo frequentemente l’utilizzo di tripodi, spiedi e lebeti che sono ricorrenti nei riti religiosi. 

Tutte queste tappe descritte sono documentate archeologicamente e attraverso le fonti, ma ci si è chiesti come questo fenomeno sia limitato ad uno specifico ambito culturale: la moneta è sinonimo di grecità dato che si sviluppa nella cultura greca, e gli usi esterni sono successivi al contatto con il mondo greco; sia romani che persiani conoscono la moneta tramite i greci. Se è un’esigenza derivata dal commercio perché i fenici o i punici non hanno inventato la moneta?

Nel corso degli anni 20 del 900 ci si è concentrati sull’identificazione del momento iniziale della nascita della moneta, dell’identificazione dei metri di misura del valore: in che contesto nasce la misura del valore? Questi studiosi hanno dato due risposte differenti ancorate a fattori differenti; l’antropologo Marcel Mauss ritiene che è coinvolto il concetto del dono, ha potuto constatare che il dono si costruisce in tre momenti l’obbligo di donare, l’obbligo di dare e il diritto di ricevere. In questo concetto va compreso che il valore di questi oggetti dati in dono ha molto a che fare non solo con la qualità dell’oggetto, ma anche il prestigio di colui che dona e il prestigio di colui che riceve: es. scambio delle armi tra Diomede a Glauco, scambio tra armi in oro con armi in bronzo (di glauco) Diomede è felice di ricevere armi in bronzo perché sono le armi di un guerriero di grande prestigio. Da questi scambi si concretizza il valore dell’oggetto, il valore dell’oggetto è autonomo, non più legato a singoli personaggi e questo porta alla nascita della moneta. L’altra soluzione data da Bernhard Laum, ha a che fare con il rapporto tra uomo e divinità: partr dalla considerazione che ci sono delle ricorrenze dell’uso del bestiame nei rapporti con la divinità; vi è una costante del numero di buoi utilizzati nel sacrificio a seconda della divinità. Egli considera l’oggettistica connessa al sacrificio (spiedi, lebeti e tripodi). Nel momento in cui l’uomo si interfaccia con la divinità per il sacrificio c’è una distribuzione della ricchezza. Egli considera che in greco lo spiedo si dice obelos, questa parola ha generato la parola obolos, la sesta parte di una dracma; anche la dracma deriva dal termine greco drax che vuol dire tenere in mano, una manciata (di spiedi).

Secondo le fonti, il nome che ricorre più spesso è Fidone di Argo, egli avrebbe consacrato nel tempio di Hera sei spiedi di bronzo, e 6 spiedi sono stati trovati dagli archeologi quando hanno scavato questo tempio. Fidone avrebbe poi realizzato la prima moneta ad Egina. Secondo Erodoto l’invenzione della moneta sarebbe da attribuire ai Lidi, sarebbero stati loro i primi ad aver coniato monete d’oro e d’argento. Nell’ambito della lidia in una fase che può essere collocata nell’epoca di Creso, vengono coniate delle monete in oro argento ed elettro questa con la scritta “Valvel” (manca la digamma, e l’ultima lettera) è probabile che Erodoto si riferisse a questo momento: cioè al fatto che i Lidi per primi separarono oro e argento per creare monete. La moneta quando nasce, nasce in elettro, che non è utile per un commercio minuto, ma per degli scambi commerciali tra polis e polis.

Tempio di Artemide ad Efeso: nello strato archeologico riferibile a prima del 560, cioè all’epoca di Creso, sono state trovate delle gocce: vi è quasi tutto lo spetto delle forme monetate conosciute; ed è stato ritrovato anche un ripostiglio all’interno di una brocca. Una prima ipotesi è stata data nei primi anni del 900: le monete rinvenute sono considerate come un atto unico e votivo; dato che vi erano monete sia prodotte dallo stato sia monete “private” si doveva distribuire su più di un secolo la datazione delle monete; quelle più recenti sarebbero da datare attorno al 620 e quelle private che sono più antiche, al 680. Successivamente fu ipotizzato che la cronologia doveva essere più compressa, tra il 640-630. Recentemente è stata discussa nuovamente la cronologia: quello che si riteneva un atto di consacrazione e unitario, in realtà non sussiste; i manufatti si sarebbero ammassati durante il livellamento dell’area per la costruzione del nuovo tempio, quindi sono da datare dal 560 a.C.

La causa scatenante della nascita della moneta è anche la spinta espansionistica del regno di Lidia che preme sulle coste ai danni delle colonie greche in asia Minore, successivamente sarà il regno persiano ad espandersi; questa situazione comportò la necessità di avere dei soldati mercenari per difendersi da questi attacchi, questo avrebbe portato alla nascita della moneta. Nel regno del ponto, nelle coniazioni vengono indicati non solo gli anni della produzione monetaria, ma anche il mese; analizzando la produzione monetaria ci si accorge che la produzione cresce di molto nel momento in cui il regno del Ponto affrontò le guerre contro Roma, momento in cui vi era una grande necessità di denaro. Anche a Roma aumenta esponenzialmente il numero di sesterzi prodotti nel corso degli anni, produzione che aumenta di molto durante la guerra mitridatica e nel momento delle guerre civili. Quindi possiamo affermare che la nascita della moneta sia dovuta sia a motivi sociali e commerciali sia a motivi legati alla guerra. La maggior parte delle prime monete prodotte erano composte da un 60% d’oro, 30-35% d’argento e una costante più o meno variabile di rame. Gran parte della monetazione della penisola greca e dell’asia minore o della magna grecia, la componente fondamentale è l’argento; l’oro si destina ad altri usi come la tesaurizzazione, ma raramente viene monetato: viene monetato più frequentemente in età ellenistica.

 Le prime monete sono quasi sempre prive di una trascrizione epigrafica; ci sono alcune monete caratterizzate da animali o raffigurazioni umane. Con il passare del tempio le raffigurazioni si fanno più dettagliate e quindi è possibile in alcuni casi attribuire una determinata raffigurazione ad una zona di provenienza: a volte hanno a che fare con le caratteristiche economiche/commerciali della polis. Monete da Cyzicus: il tonno e il tonno alato sono dei marchi che hanno un collegamento con la pesca del luogo; è l’unica polis che rimane fedele allo standard più antico, e anche in epoca classica il rovescio della moneta viene lavorato come nelle prime coniazioni. Focea, moneta in elettro: il disegno rappresenta una foca perché c’è il richiamo al nome stesso della città. Efeso, statere in elettro: moneta con il cervo, simbolo della caccia e quindi di Artemide, così come l’ape che è un simbolo di natura religiosa, sempre usato dalla città di Efeso. Mileto: raffigurazione del leone, ma non è chiaro perché abbiano scelto proprio il leone, forse un’influenza orientale. Nel regno persiano si producono monete quasi esclusivamente per via del contatto con il mondo greco: spesso l’impero persiano pagava dei mercenari di una polis greca per combattere contro un'altra polis; queste monete non hanno un vero valore all’interno del regno persiano, ma è solo uno strumento utile per interagire con il mondo greco: la moneta nelle slides non rappresenta un re in particolare, ma più in generale la figura regia.

La tetradracma di Atene pesa 17,4g fondamentale poiché in Sicilia viene adottato, da città come Siracusa, questo standard; Alessandro magno farà proprio questo standard, che diventa fondamentale per i regni ellenistici soprattutto per il regno seleucide, e questo standard andrà ad influenzare di conseguenza poi il regno dei parti; non a caso la moneta araba si chiama dirham, che deriva da dracma. La realizzazione della moneta da parte di Corinto Atene ed Egina è fondamentale ed è indicatore delle rotte commerciali, delle conquiste militari e la circolazione stessa dell’argento in quanto materia prima.

EGINA: sulla base dei ritrovamenti e sulla base della tradizione che dice che sia stato Fidone d’Argo, a Egina viene riconosciuta la priorità della nascita della moneta; ma non prima del VI secolo. Come simbolo viene scelta una tartaruga marina, il rovescio è tipicamente arcaico con l’adozione di un quadrato decorato con triangoli, prima in forma regolare, successivamente di forma irregolare. La tartaruga rappresenta la cultura culinaria e musicale, ma vuole anche comunicare la potenza marittima della polis, esercita una thalassocrazia. Egina però non ha nel proprio territorio risorse come l’argento che arriva dall’isola di Siphnos che produce anch’essa moneta: una didracma in argento con la raffigurazione dell’aquila. Nel V secolo possiamo notare dei cambiamenti fisionomici della moneta; sappiamo dalle fonti che atene mira ad un controllo sempre più diretto su Egina, pur lasciandola sopravvivere, fin tanto che non assume il controllo della città stessa a questo punto si interrompe la thalassocrazia, questo nel 457 a.C. a questo punto si trasforma ancora una volta la raffigurazione sulla moneta, viene raffigurata non più una tartaruga di mare ma di terra e dal 431 cesserà la produzione di questa città. Interessante è notare come anche nella fase classica Egina non abbandona lo schema arcaico per la raffigurazione del rovescio con il quadrato incuso. Nel momento in cui Atene perde la guerra del Peloponneso e Egina ritorna ad avere una certa autonomia, tanto che riesce a produrre moneta, sempre rispettando il suo schema precedente; solo nell’ultima fase la moneta nel rovescio presenta le iniziali della città alfa, iota, gamma, - AIG. Nel mondo greco le notazioni epigrafiche non hanno a che fare con il toponimo, ma riportano il nome della comunità di uomini: quindi le iniziali citano il popolo di Egina, scritto al genitivo plurale. La produzione cessa nel 338, per via dell’espansione macedone.

ATENE: la produzione monetaria ateniese inizialmente non è caratterizzata dalla civetta, ma da varie raffigurazioni; 12-13 tipi. Tutte caratterizzate nel rovescio da un quadrato incuso, di forma relativamente regolare. Oltre la civetta possiamo vedere una gorgone, la ruota di un carro un bue ecc. Nella letteratura emerge il termine Wappenmunzen (wappen = scudo) termine coniato da Mommsen e che può essere tradotto come monete araldiche, termine usato per classificare le monete precedenti alla moneta con la classica moneta. Pur corrispondendo ad un unico standard, non sono coniate secondo le modalità canoniche: non ci sono pezzi da 4 ma da 2 dracme e frazioni della dracma, solo nella fase finale delle wappenmunzen vengono prodotte le tetradracme. Si pensa che queste monete siano da collocare nel periodo delle oligarchie, nel VI secolo, quindi le raffigurazioni sulle monete rappresenterebbero le famiglie più importanti; ma oggi questa teoria non si ritiene valida, perché la monetazione ad Atene giunge in un periodo successivo a quello identificato da Mommsen. In ogni caso si è certi che questi tipi monetari siano da ricondurre ad Atene perché sono stati ritrovati esclusivamente nell’Attica; oppure si trovano in ripostigli, in Siria o in Egitto. Possiamo presumere che ci sia una fabbrica unitaria malgrado la diversità delle monete, perché è noto l’utilizzo di rovesci uguali per dritti differenti. Con che argento sono fatte queste monete? L’argento proviene da una zona a nord dell’attica, dal distretto del Pangeo, area ricca di metalli preziosi: oro, argento, utilizzata molto in epoca greca e romana. Nella fase finale della wappenmunzen, a partire dagli ultimi decenni del VI, si utilizza un argento più vicino all’attica, quello del Laurium, nella zona meridionale dell’attica. Una teoria mette in relazione queste categorie con le Panatenaiche, le principali feste sportive e religiose della città: molti di questi simboli infatti erano presenti anche su delle anfore che si davano ai vincitori e alcuni simboli alludono alle competizioni, come il carro allude alle corse dei carri. La spiegazione però non convince, infatti non tutti i simboli sono legati alle feste panatenaiche. Una nuova teoria spiega come possa esserci una corrispondenza i simboli delle monete e la divisione in trittie della società: 12 trittie – 12 simboli che rappresentano le tribù; ma anche questa spiegazione lascia dei dubbi. Un’altra teoria più recente sostiene come la nascita di queste monete sia legata alla tirannide di Pisistrato; egli cacciato dalla città, si rifugia nel nord della Grecia, e deciderà di tornare a governare Atene; per far ciò assolda delle truppe mercenarie: avrebbe quindi coniato monete con argento di sua proprietà per pagare le truppe. Alcune raffigurazioni sono legate ad Atene, come la civetta, ma altre, come la testa bovina ha dei riscontri ad Eretria, così come la ruota del carro a Calcide, e la gorgone a Melos; avrebbe quindi coniato monete con raffigurazioni che rimandavano a realtà al di fuori di Atene per riconoscere chi lo aveva aiutato nella riconquista del potere, secondo questa teoria le wappenmunzen sarebbero da collocare dopo il 546 a.C. quando Pisistrato ritorna ad Atene. Il passaggio da questo tipo di monete alla moneta classica con Atena e la civetta si colloca al 515 quando comincia la nuova produzione.

Queste serie monetari sono caratterizzate dal volto di Atena che indossa l’elmo attico a calotta, realizzato in cuoio con paracollo e pennacchio; nel rovescio verrà rappresentata sempre la civetta, che rappresenta Atena, una manifestazione dell’intelligenza della divinità. Una novità è anche la presenza della legenda con la scritta ATHE, che sta ad indicare che questa è la moneta del popolo ateniese; sempre nel rovescio è presente un ramo d’ulivo: pianta che era stata donata da Atena alla città. Perché vengono inserite le iniziali? Queste monete rispetto alle wappenmunzen, che si trovavano solo nell’attica, si trovano al contrario soprattutto al di fuori dall’attica e quindi si chiarisce da subito che questa è la moneta degli Ateniesi. Nelle monete datate tra il 480 e il 465 vediamo alcune modifiche: Atena presenta una corona d’ulivo, da riferire ad una vittoria, forse Salamina; forse la presenza della corona deve essere ricondotta ad un motivo religioso: i persiani avevano bruciato anche l’ulivo sacro di Atena, ma questo ulivo successivamente fiorisce, questo evento viene vissuto come riconsacrazione della zona, come una rinascita e la dimostrazione del favore della dea Atena nei confronti della città. Nel rovescio invece, vicino alla civetta vi è una mezza luna crescente e per alcuni raffigura la fase in cui è stata combattuta la battaglia di Salamina, ma molto più probabilmente si riferisce al fatto che la civetta sia un animale notturno. Dal 465 si produce una nuova tipologia, la decadracma realizzata con 45g di argento, una moneta che presenta il rovescio differente: la civetta non è vista di profilo, ma di fronte con le ali spiegate. È il taglio più grande prodotto da Atene, sono pezzi anomali per peso e dimensioni, quindi sarebbero legate ad un ambito celebrativo; attorno al 483 la miniera del Laurion avrebbe prodotto una quantità straordinaria d’argento e quindi si decide di creare la decadracma per una ripartizione della ricchezza dopo la battaglia di Salamina, anche se Tucidide afferma che questo argento è stato utilizzato per la costruzione della flotta. Il ritrovamento in turchia di un ripostiglio con decine di decadracme, è giunto poi in America e denominate poi decadrachm hoard: la cronologia di questa moneta è spostata più in basso in base ai rapporti con gli altri elementi del ripostiglio e secondo Kraay le monete devono essere collocate dopo la battaglia dell’Oribedonte del 465, e quindi si ritiene che queste monete siano state emesse per via dell’enorme bottino ricavato dalla battaglia. Moneta del 454-404 a.C.: la testa di Atena è più grande e si espande su quasi tutto il dritto della moneta, è la moneta coniata per la vittoria ateniese in quanto capo della lega delio-attica, atene svolge un ruolo di controllore della flotta e delle flotte militari, ma soprattutto del tesoro della Lega. Decreto dei pesi e delle misure, forse attorno al 449 o successivo all’inizio della guerra del Peloponneso, con questo decreto Atene imponeva il peso delle singole monete a tutte le città alleate e quindi imponeva lo standard della propria moneta nonché l’uso della moneta ateniese. Sparta reagisce al dominio ateniese e lo scontro sfocia nella guerra del Peloponneso: la guerra è vittoriosa per atene nelle prime fasi, ma Sparta prende il sopravvento; sparta sa che bisogna tagliare atene dalle sue risorse, soprattutto l’argento, quindi nel 413 gli spartani occupano Decenea tagliando i rifornimenti agli Ateniesi, e Atene viene assediata: non c’è più modo di battere moneta. Per questa crisi vengono adottati degli espedienti, prima adottati da atene e poi in generale nel mondo greco: vengono coniate le monete d’oro e le monete di rame, si fondono le statue auree dell’acropoli per venire in contro a questa crisi e coniare moneta. Le monete sono degli oboli e mezzi oboli d’oro, rappresentano comunque valori elevati, ma si tratta sempre di emissioni di emergenza; le monete raffigurano Atena e la civetta. Sappiamo dalle fonti che quando vengono realizzate queste monete, 407-406, comincia anche la produzione di monete di rame; di queste produzioni non possediamo neanche una moneta. Oltre a queste soluzioni, negli stessi anni, vengono realizzate tetadracme e didracme suberate – sub + aes – sono monete con una sottilissima pellicola di argento, mentre il nucleo è in rame, sistema poi utilizzato anche dai romani tra il I secolo a.C. e il I secolo d.C. le monete di rame venivano rivestite di una patina di argento oppure venivano immersi nell’argento fuso. (Sono note anche monete in cui la parte visibile non è argento ma oro, tecnica usata nel tardo impero o agli inizi del medioevo; erano monete probabilmente usate dai romani per accordi con le popolazioni barbariche.) Aristofane ci dice che nel 393, queste monete ateniesi, venivano cambiate con monete d’argento dello stesso valore, quindi non si tratta di una truffa, ma si è prodotto qualcosa di simile alla moneta d’argento ed è destinata ad essere cambiata con una moneta di valore reale nel momento in cui la città sarebbe stata in grado. Passato il periodo della guerra Atene crea una seconda lega delio-attica e grazie a queste risorse può mantenere una propria produzione monetaria; questa monetazione non cambia il tipo, lo standard, cambiano solo alcuni particolari stilistici che collochiamo nel corso di alcuni secoli, a partire dal 380 a.C. quando Atene ritorna a produrre moneta. Arriviamo al II secolo a.C. fase che prelude la produzione della moneta di “nuovo stile”. In ogni caso quella ateniese è la moneta più imitata del mondo greco, soprattutto in asia minore fino in Battriana. In alcuni casi notiamo monete fortemente modificate: una moneta potrebbe rappresentare il satrapo Tissaferne e risalente al 412-411, questa potrebbe essere quindi la prima moneta che rappresenta una figura umana in particolare, ma secondo altri si tratta della figura regia in generale. C’è da considerare che il regno d’Egitto, prima di divenire un regno macedone, non realizza una moneta propria; per cui riconosciamo come egiziana, abbastanza riconoscibile dal dritto della moneta. Poco prima della conquista moneta ci sono dei satrapi che producono moneta, ma in questi casi vi sono delle iscrizioni che citano i satrapi, non vi sono più le iniziali ATHE. Ad un certo punto si nota come la moneta inizialmente prodotta su un tondello non preciso di forma non sempre uguale, cambia: si passa a monete più grandi, di 27 millimetri, ma non cambia il peso. Il conio del rovescio non è più delimitato da un quadrato ma si espande su tutta la superficie ed è delimitata da una corona, che in greco si dice “stefane”, per questo motivo le monete sono dette stefanoforoi. Il dritto rappresenta sempre Atena all’interno di un cerchio perlinato, la civetta è posta sopra un’anfora, compare sempre la scritta ATHE, mentre lo spazio che avanza è riempito da simboli e monogrammi: notiamo quindi un intervento massiccio di magistrati monetari, prima un nome, poi due fino ad arrivare a 3 nomi di magistrati. Questa fase comincia dopo il 167 a.C. cioè quando cessa di esistere il regno macedone e viene prodotta per circa un secolo, 55 a.C.: si esaurisce così in maniera definitiva la produzione di monete ateniesi, per via dell’influenza romana, anche se Roma concederà a volte per casi eccezionali di produrre monete localmente, queste sono dette monete provinciali.

CORINTO: la moneta a Corinto nasce poco dopo la metà del VI secolo; sul dritto un cavallo alato legato al mito di fondazione della città; Pegaso avrebbe fatto scaturire da una montagna una sorgente che avrebbe poi permesso la nascita della città; mentre nel vi sono inizialmente dei triangoli vicini, poi 4 ferri di cavallo ed infine una raffigurazione simile ad una svastica. Sempre nel dritto è presente l’iniziale “coppa” del genitivo plurale che indica che questa era la moneta dei Corinzi. In alcune monete coniate assistiamo a fenomeno della riconiazione: in una moneta riconiata da Corinto riconosciamo che questa era una wappenmunzen con la gorgone. Il tondello di Corinto è molto piatto e il quadrato incuso non crea quell’affossamento che vediamo nelle monete ateniesi; qui si coniano monete da 3 dracme, moneta che pesa 8,3 (?) ovvero quanto la metà di una tetradracma ateniese. Attorno al 510 avviene il primo passaggio significativo, possiamo notare un’influenza ateniese: il rovescio come le monete di atene è ricavato all’interno di un quadrato e sempre il rovescio raffigura Atena, ma non è uguale a quella raffigurata nelle monete ateniesi: infatti Atena ha appoggiato sulla testa un elmo corinzio, un elmo metallico. Questo passaggio al doppio rilievo con Pegaso ed Atena, è da collocare nel momento in cui Atene adotta la moneta con la civetta, quindi alla fine del VI secolo. La monetazione corinzia termina attorno al 300 a.C. da questo momento diventa una zecca del regno macedone. Questa produzione di diverse zecche, si connota per la stessa tipologia: sul dritto Eracle con la leontè, al rovescio compare una creatura divino, prendendo spunto dalla statua di Zeus realizzata da Fidia. Le zecche coinvolte sono 25 e le produzioni sono distinguibili per piccoli particolari, per esempio al di sotto del trono di Zeus vi sono iscrizioni diverse. Corinto riesce a imporre il suo modello di monetazione anche alle sue colonie, quindi verso l’Italia e verso la penisola Calcidica. Questo perché Corinto ha un rapporto stretto con le proprie colonie: quando queste producono moneta scelgono lo stesso standard; Potidea nei primi decenni del V secolo batte moneta con argento locale e usando un modello iconografico basata sulla rappresentazione di un cavaliere che imbraccia un tridente, mentre nel rovescio un quadrato incuso. Dopo la battaglia i Salamina, rientra sotto il controllo di Atene; durante la guerra del Peloponneso Potidea si ribella contro atene e di questo periodo, 423 a.C., è la tridracma con Pegaso, e nel rovescio Atena con l’elmo corinzio; è presente solo una lettera, un pi greco. Altre colonie hanno prodotto monete simili a quelle della madrepatria, l’unico dettaglio che può variare è la lettera che identifica la popolazione a cui appartiene la produzione.

A Siracusa si producono monete con standard euboico-attico: nel momento in cui è costretta a chiedere aiuto alla madre patria per gli Ateniesi che la attaccano: per questa circostanza Siracusa emette moneta che tipologicamente è molto simile a quella di Corinto con Pegaso e Atena, e sempre nel rovescio SIRAKOSION. Il peso viene sfruttato come interfaccia tra due sistemi ponderali differenti, non produce il pezzo da 4 dracme, ma produce pezzi da due dracme: per i Siracusani questa moneta da 8gr equivaleva alla metà della moneta corrente. Corcyra viene fondata dagli Eubei e poi rifondata da coloni corinzi. Eubea è legata al simbolo del bovino e questo si riflette nella scelta della raffigurazione.

Damastion: grande centro per l’estrazione dell’argento, le monete prodotte da questa città sono gli unici reperti che ci danno qualche informazione su un centro che non è stato ancora trovato.

Beozia, Tebe: qui si forma una lega militare, che si traduce nella coniazione di una moneta comune, quindi una moneta che viene prodotta in più centri con la possibilità di usare monete di poleis differenti e qui non si utilizza un sistema monetale proprio ma si usa quello eginetico. Tutti questi centri producono moneta a partire dagli ultimi anni del VI secolo, circa il 510 a.C.: monete globulari, il rovescio è un quadrato incuso con triangoli e il dritto presenta il classico scudo beota, elemento non a caso militare. La presenza di alcune lettere nel dritto della moneta ci fanno associare quella produzione ad un centro in particolare; le monete che non hanno indicazione esplicita si pensa che siano riferibili a Tebe. Nelle produzioni successive, nel rovescio della moneta si pone l’iniziale della polis che l’ha prodotta, poi nella metà del V secolo cambia ancora la produzione, soprattutto per quanto riguarda il rovescio della moneta, il dritto resta caratterizzato dallo scudo beotico. Alcuni cambiamenti vi sono fino al momento prima della conquista da parte dei macedoni: nell’ultima fase, nel rovescio si sceglie l’anfora e le iniziali del popolo che ha coniato la moneta; in una produzione Tebe nel rovescio fa incidere le iniziali EPAM, che sta per Epaminonda. Alessandro Magno poi distruggerà Tebe e quindi cessa la produzione monetaria.

Popolazioni traco-macedoni: prediligono come tipologia del fronte il cavaliere armato, in alcuni casi anche con due lance (monete dei Bisalti), si distingue molto bene il copricapo tipico di queste popolazioni. Compaiono anche i Derroni, sempre un popolo guerriero; nel fronte una scena di psicopompia che documenta l’accompagnamento del morto nell’aldilà, morto che è qualificato attraverso l’elmo, è quindi un’esaltazione del guerriero. Nel rovescio una parte del corpo modificato, e quindi allusiva a 3 personaggi che sono discendenti di Eracle che hanno fondato la dinastia macedone. È una moneta da 12 dracme che pesa sui 40gr. La realizzazione di queste monete è collegato con un fatto che culmina nella battaglia di Salamina: necessità di pagare un tributo al re di Persia, questo è confermato dal fatto che la scelta dello standard non è legato ad elementi autoctoni, usano lo standard fenicio che viene dall’oriente e che viene utilizzato anche dai Persiani.

Macedonia: Alessandro I realizza le ottodracme, di stampo fenicio, si riconosce per l’assenza dell’iscrizione che indica il luogo di produzione, con il cavaliere armato e nel rovescio quadrato incuso. Il regno di macedonia in questo momento è sottomessa all’impero persiano, e paga il suo tributo con queste monete. Nelle fasi iniziali il cavaliere è smontato da cavallo, ma successivamente, sempre nel regno di Alessandro I il cavaliere è a cavallo, la moneta è una tetradracma e cambia il rovescio. Fondamentalmente la figura del cavaliere rimane la figura principale nel corso del tempo. Con l’inizio del IV secolo, nel regno di Amita III, nel dritto emerge l’elemento nazionale, l’origine del regno ovvero un collegamento con Eracle: nel dritto è presente l’eroe con la leontè; nel rovescio un cavallo e la legenda con il nome del re.

Cirenaica: la diffusione della moneta è anche qui determinata dalla diffusione della cultura greca. La cirenaica produce una moneta prima della fine del VI secolo. La moneta è legata al prodotto locale tipico, una pianta: il silfio, una pianta estinta; era utilizzata a scopo medico e dava allucinazioni. La pianta è rappresentata in fiore e vicino è rappresentato il frutto che è cuoriforme. Attorno al 480 si continua tutto sommato a mantenere il modello precedente; nel contesto Cirenaico viene formulata una prima rappresentazione di Amon, Zeus all’Africana, con corna di ariete.

Magna Grecia: tra le zecche che danno inizio al fenomeno del rovescio in negativo c’è Metaponto, qui possiamo vedere il rovescio della moneta che però non presenta tutti i dettagli del dritto: da una parte la cavalletta dall’altra il delfino. Altra realtà è Crotone dove era particolarmente sviluppato il culto di Apollo e per questo viene scelto nella raffigurazione il tripode con l’abbreviazione CRO; altra moneta particolare è quella di Kaulonia con l’abbreviazione KAUL: la rappresentazione ha ancora a che fare con l’ambito religioso. È rappresentato Apollo alexikakos, che tiene lontano il male; tiene in un ramo con il quale scaccia il male ed è rappresentato insieme ad un genio in corsa. La moneta di Poseidonia è legata alla divinità cittadina, Poseidon, rappresentato sul dritto e sul rovescio; la legenda pur essendo disposta in modo speculare è sempre a rilievo. Il successo di questa tipologia è testimoniato dalle monete di Taranto: qui è rappresentato il fondatore eponimo, Taras. La colonia calcidese di Zancle, adotterà questo sistema, con la raffigurazione del delfino sul dritto e rovescio; il nome della città deriva dalla conformazione della costa che ai greci ricordava una falce, zanklon in greco. La conformazione del golfo è rappresentata nella moneta e al suo interno guizza il delfino. Per alcuni studiosi la tecnica del rovescio incuso è una moda, altri hanno ipotizzato che si potesse trattare di una sorta di monetazione di lega strutturata grazie alle colonie achee al fine di rendere di facile commercio la moneta stessa; ma non si è certi di questo. Molte monete di questo tipo si basano sullo stesso standard di 8gr, ma quella di Poseidonia, si basa sullo standard campano di 7,5gr. Recentemente si è scoperto che sull’altipiano della Sila sono presenti filoni di argento, che mostrano segni di estrazione probabilmente greci. Quindi è stata ipotizzata un’altra ipotesi, connessa con una figura storica: Pitagora. Viene da Samo, appartiene ad una famiglia di persone che lavoravano i metalli; per scappare dalla tirannide si rifugia a Crotone, elabora la teoria dei contrari – ad un numero pari segue un numero dispari – e sembra che in qualche modo la moneta con rovescio incuso, segua questa teoria dei contrari.

Sicilia: qui vi sono diverse realtà con diverse popolazioni che adattano diversi standard monetali. I maggiori centri si stabiliscono sulla costa, mentre all’interno vi sono altre realtà è qui vengono adottate altre monete. Siracusa, Leontinoi, e Catana adottano la tetradracma: Siracusa e le sue sub colonie derivano da Corinto e adottano un sistema non corinzio ma quello euboico-attico; Selinunte, Agrigento, Gela e Camarina coniano la didracma euboico-attica; le colonie di origine calcidese come Zancle, Himera e Naxos usano uno standard di 5,70gr. Siracusa: attorno al 500 nasce la moneta siracusana, presenta un ulteriore depressione all’interno del quadrato incuso, dove è presente una raffigurazione femminile, una ninfa delle acque che è da ricollegare alla fonte di acqua dolce dell’isola di Ortigia. Nel dritto è presente una biga che traina un carro da guerra, in chiave difensiva e offensiva rivolto alle popolazioni indigene. La forma più tipica però della moneta siracusana ci deriva dagli sviluppi del V secolo: nel dritto è sempre presente la biga, sorvolata però da una vittoria che incorona alla biga, forse da ricollegare alla figura di Gelone che aveva vinto le Olimpiadi nel 488 e che aveva preso il potere a Siracusa dal 485, quindi le monete devono essere datate a partire da questo momento.  Nel rovescio una figura femminile, una musa variamente incoronata nel corso degli anni con un diadema ed è inquadrata da dei delfini; questi non sarebbero solo decorativi ma indicano il valore delle 4 dracme. Quella del 470 a.C. è la moneta più comune del V secolo ed è quella che ha più a che fare con la tirannide dei Dimomenidi. La terza fase si ritiene che vada connessa dopo la fine della tirannide e quindi dal 460 a.C. in poi. Da questo momento Siracusa produce una moneta da 10 dracme, questa è stata collegata ad un passaggio di Diodoro Siculo nel quale si parla di una battaglia tra Gelone ed Himera che vede il primo vincitore contro i Cartaginesi; Diodoro afferma che i prigionieri quando vengono liberati donano alla moglie di Gelone, Demarate, una corona d’oro e                 questa fa in modo di trasformare questo dono in moneta: la decadracma si chiama appunto demareteia e quindi si è associato il passaggio alla produzione della decadracma. Karay nega questo passaggio in quanto Diodoro Siculo non afferma che l’oro sia stato convertito in argento per produrre moneta, la corona può essere stata convertita solo in una serie limitata di monete d’oro. Inoltre la tradizione per la tradizione greca è normale che le monete d’argento prendano il nome dal tipo, mentre quelle auree prendono il nome dal sovrano. Quindi si propone una datazione successiva, al 460 a.C., alla fine della tirannide, infatti la raffigurazione femminile è confrontabile e simile alla musa rappresentata nella serie di monete prodotte alla fine della tirannide. Verso la fine del V secolo però si sviluppa un altro fenomeno, collegato ad una questione sicula, il fenomeno della firma. Tra il 415 e il 402, notiamo un miglioramento notevole del disegno e si produce di nuovo la decadracma, dove compaiono dei nomi, che sono stati intesi non come il nome dei magistrati, ma con il nome dell’artista del conio, il nome più documentato è quello di EUAINETOS. Questo però non è solo un fenomeno siracusano, lo notiamo lo stesso nome anche a Catania e in altre zecche. In alcuni casi si ha il dritto firmato da un artista e il rovescio da un altro ancora. Con la presa del potere di Dionigi nasce la moneta di bronzo con altre raffigurazioni; la produzione di questa monete doveva essere limitata: Siracusa assediata dai Cartaginesi, termina l’argento per la produzione monetaria, e quindi Dionigi chiede consiglio a Platone che gli suggerisce di battere moneta in bronzo e la quantità di bronzo in ciascuna moneta è pari a quella utilizzata per le monete di argento, arrivano quindi a pesare 40gr. L’eccessivo peso porta Dionigi a diminuire la quantità di metallo e a far accettare in modo fiduciario lo stesso valore della moneta precedente agli abitanti; nasce quindi il modello della moneta fiduciaria che non è basata sulla quantità intrinseca del metallo. Questo modello si diffonde poi in tutta la Sicilia e nel mediterraneo.

Aetna: produce moneta più tardi rispetto a Siracusa, con pezzi da una dracma, con la tipica raffigurazione del guerriero a cavallo, mentre a rovescio una rappresentazione di Zeus. Successivamente si producono tetradracme quando la città è governata da Gelone: sul dritto una raffigurazione di Pan mentre sul rovescio sempre Zeus, realizzato con molti più particolari rispetto alla prima emissione.

Catane: nella tetradracma viene prodotta una nike e nel dritto un animale con sopra un genio. Dal 460 a.C. viene prodotta come ad Aetna, la litra con al dritto la figura di un satiro e al rovescio una strana rappresentazione che ricorda il fulmine di Zeus. La litra è un’unità bronzea, un sottomultiplo della dracma, ma in questo contesto viene coniato in argento un valore bronzeo. Alla metà del V secolo Catane conia una tetradracma con una biga al dritto e al rovescio Apollo.

Leontinoi: città dei leoni, e quindi nel rovescio si propone la raffigurazione del leone, con la scritta LEONTINON, e sempre nel rovescio sono presenti 4 chicchi di orzo seguendo più o meno la stessa idea grafica di Siracusa che nel rovescio aveva 4 delfini. Nel dritto una biga. L’adesione al modello siracusano è più visibile nelle produzioni successive, l’impianto grafico è comune e si è pensato che avessero lavorato sempre gli stessi addetti alla realizzazione di queste due tipologie. Dal 460 a.C. scompaiono dal rovescio i chicchi di grano e nel dritto sempre la biga con il genio. Dal 450 torna la testa del leone con i chicchi e al dritto si mantiene la testa di Apollo.

AREA DELLA DIDRACMA

Camarina: attorno al 460 a.C. viene prodotta una serie che sia al dritto che al rovescio notiamo la presenza di armi difensive. Nel dritto un elmo mentre al rovescio dei gambali. Nella seconda metà del V secolo emerge l’influenza di Siracusa: il carro da guerra con 4 cavalli e la nike, mentre nel rovescio Eracle con la leontè.

Gela: nel dritto viene raffigurato il guerriero a cavallo con la lancia pronta ad essere scagliata, mentre al rovescio compare un elemento che si collega alla geografia locale, infatti Gela nasce vicino al corso d’acqua Ghelas e la rappresentazione del toro è la raffigurazione ideale del fiume. Dal 478 a.C. viene coniata anche a Gela la tipologia con il carro da guerra e la nike, mentre nel rovescio rimane la rappresentazione ledda divinità fluviale. Nelle ultime emissioni, nel 425 a.C., vengono prodotte delle tetradracme con il carro da guerra e la corona d’alloro, mentre nel rovescio compare il fiume Ghelas in forma di giovinetto, ma sempre con il riporto delle corna. Parallelamente a questa moneta viene coniata la didracma che presenta nel dritto un cavaliere che trafigge il nemico e nel rovescio sempre il fiume.

Akragas: anche questa polis come Siracusa comincia abbastanza presto a coniare moneta: dal 510 vengono coniati i primi esemplari, delle didracme. La scelta dei tipi ha a che fare con motivi religiosi: l’aquila rimanda a Zeus, dall’altra parte un granchio di fiume; il fiume vicino cui sorge Akragas viene rappresentato con il prodotto tipico che questo fiume offre. Nel 460 a.C. viene prodotta la tetradracma durante la tirannide di Gerone. Il modello rimane questo anche nel 420 a.C.: l’aquila viene rappresentata nel mentre caccia il serpente che rappresenta i cartaginesi. Negli ultimi anni del V secolo si manifesta il fenomeno della firma come era comparso a Siracusa, in un momento in cui questa città estende il suo potere fino a queste aree; quindi anche la tipologia muta: almeno una faccia manifesta questa dipendenza dal modello siracusano, lo vediamo dal carro da guerra nel dritto; l’aquila rimane, mentre aggredisce la preda: qui nel rovescio si nota la scritta SILANOS. Nel 410 a.C. vengono prodotte anche delle decadracme che presentano una raffigurazione complessa.

APPUNTI DA RIPRENDERE

Alessandro magno: durante il suo regno vi sono 25 zecche che producono moneta, come si fa a distinguere la produzione? Generalmente da alcuni monogrammi posti sul rovescio delle monete, davanti alle gambe di Zeus o sotto il suo trono. Sulle monete prodotte a Rodi è visibile la rosa che indica la zecca di Rodi. Questo vale sia per l’argento che per l’oro. Con Alessandro Magno avviene la prima esperienza di moneta unica che per un unico regno, da qui deriva la monetazione dell’impero romano o quello di Carlo Magno. Alla morte di Alessandro, l’impero verrà suddiviso nei vari regni ellenistici, questi continueranno la sua monetazione per un certo periodo.

 In Egitto difficilmente veniva prodotta moneta, abbiamo dei casi di monetazione di imitazione nel V secolo, questa segue il modello ateniese. Per una monetazione tipicamente egiziana dobbiamo aspettare il IV secolo, con Nektanebo II che produce il darico d’oro e di bronzo. Tolomeo invece è uno dei successori di Alessandro, che ottiene il controllo dell’Egitto e altri territori e inizialmente prosegue la produzione di matrice alessandrina; conosciamo alcuni esemplari come quello della zecca di Sidone, riconoscibile dalla sigla SI, e questa zecca è attiva dal 323 al 305. Parallelamente è attiva la zecca di Alessandria, essa produce una moneta che ha sul dritto Alessandro con la pelle di elefante e sul rovescio Atena; dal punto di vista epigrafico qui non abbiam alcuna indicazione del nome di Tolomeo, vi è sempre la scritta ALEXANDRO, quindi una sorta di continuità. Il 305 però è un momento capitale per la storia dell’Egitto e della moneta in generale: per la prima volta nella storia della moneta compare il ritratto fisionomico di una persona vivente, prima erano ritratti idealizzati di personaggi vissuti prima. Sul dritto quindi compare Tolomeo con una fascia sul capo e con l’egida sul collo, in segno di protezione divina. Oltre al volto sul dritto, sul rovescio compare la scritta TOLEMAIU BASILEOS, sia per le emissioni in oro argento e bronzo. Tolomeo infatti nel 305 assume prima di tutti il titolo regale e da questo momento da inizio ad una nuova monetazione. Sul rovescio compare l’aquila, un simbolo di Zeus, sempre per indicare la protezione divina. Tolomeo vuole creare un sistema dipendente, quindi pur mantenendo la tetradracma, ne abbassa drasticamente il peso fino a 14.2gr. in questo modo dà vita ad una lunghissima produzione che si interrompe solo dopo la conquista romana. Sotto il profilo epigrafico e a cominciare da Tolomeo II, comincia a comparire per la prima volta l’anno di regno, quindi sappiamo esattamente in che anno viene prodotta quella moneta: ad esempio lambda-gamma vuol dire 33esimo anno del regno. Questo uso si mantiene anche successivamente, anche alcuni imperatori romani che produrranno moneta ad Alessandria; da questo riusciamo ad avere una cronologia precisa anche di imperatori del III secolo d.C. sotto il profilo iconografico vi sono delle novità con Tolomeo II e III: vengono prodotte delle raffigurazioni di volti femminili e quindi vengono prodotti monete per esempio con i volti delle mogli del re con la scritta BASILISSES nel retro.

Impero persiano: si producono monete quasi esclusivamente per rapporti con i greci, non avevano alcuna necessità di realizzare moneta. Una volta che viene conquistato il regno di persia e una volta nato il regno Seleucide viene prodotta però la moneta. Nel rovescio è presente un monogramma che rappresenta la parola METROPOLIS, capitale. Anche Seleuco prosegue inizialmente la monetazione di Alessandro Magno con la testa di Atena e nel rovescio la nike con la scritta ALEXANDROU BASILEOS, e nessuna moneta di Alessandro presenta questa scritta, quindi capiamo che si tratta di una produzione successiva. Prosegue una monetazione di stampo alessandrino con la raffigurazione di Eracle con Zeus in trono; emerge però una monetazione che presenta sul dritto Zeus maturo e nel rovescio Atena che guida un carro trainato da elefanti. Compare comunque la scritta SELEUKOS ma non viene ancora rappresentato il volto del sovrano. Dal 305 viene prodotta una nuova moneta con sul dritto una figura elmata e orecchie animali, forse un ritratto di Seleuco ma non è certo, probabilmente ennesimo ritratto di Alessandro magno e nel rovescio la nike che incorona un trofeo d’armi. Per la raffigurazione del sovrano dobbiamo aspettare Seleuco II. I Parti: L’impero persiano viene ridimensionato da altri regni, il più significativo è il regno dei Parti. Si continua produrre moneta secondo lo schema seleucide o alessandrino, ma viene coniato il pezzo da una dracma, non la tetradracma. Anche qui si mantiene vivo l’uso del ritratto, la grafia greca e questo viene tramandato anche all’impero sassanide, sempre di matrice persiana; il fondatore è Ardashir, che nella sua monetazione conserva il ritratto secondo le modalità tipiche greche e si mantiene adesione al modello della dracma, anche se viene perso l’uso del greco come scrittura. Tutta l’asia centrale viene conquistata dagli arabi attorno al VII secolo e si annulla la realtà dell’impero sassanide; gli arabi non hanno una loro monetazione e conoscono la moneta solo dal contatto con altre popolazioni, come i bizantini o i sassanidi. Essi producono quindi moneta, erede della dracma alessandrina, il dirham, simile anche dal punto di vista fonetico. Regno di Battriana: dal regno seleucide si stacca questo nuovo regno, e si comincia a battere moneta con Attalo II (?) anche qui si mantiene il ritratto fisiognomico e la lingua greca. Qui viene realizzata la moneta aurea più pesante dei regni ellenistici: 175gr. Anche nella parte più orientale dell’asia che era stata conquistata da Alessandro vengono coniate monete conservando sempre alcune caratteristiche. Questo uso monetario prosegue anche nell’impero di Kushan che dura fino al III secolo d.C. Altro regno ellenistico importante è il regno di Pergamo: la monetazione continuerà finché verrà in contatto con Roma; lo schema è sempre quello della tetradracma euboico-attica. Negli ultimi anni del regno di Pergamo cambia la monetazione: si diminuisce il peso della tetradracma, creando una dracma locale; al dritto vi è una cista che ha un legame con il culto di apollo e per questo motivo le monete sono definite cistofori. Per il suo peso simile al denario romano – 4 denari = 1 cistoforo – viene mantenuta fino addirittura al II secolo d.C.

I Celti: la popolazione è composta da tribù molto valide sotto il profilo bellico e vengono spesso assoldate dai greci: in questo modo i Celti conoscono la moneta greca. Il regno macedone fa spesso uso di celti per combattere e un gruppo di questa popolazione si stabilizzerà in asia minore, in quella regione che viene chiamata Galazia. Nel momento in cui cessa la relazione tra celti e Macedoni, i celti producono moneta che è un esito del contatto con la moneta greca: alcuni sono molto fedeli e altri riproducono sotto un’altra chiave il modello greco. Massalia (Marsiglia) si serve di mercenari celtici pagandoli con moneta prodotta in loco: il leone della monetazione massariota è un’eredità che proviene dai fondatori di focea, che a volte propone accanto alla foca un leone: questo possiamo vederlo in altre colonie focee dell’Italia meridionale. Verso la fine del IV i Celti cominciano a produrre monete simili a quelle massariote; si nota la concentrazione di queste monete in determinate zone e in questo modo possiamo ricondurre le produzioni a determinate tribù della pianura padana. Si nota spesso una figura femminile caratterizzata da 4 boccoli e il leone nel rovescio si presenta elaborato in modo diverso. Le popolazioni celtiche venetiche cercano di imitare anche la scrittura greca e le monete di Massalia con la scritta MASS in veneto vengono riprodotte con dei simboli che ricordano le lettere greche.

ROMA

Roma comincia a coniare moneta dal IV o III secolo a.C., quindi molto rispetto alla magna Grecia con la quale aveva già avuto certamente contatti e avvierà tutta una serie di soluzioni che determinano la storia della moneta in Europa anche dopo le fasi antiche. Il denario nasce con la guerra annibalica e accompagnerà la storia romana fino ai primi 30 anni del III secolo d.C. e non è un caso che il denario verrà recuperato dalla riforma monetaria di Carlo Magno e la moneta verrà chiamata denario appunto. Anche il Solidus di Costantino continuerà a vivere fino anche all’impero Bizantino che utilizzava il nomisma, fino alla metà del 1400. Anche il solidus verrà ripreso da Carlo Magno, infatti il denario che aveva riutilizzato era il sottomultiplo del solidus. Roma prima di produrre moneta da sé fa uso di moneta del mondo magno greco: la prima moneta romana che conosciamo non è espressa in alfabeto latino, ma in greco con la scritta ROMAION. Questa prima serie monetale viene definita romano-campana ed è principalmente basata sull’argento, ma ha anche delle coniazioni in rame. Questa è una delle due serie monetarie con le quali esordisce Roma tra la fine del IV e gli inizi del III secolo. Roma è abituata ad usare principalmente il rame e secondo certi standard elevati legati alla libbra, 327gr. Quando produce la propria moneta mette in piedi due monetazioni parallele e che convivono: una di queste è la serie romano-campana (non di tipo italico ma greco) che esordisce con una monetazione in rame prima, del peso di 3gr, …. Le monete prodotte con la scritta NEAPOLIS e ROMAION sono più o meno identiche: presentano sul dritto Apollo e sul rovescio un toro androprosomo, quello di Neapolis presenta una stella a quattro bracci; ma a differenza della scritta le monete sono identiche. Questo indica che questa serie monetaria usata da Roma non è prodotta in loco ma è prodotta dalla zecca di Napoli; questo perché probabilmente questa prima emissione viene a sancire il foedus ecuum, un patto con pari diritti, tra Roma e Napoli. La prima serie romano-campana in argento si esprime secondo schemi della magna Grecia, sarebbe da collocare agli inizi del IV secolo a.C. e utilizza una didracma di stampo neapolitano e anche per queste prime monete d’argento la fabbrica monetaria non è situata a Roma ma sempre a Neapolis, anche se viene utilizzato l’alfabeto latino. Molti hanno giustificato la coniazione di questa moneta per finanziare la costruzione della Via Appia, ma probabilmente la cronologia della moneta deve essere spostata. Tutte le produzioni della serie romano-campana sono da riferire a momenti particolari della storia di Roma, soprattutto ad eventi bellici. Sia la prima serie che la seconda che è datata tra il 275-270 a.C. sono realizzate in Campania, ma successivamente le monete verranno prodotte a Roma. La scritta ROMANO che compare dalla produzione romano campana è di derivazione greca: non è altro che l’abbreviazione della parola ROMANORUM, così come la scritta ROMA.

Con la didracma del 269-268 a.C. avviene un cambiamento: sul rovescio compare la lupa con i gemelli e la scritta ROMAN, in questo momento si pensa che la zecca si sia trasferita dalla Campania a Roma, anche se probabilmente le maestranze sono di cultura greca. Due passi di Plinio indicano il 485 e il486 ab urbe condita per la produzione della prima moneta a Roma. Anche la produzione del 225-212 a.C. presenta una raffigurazione tipicamente romana: Giano bifronte e nel rovescio una quadriga, da qui il nome della moneta, quadrigato. Su dritto potrebbero essere rappresentati i Dioscuri, Castore e Polluce, mentre sul rovescio la quadriga di Giove e la vittoria che tiene le redini.

AES RUDE e AES GIGNATUM (bronzo grezzo): L’altra serie di matrice centro italica-romana ha a che fare con il bronzo e rinvia a usi premonetali antichi. Nella prima fase si usa rame o bronzo informe, non hanno un peso standard riferibile. L’uso di questa tipologia si colloca tra il VII e V secolo a.C. ed è principalmente usato in Italia centrale, ma ci sono dei ritrovamenti anche in pianura padana. L’altra categoria di oggetti, sempre premonetali prevede un passaggio dai grumi informi a qualcosa di più regolare, lei lingotti, quadrilateri fusi all’interno di forme che presentano un segno, una qualche figura (a volte molto elementare) ed è per questo che hanno assunto il nome di Aes Signatum. Questi sono riferibili ad un peso certo, alla libbra e hanno uno sviluppo tipologico che ci porta fino al III secolo a.C. Alcuni sono detti a ramo secco o a spina di pesce per l’impressione sul lingotto. Questi sono documentati anche sulla zona dove si diffonde la cultura etrusca. Si è ipotizzato che la raffigurazione impressa possa rimandare ad un’autorità emittente, ma questa idea non è accettata; alternativamente si è ipotizzato che si tratti di marchi di fabbrica, sono quindi dei signum che identificano una fabbrica. Analizzando i campioni però questi aes hanno delle componenti molto variabili (per esempio contengono grandi quantità di ferro, piombo o stagno) e questo vuol dire che non possono provenire da un'unica fabbrica; quindi anche questa idea non è valida. Si propone che in qualche modo questi primitivi segni siano imposti per motivi tecnici perché favoriscono la diffusione del metallo fuso all’interno delle forme, ma anche questa spiegazione lascia dubitare. A volte troviamo questi lingotti spezzati lungo le “lische” quindi forse questi segni potevano indicare una determinata quantità. L’evoluzione ultima di questi aes prevede un signum molto più evoluti ed in alcuni casi è presente una legenda: un’aquila che regge de fulmini o Pegaso con la scritta ROMANO. Alcuni aes signatum possono essere cronologicamente collocati correttamente: uno di questi può essere collocato tra il 275 e il 242 poiché su di un lato presenta un elefante asiatico. I romani vedono questo animale per la prima volta scontrandosi con Pirro che aveva portato degli elefanti asiatici in Italia, probabilmente quindi questo lingotto è stato fabbricato con il bottino ottenuto dalla guerra contro Pirro. Questo aes prelude chiaramente all’utilizzo della moneta, ci sono tutte le caratteristiche per definire questo oggetto una moneta.

La prima emissione bronzea che noi conosciamo di Roma è da riferire tra il 280 e il 276 a.C.: sono prodotte per fusione e quindi non presentano molti particolari. Questi presentano dei segni che ci indicano l’unità, che nel mondo romano prende il nome di asse. Questa è indicata sia sul dritto che sul rovescio (due pallini con due pallini, tre con tre ecc.). La linea indica il peso di una libbra, 327gr, mentre la “S” indica semis quindi la metà, e un pallino rappresenta un’oncia; mentre la moneta con la “sigma” indica la metà dell’oncia. Quattro pallini indicano un triente, un terzo dell’asse, due pallini un sestante. Il sistema romano quindi prevede sin dall’inizio quindi dei multipli e sottomultipli. Anche questa cronologia però è discussa perché la produzione monetaria avviene attraverso la magistratura dei triumviri monetali che vengono istituiti nel 289 a.C. alcuni ritengono che questa serie monetale sia da riferire all’istituzione di questa magistratura, quindi questa serie monetaria sarebbe da far risalire a nove anni prima, al 289 a.C. Queste monete le troviamo nell’Italia centrale e quasi mai verso su, ma verso nord; troviamo ripostigli oltre l’appennino. In questa serie vi sono dei multipli rari, pezzo da dieci assi, la decussis indicata con la X e poi la tripondius e il dupondius. In seguito alle guerre puniche però Roma sarà costretta a svalutare la moneta di bronzo diminuendone il peso; Roma segue uno schema che è dato dal peso dei suoi sottomultipli: l’asse verrà così a pesare come un semiasse, ovvero 164gr. La moneta verrà svalutata continuamente nel corso della guerra annibalica fino ad arrivare al peso del sestante, 54gr. Dal 225 a.C. viene prodotto un asse con raffigurazioni fisse: Giano bifronte sul dritto con l’asta che indica il valore, e nel rovescio un rostro di una nave da guerra sempre con il segno di valore. I sottomultipli vengono ad avere al rovescio sempre la raffigurazione del rostro mentre sul dritto una serie di divinità.

Uno degli aspetti della svalutazione è il passaggio dalla fusione alla coniazione tra il 215 e il 212 a.C. quando si passa alla coniazione c’è la possibilità di inserire la scritta ROMA, abbreviazione di ROMANORUM. Confrontando le monete più recenti e guardando le raffigurazioni di Giano notiamo che nelle prime coniazioni Giano presentava la barba mentre nelle altre produzioni è senza barba e per questo si è pensato che si potesse trattare di Fronto, il figlio di Giano, oppure i dioscuri Castore e Polluce.

Durante la guerra annibalica il quadrigato si svaluta enormemente, vi è sempre meno argento in questa produzione monetaria e sempre più rame, questo fatto è visibile anche ad occhio nudo, lo si vede dal colore rosaceo della moneta dato dal rame. Il quadrigato vede delle evoluzioni che troviamo in determinate aree, questo perché la moneta seguiva l’esercito e veniva prodotta dove vi era bisogno. Annibale taglia i rifornimenti e quindi c’è sempre meno argento per coniare moneta; questo si riflette nella coniazione di una nuova moneta, in concomitanza con la ripresa del potere da parte di Roma nell’Italia centrale; si dà vita così al denario. Si è proposto di abbassare cronologicamente la prima coniazione nel denario nel II secolo, ma a dare una datazione certa sono stati gli scavi di Morgantina: la città alleata di Roma, poi passa dalla parte di Annibale e successivamente riconquistata da Roma, viene distrutta dai romani attorno al 211 a.C. in questi strati si ritrovano quantità sostanziali di denario e frazioni di esso, nelle prime emissioni che conosciamo. Il fatto che queste monete siano poco usurate fa pensare che l’emissione del denario debba coincidere più o meno con l’anno della distruzione di Morgantina. La moneta si presenta con al dritto il volto di Roma e nel rovescio due divinità tutelari, i Dioscuri a cavallo. Importante elemento lo troviamo sul dritto, la X, rimanda al sistema di conto in uso a Roma, infatti indica un valore di 10 assi, denario – deca – aes, 10 monete di rame. Questa moneta viene prodotta con due sottomultipli, sempre con il volto di Roma al dritto e i Dioscuri sul rovescio; il quinario equivale alla metà del denario e sul dritto presenta il numero V, ad indicare il suo valore di 5 monete di rame. Il sesterzio è indicato con II S che indicano un quarto del denario. Il denario avrà un peso di 4,2 per poi arrivare ad un peso stabile di 3,9 per diverso tempo.

Contemporaneamente si produce un’altra moneta, il vittoriato, il cui nome deriva dalla rappresentazione del rovescio dove si vede una vittoria alata che incorona un trofeo d’armi. È una moneta che a differenza del denario non presenta il segno del valore, perché è l’ultimo rimasuglio della tradizione monetaria greca; il vittoriato infatti equivale a ¾ di denario, ovvero mezzo quadrigato e quindi reincarna il sistema di peso della magna Grecia. Vi è anche il mezzo vittoriato che equivale alla metà di una dracma campana. Perché produrre questa moneta? Roma, mentre combatte contro i cartaginesi si affaccia sulla penisola Balcanica e trova degli alleati contro i macedoni, lungo le coste dell’adriatico, questi avevano dei sistemi monetari simili a quelli campani, questi sono Dyrrachium e Apollonia, quindi si produce questa moneta per mantenere i contatti con queste popolazioni. Questa monetazione però rimane solo fino al 170 a.C. dopo di che rimane solo il denario.

Dell’oro prodotto durante la seconda guerra punica conosciamo due emissioni: una si chiama l’oro del giuramento e appartiene alla serie romano-campana, e viene chiamato in questo modo per via della rappresentazione del rovescio della moneta. Si vedono due soldati con in mano il gladio e un terzo soldato al centro che tiene un maialino; questa rappresentazione simboleggia gli alleati di Roma e quindi è un messaggio politico che allude all’alleanza con gli italici. Nel dritto invece sempre giano bifronte o i dioscuri. Vengono prodotte monete da 6 scrupoli, 6,8gr, e un mezzo statere da tre scrupoli, 3,4gr, in un’altra emissione sotto il volto di giano è presente l’impressione XXX ad indicare il valore di 30 assi e questa viene coniata prima del 212 a.C. l’altra emissione aurea è denominata oro marziale o oro assiale: nel dritto la testa di Marte nel dritto, mentre nel rovescio una rappresentazione molto simile a quella tolemaica, ovvero l’aquila che tiene dei fulmini. Nel dritto sono presenti delle impressioni che recano il valore; vengono coniati aurei con il valore di 60, 40 e 20 assi. Vengono prodotte in un momento in cui le sorti della guerra sono favorevole a Roma, ma c’è ancora bisogno della coniazione aurea, coniazione che nel 209 si esaurisce; questa emissione aurea invece è connessa con il denario.

Altra emissione aurea repubblicana è legata alla figura di Titus Quinctius Flaminius, personaggio che combatte contro i macedoni. I greci coniano per il console questa serie monetaria, e quindi non può definirsi una serie monetaria dello stato romano; questa moneta è uno statere di tipo euboico attico che presenta sul dritto il volto fisiognomico del console, cosa inaccettabile per la politica romana; mentre nel rovescio una vittoria alata con il nome del console in greco.

Magistratura monetaria: a Roma chi ha il potere di legiferare sulla moneta durante il periodo repubblicano è il Senato che si avvale di magistrati, i quali si occupano di diverse emissioni. La zecca di Roma si trova vicino al tempio di Giunone Moneta. Le emissioni ordinarie urbane vengono istituite nel 289 a.C. e all’inizio la magistratura comprendeva 26 uomini che poi diventano 3, ossia i triumviri. La prima citazione di un nome legato a questa carica risale al 92 a.C. e la prima citazione su di una moneta risale al 71 a.C. con la scritta III VIRI. Abbiamo testimonianze di magistrati tresviri fino al 13 a.C. per quanto riguarda l’oro, al 12 a.C. per quanto riguarda l’argento e al 4 a.C. per quanto riguarda il rame; quindi se ne serve anche Augusto, ma sopravvive anche in epoca imperiale, infatti abbiamo una citazione epigrafica del 238 d.C.; è molto probabile che all’interno di questa magistratura vi fosse una gerarchia, questo perché nella moneta compariva solo il nome di uno, infatti in una emissione del 43 a.C. Lucio Flaminio si identifica come PRIMUS FLAVIT. Dato che la carica di magistrato monetale è una delle prime del cursus honorum, il nome di un magistrato che compare su di una moneta è molto importante per datare cronologicamente quando quella moneta è stata emessa.

A partire dalla seconda metà I secolo a.C. cominciano a comparire altre tipologie e i magistrati cominciano ad acquisire la tipologia da imporre sui denari romani, e quindi la moneta diventa il supporto per ricordare la famiglia del magistrato. Marco Emilio Lepido per esempio sceglie di rappresentare la basilica Emilia; sesto Pompeo Faustolo ha lo stesso nome del pastore che aveva accudito i gemelli e quindi il magistrato decide di rappresentare il pastore con la lupa e i gemelli nel rovescio della moneta; Sabin raffigura il ratto delle Sabine mentre Pomponio Musa raffigura diverse muse poiché secondo la tradizione la sua famiglia discendeva da una di esse. Questa libertà nella scelta della tipologia porta alla propaganda politica attraverso la moneta e il supporto utilizzato non è più solo il denario, ma anche l’oro. Anche queste monete sono l’indice di una crisi, questa volta però è una crisi dovuta alle guerre civili del I secolo a.C. Silla comincia a produrre l’aureo di 1/30 di libbra, poi Pompeo ne produce una da 1/36 di libbra; infine Cesare produrrà l’aureo da 1/42 di libbra. Contemporaneamente Hostilio Saserna, di fazione cesariana, produce denari con al dritto il volto di un guerriero celtico o di una donna celtica; questo per affermare che cesare era riuscito a conquistare le Gallie ed espandere il dominio di Roma. Ma da qui si passa alla propaganda per una fazione alla propaganda per una persona: in una emissione si vede al dritto Venere e nel rovescio Enea con il padre Anchise e la scritta CAESAR, questo sta a significare che si pone come campione della romanità e come conquistatore protetto da Venere. In un’altra produzione fa rappresentare tutti gli oggetti tipici del pontifex maximus, e nel 44 a.C. si fa rappresentare lui stesso sul denario.

Vi sono le magistrature straordinarie, quando per via di una determinata norma viene prodotta una determinata moneta che viene riconosciuta con la scritta SC, senatus consultus, o EX SC.

Le magistrature straordinarie imperatorie: qualunque magistrato dotato di imperium poteva produrre legalmente moneta, ma deve trovare le risorse per produrla, e quindi si attinge dal bottino di guerra. Questa produzione determinerà la chiusura della zecca di Roma durante le guerre civili a partire dal 40 a.C. perché i vari capi militari produrranno moneta dove si combatte e questa tornerà a produrre moneta solo dal 23 a.C. con Augusto.

Tra le monete della fase finale della repubblica vi sono anche le monete prodotte da Bruto: nel rovescio si vedono i pugnali con i quali è stato ucciso cesare e in mezzo a questi l’elmetto frigio simbolo dell’insurrezione contro la tirannide; mentre nel dritto l’antenato di Bruto, primo console di Roma. Marco Antonio mette negli aurei il suo ritratto, quello del fratello e del figlio; marco Antonio conia tra il 32 e il 31 a.C. produce denari legionari per pagare tutte le sue 33 legioni, non rispettando però lo standard del denario, hanno infatti un contenuto intrinseco bassissimo di argento e un peso molto basso. In una fase di relativa pace viene prodotta nel 41 a.C. una serie con al dritto marco Antonio e Ottaviano nel rovescio. Ancora, nel 38 a.C. viene prodotto con valore propagandistico un aureo con al dritto Antonio e al rovescio la moglie Ottavia, sorella di Ottaviano; ma nel momento in cui il generale ripudia la moglie viene prodotta nel 32 a.C. una serie aurea con Marco Antonio nel dritto e Cleopatra nel rovescio. Ottaviano invece è molto più sobrio nella scelta della tipologia monetaria: nella produzione bronzea viene rappresentato Cesare e compare la scritta DIVOS IULIUS, in una scritta arcaica quindi per rimembrare le origini di Roma. Nella seconda metà del II secolo si era svalutata ancora la moneta di bronzo, l’asse non viene più prodotto, e dopo il 90 a.C. scompare la moneta di bronzo, si riprenderà solo dopo il 31 a.C. ad eccezione della produzione del 38 a.C. che vengono prodotte in oricalco, una lega di rame e zinco, ma con un peso non riconoscibile.

RIFORMA DI AUGUSTO: La riforma monetaria di Augusto deriva dalla fase finale della monetazione repubblicana: la situazione era caotica, ogni capo militare durante le guerre civili produceva moneta, con standard e pesi diversi e questo aveva comportato una svalutazione del denario. Ottaviano quindi impone una moneta unica con standard fissi e che potesse essere spesa ovunque, ma soprattutto che tornasse nelle casse dello stato con un valore certo. Egli però doveva essere in grado di proporre una moneta a suo nome: quando conquista l’Egitto, restituisce tutti i suoi poteri, compreso quello di produrre moneta, allo stato romano, anche se è il capo indiscusso. Questa acquisizione di potere avviene nel 23 a.C. quando gli viene conferita la tribunicia potestas senza essere tribuno della plebe, quindi controlla perfettamente la legislazione romana con il diritto di veto, e nello stesso anno acquisisce l’imperium proconsolare; questo gli consente di guidare l’esercito e quindi può produrre moneta. Egli concepisce un sistema basato su metalli differenti con pesi differenti, ma legati da un valore stabilito dalla legge. Esistono nominali aurei: continua la coniazione dell’aureo con il peso di quello prodotto da Cesare, 1/42 di libbra, e si produce anche il mezzo aureo (il quinario). Si ripropone il denario, dando però stabilità a questa moneta, con il peso e la quantità di argento che la moneta aveva nel II secolo a.C., 95-97% di argento. Si aggiunge anche la metà del denario, ovvero il quinario. Il sesterzio e il dupondio sono realizzati in oricalco, lega di rame e zinco (ottone) che dà un valore più elevato rispetto alle monete di rame. L’asse e il quadrante sono realizzate in rame quasi puro. Auro e denario sono monete di valore pieno, il valore nominale coincide con la quantità di metallo nobile di cui sono composte, gli altri invece sono solo di valore fiduciario. La scritta SC sul rovescio delle monete non indica che il senato aveva autonomia sulla produzione della moneta, ma si tratta solo di un riconoscimento formale da parte di Augusto e poi dei successivi princeps.

A partire da quest’epoca si ritrovano monete spezzate intenzionalmente lungo l’asse mediano delle due teste, spesso si tratta dell’asse repubblicano romano che gira fino al II secolo d.C. questo perché queste monete sono di valore doppio rispetto all’asse augusteo e quindi vengono spezzate per renderle assimilabili al valore delle monete correnti. L’uso però si estende ad altre serie monetarie, di età tardo repubblicana, queste monete sono state trovate in diverse sepolture di Altino, e dato che la moneta che si utilizzava per l’obolo di Caronte è l’asse, queste monete spezzate devono essere ricondotte all’asse.

MONETAZIONE PROVINCIALE: Augusto però sa che tradizioni locali non possono essere cancellate, soprattutto in oriente dove la moneta era nata e si utilizzava da secoli. Quindi in contemporanea a questa riforma, permette che determinate province e in determinati momenti potessero realizzare delle monete e quindi questo comporta che vi fossero delle zecche al di fuori di Roma. Sono per la maggior parte dei casi realizzate in rame, ma vi sono anche coniazioni in argento, ma queste sono prodotte in zecche che vengono sfruttate anche dall’impero. In età giulio-claudia la produzione provinciale si distribuisce in quasi tutto l’impero, successivamente nel II secolo d.C. chiudono le zecche occidentali e rimangono quelle orientali, soprattutto quelle di asia minore, Egitto e cirenaica. Queste monete però devono essere convertibili nei valori imposti da Augusto: per esempio il cistoforo valeva 4 denari e la tetradracma egiziana vale 3 denari. La moneta con la scritta ACCARION, indica in greco la parola asse, da qui quindi possiamo comprendere i valori delle monete provinciali. In cirenaica si produce argento solo durante traiano e poi basta. ad Antiochia ed Alessandria si produce ugualmente argento: la zecca di Antiochia è una succursale della zecca di Roma e la sua produzione serve per esigenze dello stato; in ogni caso nelle produzioni d’argento vi è sempre il busto imperiale. Spesso nelle province trovano spazio le raffigurazioni dei familiari dell’imperatore: Nerone produce moneta con Poppea ad Alessandria, Adriano in oriente produce moneta con la raffigurazione dell’amante Antinoo. Vengono enfatizzate in oriente le tradizioni locali e quindi si produce moneta con Omero, Achille, Ettore e Saffo. Smirne produce una serie di monete che riguardano la visita alla città da parte dell’imperatore Caracalla nel … questa tradizione continua fino al III secolo d.C. Alcune volte, per la qualità della raffigurazione si può notare l’intervento di un’officina romana.

La familia monetalis, comprende diversi addetti, a partire dall’optio et exactor, una specie di capo tecnico e gli scalptores, gli incisori dei coni. I signatores sono quelli che rifiniscono il conio. I numulari sono i cambia valute, non opera necessariamente all’interno di una zecca ma la sua figura è legata all’accesso che si aveva alla moneta. Infine come controllori vi erano i probator, che controllavano la qualità del metallo coniato.

L’età imperiale è il periodo in cui si assiste maggiormente all’uso del rovescio della moneta come mezzo di propaganda. Nel dritto il ritratto dell’imperatore è caratteristico per via del ritratto idealizzato, privato di tutti i difetti maggiori e che non cambia per tutto il resto del governo: augusto mantiene sempre lo stesso volto dal 23 a.C. fino al 14 d.C., un’impostazione voluta per veicolare un messaggio politico. Questa tendenza rimane per i primi 3 secoli dell’impero, ma poi viene soverchiata dall’altra tendenza già inaugurata da Nerone: impone un ritratto più realistico, tanto che è possibile vedere delle differenze tra i primi ritratti rispetto alle monete prodotte per ultime. Questa tendenza è ricorrente soprattutto per gli imperatori che prima erano capi dell’esercito, perché prima di tutto si fanno riconoscere dai soldati. In età adrianea l’imperatore si propone con i tratti del filosofo, con barba e capelli lunghi. A partire dalla metà del IV secolo però i volti saranno standardizzati, tanto che è possibile identificare l’appartenenza della moneta solo dalla legenda. Caratteristica dell’età imperiale è la raffigurazione di familiari dell’imperatore e quindi vi sono diverse raffigurazioni di personaggi femminili: questo ci permette di capire quali erano le mode di quel tempo per quanto riguarda l’acconciatura per esempio.

Augusto è stato uno degli imperatori che maggiormente ha sfruttato il rovescio, e in quanto discendente della gens Iulia, produce monete con il rovescio con Anchise e Enea, come Cesare. Una produzione monetaria rappresenta nel rovescio il signus cesaris, una stella che sarebbe comparsa il giorno della morte di Cesare, segno che anche gli dei piangevano la scomparsa di Cesare. Altre monete sono collegate alla vittoria, per esempio alla vittoria di Azio, e lo si vede dai rostri o dalle navi accatastate sotto un trofeo di armi. Il rovescio viene utilizzato anche per mostrare le infrastrutture create per il popolo, per esempio l’entrata monumentale al foro. Un’altra produzione monetaria è legata alla base del potere di Augusto, ovvero al Sud Italia, stessa base di potere di Cesare, e per questo sul rovescio viene raffigurato un vitello. Sempre per quanto riguarda le vittorie militari, nel rovescio l’imperatore viene rappresentato come una divinità e sul dritto vi è una figura che è in correlazione con il rovescio. Nella monetazione romana e provinciale vi sono diverse allusioni al capricorno, segno di Augusto, non perché nasce sotto questo segno ma perché viene concepito sotto questo segno, quindi sicuramente per un volere divino. Vi sono alcune monete che esaltano la vittoria diplomatica sui Parti, quando Augusto riesce a prendere le insegne militari perse da Crasso; la moneta nel rovescio presenta le insegne e la scritta INSIGNIS RECEPTIS e accompagnate da Marte Ultore. Attraverso la moneta indica i suoi successori per assicurarsi una continuità del potere: vengono rappresentati Agrippa, ma muore prima di lui vengono rappresentati i suoi nipoti, ma moriranno anche loro. Nelle ultime fasi quindi vengono prodotte monete con il volto di Tiberio, con un volto molto idealizzato su quello di Augusto.

Nerone: per la prima parte dell’impero non porta delle modifiche nella produzione monetaria, ma successivamente apporta una riforma; l’aureo prodotto con lo standard di Cesare non viene più coniato e si passa ad 1/45 della libbra, 7.3 grammi, anche se la purezza rimane invariata. Per quanto riguarda la moneta d’argento la riforma è più incisiva: infatti il denario viene prodotto con un peso minore e viene a pesare 3.4gr. quindi si passa ad 1/96 di libbra; le analisi ci confermano anche che queste monete presentano il 5% di rame al loro interno. Nerone mette in circolazione una monetazione di oricalco, tutti i nominali tra asse e quadrante, sono in ottone; ma è una riforma che dura un biennio. Nerone adotta un tipo di corona sul dupondio, una corona radiata che lo associa al sole, e in questo unico elemento si riconosce la differenza dall’asse che ha lo stesso peso. Anche quando questa coniazione viene dismessa nerone produrrà monete con questa corona radiata e di imperatore in imperatore questa corona assumerà valore di “doppio” in una coniazione.

Nel II secolo d.C. i nominali più bassi non si trovano più in circolazione, tanto era l’aumento dei prezzi che con queste monete non si poteva comprare nulla. Il sesterzio tende ad assumere le funzioni dell’asse, infatti nelle necropoli si trovano dei sesterzi al posto dell’asse come obolo di Caronte. Questo determina la nascita di una nuova monetazione, i medaglioni, delle grosse monete; nel II secolo soprattutto di bronzo, poi nel III e IV secolo sono più frequenti in metalli nobili. Il medaglione di bronzo è un multiplo delle monete in corso normalmente, di solito multipli del sesterzio; queste grosse monete non entrano nel circuito di spesa normale, perché sono realizzati in pochi pezzi e perché coniati per occasioni particolari e riservati ad esponenti particolari della vita politica e militare dell’impero.

Nel III secolo il denario d’argento ha solo la metà del metallo nobile, e pesa 3.2gr. con Caracalla nasce l’antoniniano, ma non abbiamo un documento ufficiale che ci documenta questa moneta. Nella monetazione Caracalla produce degli antoniniani con una figura femminile che al dritto presenta una crescente lunare, l’equivalente della corona radiata dell’imperatore, quindi vale il doppio. Con Caracalla si producono anche aurei con la corona radiata, e guardando il peso ci accorgiamo che pesa il doppio in effetti; ma vengono prodotti anche sesterzi con questa corona, quindi si presenta la necessità di produrre doppi sesterzi, di fatto dei medaglioni che entrano in circolazione. L’antoniniano non equivale esattamente ad un doppio denario in quanto a quantità d’argento, ma ¾ di due denari. La produzione di queste monete non è costante, e questo fa pensare che l’imperatore aveva bisogno di spendere una determinata cifra e una volta esaurita la necessità si ritorna al denario. Dal 238 d.C. c’è una grande produzione dell’antoniniano, quindi una tesaurizzazione del denario. Interessante è notare come nel momento in cui si diffonde l’antoniniano il denario smette di essere prodotto.

Anni 60 del III secolo d.C. l’antoniniano pesa 2.5/3gr e contiene il 3-5% di argento quindi praticamente sono monete in rame realizzate attraverso la tecnica di imbiancamento. In queste fasi, l’aureo viene ridotto di peso ed è prodotto con qualche percentuale di argento, questo fa pensare che anche l’oro sia meno disponibile. Verso la fine del III secolo Aureliano crea il neoantoniniano moneta più stabile nel peso che presenta in esergo delle indicazioni: in Occidente XXI e in Oriente KA forse per indicare che almeno 1/21 della moneta era argento ovvero il 5%. Aureliano inoltre riorganizza la produzione monetaria chiudendo le zecche provinciali, e creando delle officine imperiali sparse per l’impero; alcune di queste sono vicino al limes e quindi vicino a delle legioni per scoraggiare lo scoppio di una rivolta come era successo alla zecca di Roma.

Diocleziano cerca di ristabilire il sistema riproponendo una moneta d’argento con una più elevata quantità di metallo nobile del peso di 1/96 di libbra, l’aureo è prodotto con uno standard di 1/70 della libbra (segnata con l’omicron) ma successivamente rialza il peso ad 1/60, indicato con la lettera sigma. Per quanto riguarda il bronzo propone 3 tagli: la moneta più grande viene chiamata laureato grande, il medio nominale, e il taglio minore come laureato piccolo. In pochi anni la riforma fallisce e ciò è testimoniato da due fonti: una è l’editto dei prezzi massimi emanato per fermare l’aumento dei prezzi dei beni di prima necessità e di beni più preziosi, ma anche per le prestazioni, quindi per sostenere l’esercito. Con l’editto di Aphrodias si decide di raddoppiare il valore nominale, per via dell’incapacità della moneta di adattarsi all’economia. Le monete di argento scompaiono e vengono tesaurizzate e i nominali di bronzo non suscitano fiducia.

Costantino interviene con una riforma nel 308-309: egli pensa che non ci si possa basare più sull’argento e punta sulla moneta d’oro, il solidus, di fatto una svalutazione dell’aureo di Diocleziano che viene a pesare 1/72 di libbra, ovvero 4,5gr. I pagamenti più importanti verso terzi l’impero li paga con questa moneta e a sua volta pretende la riscossione delle tasse basandosi sul solidus. Questo viene affiancato da dei sottomultipli pari a 1/2, il semisse aureo e 1/3 tremisse. La moneta d’argento di fatto viene dismessa, si continua a coniarla esclusivamente per alcune occasioni come la celebrazione di anniversari e sono per un numero limitato di persone. La moneta bronzea continua ad essere prodotta, sullo standard di Diocleziano, ma viene continuamente svalutata.

Sotto l’aspetto iconografico notiamo una tendenza alla semplificazione con pochi schemi iconografici ripetuti ad itinere. Prima del 313 utilizza un linguaggio tipico del sistema tetrarchico, e si assimila alla figura di Marte. Attorno al 310 Costantino ha una visione di Apollo che gli assicura vittorie militari ed economiche quindi conia monete con la figura di Apollo e la raffigurazione del Sol; e questa emissione con un linguaggio pagano continuerà fino al 319 d.C. e fino al 324 d.C. pubblicizza tramite la moneta feste e divinità orientali. Ci sono emissioni in cui Costantino presenta sul dritto la corona radiata e viene rappresentato a volte con questa corona anche nel rovescio, non per indicare il doppio valore della moneta, ma per indicare la sua natura divina. Emergono solo alcuni piccoli elementi cristiani sulla moneta, come croci, a partire dal 316 d.C. ma comunque hanno un rilievo minimo in tutta la raffigurazione.

 

Il cristogramma emerge in modo netto a partire dal 326 d.C. e lo vediamo su alcuni medaglioni di argento e oro: possiamo collocare questo cambiamento dopo il 325 d.C. quando viene convocato il Concilio di Nicea. In fasi tarde vi è un cambiamento del linguaggio: in un medaglione da 30 solidi si vede Costantino con i suoi figli nimbati e l’imperatore che viene incoronato dalla mano di Dio. In questo periodo è molto frequente celebrare attraverso medaglioni riservati ad un gruppo ristretto, i 5 o 10 anni dalla presa del potere, con le scritte SIC V SIC X, Costantino è l’unico che può celebrare i XXX anni. Nel corso del III secolo emerge la moda di ritrarre l’imperatore non più di profilo ma di scorcio o frontalmente.